L’allattamento non va definito “naturale”. Neolingua sanitaria e diritti umani

Un articolo pubblicato nell’aprile 2016 su Pediatrics, la principale rivista americana di pediatria, espressione dell’American Academy of Pediatrics (AAP), firmato da due ricercatrici statunitensi della University of Pennsylvania, Jessica Martucci e Anne Barnhill, pone un interessante problema linguistico relativo al termine “naturale”: non dovrebbe essere usato dai pediatri per definire l’allattamento al seno – dicono le autrici dell’articolo – perché viene associato a connotazioni positive, che poi potrebbero spingere i genitori a ritenere dannosi, perché non “naturali”, le vaccinazioni e gli OGM.

L’argomentazione è stimolante nella sua assurdità; perciò credo sia opportuno partire da una citazione testuale (traduzione mia):

Al di sotto della preoccupazione di molti Americani sulla sicurezza dei vaccini, è riconoscibile una specifica e non necessariamente illogica visione del mondo: un rifiuto di ciò che è industriale, sintetico e “innaturale” e l’adesione a ciò che è “naturale” come a qualcosa di più sano e intrinsecamente migliore. I vaccini sono spesso visti come “innaturali” e stimolare l’immunità in modo naturale è visto da alcuni come un approccio più sano e migliore. I Forum online e i Blog dedicati al vivere naturale offrono innumerevoli esempi di questa prospettiva, e il libro recente Vaccine Nation di Elena Conis documenta nei dettagli l’evoluzione di questa visione del mondo. Alcuni studi hanno mostrato che i genitori che fanno resistenza alla vaccinazione tendono a frequentare circuiti di individui dalle convinzioni simili alle loro. Queste sacche di sentimenti antivaccinisti tendono a sovrapporsi alla fiducia e all’interesse nei confronti della medicina complementare e alternativa, dello scetticismo verso l’autorità istituzionale e di un forte impegno e interesse verso la conoscenza in materia di salute, l’autonomia e le pratiche di vita sane.

Nel testo citato, “naturale” è contrapposto a “innaturale”. La linguistica strutturale ci ha insegnato che il significato di un termine si può comprendere all’interno di una coppia di opposizioni. Possiamo quindi comprendere l’accezione di “naturale” – parola ricchissima di accezioni diverse (una rassegna filosofica si può trovare nel Dizionario di Filosofia di Nicola Abbagnano) – sulla base dei suoi contrari linguistici: senza la pretesa di essere esaustivi, per esempio, sappiamo che nella storia del pensiero occidentale naturale è stato contrapposto a sovrannaturale nel pensiero cristiano (la natura non ha valore in sé, ma in quanto creazione o manifestazione del trascendente, di Dio) e nel pensiero scientifico (per il quale la natura è un ordine causale necessario, distinto da quello sovrannaturale), a culturale in antropologia (Claude Lévi-Strauss vede nell’uomo la peculiarità di trasformare la natura mediante la cultura), a positivo nell’ambito giuridico (naturale è il diritto che appartiene all’uomo in quanto membro dell’umanità, a prescindere da ogni legislazione umana particolare), ad artificiale dal pensiero greco in poi (per Rousseau, fra gli altri, l’homme naturel è l’uomo integro e autentico, prima della corruzione prodotta dal sapere e dalla civiltà), ad affettato nell’ambito sociale (ove naturale è sinonimo di spontaneo) eccetera.

Si pensi a espressioni come morte naturale, figlio naturale, luogo naturale, gas naturale, acqua naturale, tessuto naturale: in questi, come in altri esempi di uso comune, il termine “naturale” ha una valenza positiva o neutra, mai negativa. Esprime l’idea che l’evento o l’oggetto in questione sia conforme ad un ordine già dato e non discutibile, perché spontaneo, necessario, anteriore all’uomo e alla sua comprensione del mondo, al quale egli appartiene allo stesso titolo di ogni altro abitante del pianeta; un ordine che preesiste alla sua azione trasformatrice, la quale può essere vista come positiva o negativa a seconda dell’ideologia di riferimento.

