Intervista con Guido Gheri sul rientro a scuola

Lunga intervista per Radio Studio 54 sulla questione del rientro a scuola a settembre.

  • Quali sono gli aspetti più problematici della ripresa delle lezioni?
  • Quali debolezze strutturali della scuola rendono difficile la ripresa?
  • Quali conseguenze hanno avuto sui bambini e sugli adolescenti i mesi del lockdown?
  • Appare ragionevole e proporzionato l’obbligo di mascherine, distanziamento sociale, didattica a distanza?
  • Che cos’è la scuola? Come dovrebbe essere?
  • Le sedie con le rotelle sono una buona idea?
  • Quanto è accetabile che le scuole diventino presidi sanitari?
  • Che cosa potrebbero fare insegnanti, genitori e studenti per riavere una scuola normale?
  • Come si spiega tanta preoccupazione per il rientro a scuola?

Manipolare con la paura e il conformismo. Il lato oscuro della psicologia e della sociologia

Anche se se ne parla poco, esiste un lato oscuro della psicologia e della sociologia. La conoscenza della mente e i processi sociali può essere utilizzata infatti non solo per migliorare le persone e i contesti in cui vivono, ma anche per manipolare le une e gli altri in vista di scopi egoistici non dichiarati, di tipo politico, commerciale, militare, economico, diplomatico.

Da circa un secolo, da quando cioè lo spregiudicato nipote di Freud, Edward Bernays, inaugurò gli studi sulle tecniche di propaganda e inventò lo spin doctoring – ovvero le strategie di comunicazione messe in atto dai sistemi politici per presentarsi all’opinione pubblica e per promuovere idee, persone, programmi e scelte – enti governativi, servizi segreti e militari, aziende, potentati economico-finanziari hanno investito enormi risorse nella ricerca sul comportamento umano al fine di poterlo controllare e manipolare.

La diffusione massiccia dei mass media ha enormemente facilitato il compito di costruire scenari artificiali attraverso un uso calcolato e deliberatamente non veritiero dell’informazione e attraverso le potenzialità suggestive offerte dalle immagini. Furono i regimi totalitari del ‘900 a utilizzare in modo sistematico le tecniche di manipolazione del consenso, mobilitando enormi masse di persone attraverso un poderoso apparato ideologico e simbolico attentamente studiato.

Propaganda politica e pubblicità commerciale condividono sostanzialmente le stesse tecniche di marketing, con la sola differenza che il politico deve nascondere i fini economici e affaristici che muovono le sue scelte e dare l’illusione di avere una visione d’insieme della società. Entrambe sfruttano alcune caratteristiche strutturali della mente umana, quali la razionalità limitata (ovvero la tendenza a seguire scorciatoie poco aderenti alla logica nei ragionamenti, chiamate “euristiche” e la tendenza a distorsioni sistematiche nei processi di percezione e analisi della realtà, i cosiddetti “biases”), la presenza di processi mentali inconsci, la scarsa consapevolezza emozionale, insieme alla tendenza ad elaborare gli stimoli più per via emozionale che razionale, la conformità alle norme del gruppo di appartenenza, l’inclinazione all’obbedienza all’autorità, la suggestionabilità, l’ignoranza dei processi mentali, del linguaggio dei media e delle tecniche comportamentali, che sono appannaggio di pochi individui.

Agli occhi di uno spin doctor, a cui spesso il politico si rivolge per consulenza, il pubblico da manovrare è una massa di soggetti inconsapevoli, irrazionali, poco o per nulla padroni dei propri processi emotivi e mentali, psicologicamente fragili e ignari dei propri bisogni profondi, facilmente suggestionabili, stolidamente fiduciosi nell’autorità, sulla quale proiettano un’immagine genitoriale rassicurante (il “buon padre di famiglia”). Un gregge, insomma, che attende di essere guidato. «La folla è un gregge che non può fare a meno di un padrone», scriveva a fine ‘800 Gustave Le Bon, nel suo saggio assai noto sulla psicologia delle folle. Nella folla, come hanno messo in luce studi più recenti di psicologia sociale, quali quelli di Philip Zimbardo, l’individuo tende a perdere il senso dell’individualità e della responsabilità personale e ad entrare in un pericoloso “stato di agente”, nel quale le sue azioni cessano di essere controllate dalla consapevolezza razionale, facendo di lui uno strumento passivo di una volontà estranea, proveniente dall’autorità o dal gruppo.

La conoscenza dei processi psicologici e sociali è indispensabile per quei ristretti gruppi di potere che progettano interventi di ingegneria sociale, ovvero di modificazioni lente o traumatiche degli assetti politici, economici e culturali di un Paese o dell’intero pianeta, come è avvenuto con quel gigantesco esperimento pluridecennale che è la globalizzazione in chiave neoliberista e come sembra stia avvenendo adesso, con la privatizzazione della sanità mondiale e con i risvolti autoritari e ipertecnologici della cosiddetta “pandemia”. Potremmo dire anzi che la presenza delle tecniche di manipolazione psicologica testimoniano di per sé l’esistenza di un progetto di ingegneria sociale che ne diriga gli esiti.

Negli ultimi dieci anni almeno, l’uso di tecniche suggestive e comportamentali da parte dei governi che si definiscono “democratici” è diventato la regola nella gestione del consenso, ben al di là delle classiche leve del controllo politico, che sono le leggi, i regolamenti, le tasse, l’istruzione. E durante la crisi da Coronavirus abbiamo assistito all’utilizzo massivo dell’intero repertorio degli strumenti di manipolazione di massa, dietro al cui dispiegamento si intuisce una regia piuttosto scaltra e sovranazionale.

Non si tratta solo di un sospetto. Poche settimane fa, è emerso un documento (non l’unico, ovviamente, ma significativo) elaborato nel mese di marzo 2020, per iniziativa del governo britannico, da un gruppo di funzionari e consulenti scientifici coordinati dal Scientific Advisory Group for Emergencies (SAGE). Il gruppo, convocato per la prima volta nel 2009/10 in occasione della pandemia di influenza suina, è stato riconvocato nel febbraio 2020 con il nome di Scientific Pandemic Influenza group on Behaviour, or SPI-B. Il suo compito non è di fornire competenze mediche in merito alla pandemia di Covid-19, ma di dare indicazioni sul modo in cui aiutare i cittadini ad aderire alle misure imposte dal governo. Il documento prodotto dal gruppo si intitola Options for increasing adherence to social distancing measures. Con una modalità piuttosto aggressiva e dirigistica, individua nove strategie per conseguire l’obiettivo dell’obbedienza: Istruzione, Persuasione, Incentivazione, Coercizione, Abilitazione, Formazione, Restrizione, Ristrutturazione ambientale, Modellamento.

Scopriamo così che “il livello percepito di minaccia personale deve essere accresciuto fra coloro che sono acquiescenti, usando messaggi di forte impatto emozionale” e che “per essere efficace, questo deve anche rinforzare le persone rendendo chiare le azioni che esse possono compiere per ridurre la minaccia”: insomma, la paura indotta da messaggi terrorizzanti deve accompagnarsi a chiare direttive di comportamento al fine di spingere le persone ad accettare la quarantena di massa e le altre misure imposte dall’alto, come il distanziamento sociale. Nella mente degli esperti non ci sono dunque cittadini che decidono, ma soggetti passivi che si adeguano agli ordini, manipolati attraverso la paura. Una persona spaventata è più facilmente condizionabile e poco reattiva, perché le sue difese sono abbassate. Lo sanno i tiranni di ogni epoca. Ma per ottenere l’effetto, si deve usare una comunicazione ingannevole e intenzionalmente strumentale. Il fine è infatti l’acquiescenza all’autorità, non l’interesse dei cittadini, liberamente determinato.

Inoltre,

la disapprovazione sociale della propria comunità può giocare un ruolo importante nel prevenire il comportamento antisociale o nello scoraggiare la mancata esibizione di un comportamento prosociale. Tuttavia, questo fattore va gestito con attenzione, onde evitare la vittimizzazione, la creazione di un capro espiatorio e di una tendenza critica diretta all’oggetto sbagliato. Deve essere accompagnato da messaggi chiari e dalla promozione di una chiara identità collettiva. Si deve prendere in considerazione l’uso della disapprovazione sociale, ma con una forte attenzione alle conseguenze negative indesiderate.

Gli esperti del SPI-B stanno consigliando insomma di forzare l’adeguamento alle norme sfruttando il conformismo del gruppo che spinge la maggioranza conforme a punire i trasgressori e a farne il bersaglio della loro aggressività. Il controllo sociale viene così affidato direttamente ai cittadini, aizzando gli uni contro gli altri. Suonano alquanto pelose le preoccupazioni indicate sull’effetto inevitabile di criminalizzazione del dissenso.

Per questi e per gli altri obiettivi, lo strumento principale indicato dagli estensori sono i mass media. Lungi dall’essere visti come i cani da guardia della democrazia, al servizio del popolo sovrano, in questo documento e in altri simili, elaborati da diversi governi e da organismi sovranazionali negli ultimi anni, i mass media tendono ad assumere la funzione sempre più evidente di meri strumenti di propaganda e di influenzamento al servizio del potere. Rafforza questo quadro inquietante l’istituzione di Task Force contro le cosiddette fake news, come viene definita l’informazione non ufficiale che mette in dubbio la narrazione menzognera delle autorità, e il massiccio ricorso al debunking, ovvero la minimizzazione e discreditamento dell’informazione critica e di coloro che la veicolano, connotata come malata e paranoide e spesso associata con disinvolta mistificazione a credenze chiaramente infondate e assurde (come il terrapiattismo).