L’articolo da cui siamo partiti, dicevamo, contrappone naturale a innaturale. È certamente vero che, nell’immaginario del nostro tempo, la parola naturale” è associata a una visione nostalgica, alla mitizzazione di tutto ciò che appartiene ad un passato preindustriale, nel quale si viveva con ritmi più umani, meno artificiali e più sani. Umberto Eco ci ha spiegato come l’universo ideologico che ispira alcune fra le campagne pubblicitarie più riuscite della storia (si pensi al Mulino Bianco) associ naturale a connotazioni positive quali genuino, del buon tempo antico, artigianale, semplice, sano, non contraffatto. La visione idilliaca della natura è la comprensibile reazione di una società altamente industrializzata che ignora la fatica improba del lavoro in campagna e i vantaggi della vita moderna. È perfino ovvio dire che non tutto ciò che è “naturale” è per forza sano (molte erbe sono velenose, per esempio) e non tutto ciò che è “artificiale” è per forza dannoso (il latte formulato o una protesi di titanio, per esempio, possono essere indispensabili ad una vita normale). Inoltre, a volte si ritiene “naturale” un cibo che è frutto di sofisticata lavorazione umana, come avviene per un certo numero di prodotti “bio”. Ma qui l’operazione ideologica che viene proposta palesa un intero universo mentale illiberale e altamente pericoloso.

L’allattamento al seno è sano ed è preferibile senza dubbio all’allattamento artificiale per ragioni mediche e psicologiche. Questo è un dato di fatto; lo dice anche l’AAP (https://www.aap.org/en-us/about-the-aap/aap-press-room/Pages/AAP-Reaffirms-Breastfeeding-Guidelines.aspx). La Natura fa le cose per bene, evidentemente. Quello che non piace alle due ricercatrici è che venga definito “naturale”. Il fatto è che è pure naturale, nel senso che tutti i mammiferi allattano i loro piccoli. Nemmeno su questo c’è dubbio alcuno. Qui “naturale” è termine puramente descrittivo; tra l’altro, l’allattamento è proprio l’attività che definisce alcune specie animali come“mammiferi”. Non per niente l’allattamento alternativo è detto “artificiale”.

E allora perché non lo si dovrebbe definire “naturale”? Perché altrimenti chi ha simili “credenze” finirebbe con l’interessarsi di medicina complementare o alternativa, con nutrire un sentimento antivaccinista, con il diventare scettico verso l’autorità istituzionale, e con l’impegnarsi fortemente nella conoscenza relativa alla salute, nell’autonomia e negli stili di vita sani.

Osserviamo subito la fallacia argomentativa dell’appello alle conseguenze: un’affermazione non è da rigettare solo per le conseguenze che può avere. Un’affermazione può essere vera anche se le sue conseguenze sono sgradevoli. L’allattamento sarebbe naturale anche se usare questo termine implicasse le conseguenze indicate.

Ma tali conseguenze sono sgradevoli per chi? Il dato di fatto che l’allattamento al seno è naturale diventa nell’articolo una semplice “credenza” (belief), destituita di ogni obiettività. Il fatto altamente positivo, nella prospettiva del bene comune e della cittadinanza democratica, che le persone si interessino della salute, diventino autonome e perseguano stili di vita più sani viene reinterpretato come negativo. Perché? Perché chi ha queste caratteristiche assume posizioni critiche verso i vaccini e verso l’autorità costituita (notiamo il termine “sentimento” riferito a chi contesta i vaccini, che fa il paio con “credenza” ad indicare la non obiettività della posizione). Perché è critico, insomma.

E a chi dà fastidio che le persone diventino critiche? Chi ha interesse a che le persone accettino supinamente ogni diktat dall’alto senza protestare, che non pratichino stili di vita sani, non si facciano domande sui vaccini e non diventino autonome? Magari chi produce e commercializza cibi industriali provenienti da coltivazioni e allevamenti industriali (di cui mostrano leconseguenze sulla salute e sull’ambiente documentari come Fed up!, Supersize me o Food Inc.)? Chi produce e commercializza latte artificiale, farmaci e vaccini (di cui trattano documentari come Inventori di malattie e Tigers, per non citare il censuratissimo Vaxxed)? Chi approfitta del suo prestigio professionale o istituzionale per avvantaggiare questo o quel potentato economico (come ci raccontano le cronache giornalistiche da sempre)? Non certo chi dimostra con la ricerca scientifica che il cibo che si mangia, l’aria che si respira, le sostanze di sintesi che si introducono nel corpo, vaccini compresi, hanno un impatto sulla salute (e che non ha certo vita facile, visti gli interessi che mette in discussione).

Di colpo, “naturale” deve diventare negativo, pericoloso, insidioso, anche quando certamente è il contrario, perché “innaturale” possa diventare positivo, addirittura preferibile. Questo sembra essere implicito nella rimozione della parola. Dobbiamo scordarci ogni legame con la natura e accettare la completa artificializzazione della nostra vita, e non perché sia obiettivamente meglio per noi, ma perché ce lo richiede chi intende governare le nostre scelte in nome delle leggi del mercato. La verità fattuale deve essere accantonata perché può mettere strane idee in testa: che “sano” e “naturale” si equivalgano (come di fatto è, nel caso dell’allattamento).

Insomma, non importa quali siano i fatti e quali le opinioni. Basta ridurre i fatti a credenze (l’allattamento al seno è naturale e sano) e trasformare le credenze in fatti indiscutibili (i vaccini sono sani e gli stili di vita sani o il senso critico sono indesiderabili). Nomina e res si scambiano i ruoli, in un’operazione propagandistica degna della neolingua di George Orwell. Occorre cassare la parola “naturale” dal linguaggio medico. L’allattamento al seno è sano non perché è naturale, ma perché lo dice l’AAP, che dice pure che bisogna vaccinare tutti senza eccezione. È l’autorità la fonte della verità, non l’evidenza dei fatti. Va da sé che qui la scienza non c’entra nulla.

Il fatto è che i vaccini non sono certamente naturali (nemmeno le due ricercatrici osano affermarlo) e non garantiscono affatto un’immunità certa e duratura come quella naturale, conseguente a malattia (anche la malattia è “naturale” nelle cause e spesso “culturale” nelle manifestazioni, come insegna l’etnomedicina; i giudizi di valore su di essa sono relativi al modello medico e valoriale di riferimento). In più, che i vaccini siano tutti sani o che migliorino sempre e comunque lo stato di salute di chi li riceve è tutto da dimostrare, viste le numerosissime prove scientifiche e giudiziarie del contrario, che possono essere ignorate solo con la repressione del dissenso scientifico, con l’intimidazione e con la disonestà intellettuale. Perciò, definirli in blocco “sani” corrisponde più ad una credenza o ad un atto di fede che a un dato di fatto. Ma tutto è lecito, purché non si tocchino gli interessi privati in gioco – questo alla fine appare ad occhi interessati veramente immorale.

Però, anche in questa operazione disonesta emerge un dato di fatto involontario: allattamento al seno, buona alimentazione, stili di vita sani, conoscenza della salute e senso critico verso l’autorità e verso le vaccinazioni di massa appartengono tutti ad una stessa visione del mondo. Quella di chi ha una concezione della vita più complessa e autonoma ed è consapevole dell’attacco continuo a cui sono sottoposti i diritti alla sicurezza alimentare, ad una ambiente vivibile, all’autodeterminazione in materia di salute, all’integrità del proprio corpo, ad un’informazione trasparente, all’espressione del dissenso verso l’autorità. Notiamo che alcuni di essi fanno parte dei cosiddetti diritti naturali, il nome più antico di quelli che chiamiamo diritti umani. Quelli che oggi, nell’avanzante neofeudalesimo senza diritti, dobbiamo difendere con le unghie e con i denti.

Se la gente associa “sano” a “naturale”, la fiducia nei vaccini vacilla. Questa sembra la vera preoccupazione, come si legge nella conclusione dell’articolo:

L’opzione ‘naturale’ non si allinea completamente con gli obiettivi di salute pubblica. Se fare ciò che è ‘naturale’ è ‘meglio’ nel caso dell’allattamento al seno, come possiamo aspettarci che le madri ignorino quella prospettiva potente e profondamente persuasiva quando scelgono in fatto di vaccinazione?

Già. Come si fa a convincerle a perseguire non la salute in sé, ma gli obiettivi di salute pubblica fissati dai governi? E in assenza di fatti, occorre confondere le idee, manipolare le menti e negare l’evidenza. Business is business. Il senso critico va combattuto e indebolito. Il pensiero va colonizzato con nuove associazioni semantiche, indirizzato, riprogrammato. Poiché solo il pensiero che sostiene e mantiene l’attuale assetto economico- politico è funzionale allo scopo, deve diventare pensiero unico, semplificato, neutralizzato. Artificiale è sano, naturale è pericoloso. Obbedienza è bene, critica è male. OGM è bene, biologico è male. Vaccino è salute, immunità naturale no. L’innaturale diventa magicamente più naturale (sano, benefico) del naturale, quando c’è di mezzo il profitto (non è questa per esempio la perversa strategia di marketing del latte artificiale in diversi Paesi del mondo, fra cui il Pakistan? Ce lo racconta il film Tigers).

Certo, il profitto è lecito. Ma non a scapito dei diritti umani e della salute e a prezzo della verità. Guarda a caso, lo dice l’IBFAN (International Baby Food Action Network), rete internazionale per la protezione dell’allattamento e della nutrizione infantile, criticando (indovinate un po’?) la Bill e Melinda Gates Foundation, che oltre alle campagne vaccinali sta promuovendo la diffusione di alimenti per l’infanzia prodotti dalla compagnie private (http://www.ibfanitalia.org/call-to-action/), cercando di influire sulle regole del Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno. Come dicono gli attivisti dell’IBFAN, “tali aziende non mettono – e non potrebbe essere altrimenti – il rispetto dei diritti umani davanti al loro profitto. La loro partecipazione in qualunque processo di ideazione e sviluppo di politiche e programmi di pubblico interesse, men che meno nel monitoraggio del Codice, sarebbe come invitare una volpe a costruire un pollaio”.

È questo il pericolo dell’ibridazione fra pubblico e privato, quando sono in gioco i diritti fondamentali e il privato è più forte del pubblico: che le regole in materia sanitaria non siano dettate da istituzioni pubbliche e trasparenti, ma dalle aziende portatrici di interesse; che i fini non siano la salute e il bene comune, ma il profitto privato; che i mezzi siano scelti dai giocatori (le aziende) e non indicati dall’arbitro (le istituzioni politiche e giudiziarie) e definiti dalle regole; che l’arbitro non abbia la forza o l’autorità di imporre le regole, perché minacciato o comprato dai giocatori; che gli esperti (gli scienziati e i clinici) dipendano per fondi, benefit, carriere e prestigio dai giocatori e che i cittadini, destinatari delle politiche sanitarie, siano passive marionette da manipolare con il lavaggio del cervello perché non disturbino il gioco e paghino i danni in silenzio.

Gli antichi dittatori caddero perché non sapevano dare ai loro soggetti sufficiente pane e circensi, miracoli e misteri. E non possedevano un sistema veramente efficace per la manipolazione dei cervelli […] Ma sotto un dittatore scientifico l’educazione funzionerà davvero e di conseguenza la maggior parte degli uomini e delle donne cresceranno nell’amore della servitù e mai sogneranno la rivoluzione. Non si vede per quale motivo dovrebbe mai crollare una dittatura interamente scientifica.

Aldous L. Huxley, Ritorno al mondo nuovo

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Sono docente liceale di Scienze umane, psicologa, Gestalt Counsellor, formatrice e mediatrice familiare; sono anche blogger.
Ho fondato Rebis, un gruppo di studio sul risveglio del femminile come via d’uscita dal neoliberismo (pagina FB dedicata: Rebis – Il risveglio del femminile per un popolo sovrano e consapevole).
Scrivo per Sovranità popolare (giornale e blog).

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Autore: Patrizia

Sono docente liceale di Scienze umane, psicologa, Gestalt Counsellor, formatrice e mediatrice familiare; sono anche blogger. Ho fondato Rebis, un gruppo di studio sul risveglio del femminile come via d'uscita dal neoliberismo (pagina FB dedicata: Rebis - Il risveglio del femminile per un popolo sovrano e consapevole). Scrivo per Sovranità popolare (giornale e blog).