Gli strumenti messi in campo comprendono l’uso suggestivo della PNL e dell’ipnosi conversazionale; la riscrittura di eventi, biografie, notizie; la menzogna ripetuta, fatta di notizie e immagini false, di correlazioni illusorie fra eventi, di distorsione dell’importanza di un evento, di silenzio su circostanze che farebbero interpretare diversamente un evento, di interpretazioni false di un evento, di framing, ovvero di riformulazione dell’informazione in modo da influenzare la percezione dei fatti e da fabbricare credenze; l’uso sistematico delle fallacie argomentative; l’uso ingannevole del linguaggio; l’imposizione di norme assurde e contraddittorie, con l’effetto si provocare impotenza appresa e indurre rassegnazione; l’uso manipolativo delle emozioni come leva di persuasione per aggirare l’analisi razionale; il ricatto più o meno latente e l’intimidazione; il ricorso all’autorità scientifica o all’apparenza di scientificità per validare scelte politiche discutibili; l’utilizzo cinico del diffuso clima di terrore e sgomento prodotto dai media come leva per introdurre modifiche permanenti e inaccettabili nella vita dei cittadini e nella struttura sociale, nella più pura tradizione della dottrina dello shock (mai sprecare una crisi, dice pure Mario Monti). Il risultato è una massiccia modificazione percettiva degli eventi e un completo avvelenamento del pozzo del dibattito pubblico, aggravato dalle gravissime e previste conseguenze psicologiche dell’isolamento, della catastrofe economica, del clima di delazione, di arbitrio e di illegalità e dalla sospensione di tutti i diritti fondamentali, come nei sistemi totalitari.

Per questo la crisi non deve finire e la normalità deve essere sospesa indefinitamente. Non c’è razionalmente alcuna ragione per continuare questa tragica rappresentazione, che nei suoi eccessi assume contorni grotteschi e assurdi. Non si getta sul lastrico una nazione per una malattia, per quanto grave, fra le tante assai più gravi che affliggono la popolazione. Non si producono milioni di depressi, ipocondriaci, ossessivi-compulsivi, ansiosi e isolati o di morti per tumore, infarto e altre patologie, indotte dalla mancanza di cure, per preservare alcune categorie a rischio da un virus a bassa letalità. Non è la salute in gioco qui, ma la libertà.

Alle origini del comportamentismo, lo psicologo Burrhus Skinner delineò, nel romanzo Walden two (1948), un’utopica società felice governata da uno psicologo comportamentista, che da despota illuminato modella il comportamento dei cittadini con le tecniche di condizionamento, per ottenere armonia sociale e prosperità. Questo inquietante sogno tecnocratico di controllo paternalistico del comportamento, che manipola dolcemente e insensibilmente soggetti infantilizzati e privi di autonomia decisionale per fini stabiliti dall’alto, è più che mai vivo oggi ed ha un nome: nudging, ovvero induzione di comportamenti ritenuti buoni dall’autorità con modalità non coercitive, utilizzando le tecniche comportamentali. Che cosa abbia a che fare con la democrazia, l’autodeterminazione e la trasparenza risulta davvero difficile stabilirlo.

Articolo pubblicato su Sovranità popolare, n° 5, giugno 2020.

Rientro a scuola nella normalità per evitare danni psicologici a bambini e adolescenti

Secondo l’OMS, la salute è “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità.” (1948)

Il benessere mentale e sociale non è meno fondamentale di quello fisico. Molti studi mostrano come stress, ansia, paura abbiano effetti dannosi per le difese immunitarie e influiscano sullo stato di salute complessiva. È cosa risaputa da decenni, ma è stata ignorata nella gestione di questa strana pandemia, nella quale l’unico dato rilevante per le autorità sanitarie è sembrato il numero (spesso comunicato con enfasi e non verificato) dei contagiati e dei morti per un’unica causa di malattia, nemmeno fra le più gravi, visto che, per fare un esempio, le sole infezioni ospedaliere fanno 49mila morti l’anno solo in Italia nel silenzio generale. Come se il benessere psicologico e sociale fosse meno o per nulla importante rispetto a quello fisico.

Bambini e adolescenti hanno subito danni gravi dall’isolamento e dalla reclusione, dalla paura diffusa con modalità terroristiche e poco responsabili dalla TV, dall’overdose di tecnologia, dalla mancanza di relazioni e contatto fisico con coetanei, insegnanti e nonni, dal clima diffuso di paura paranoide del contatto fisico, di incertezza per il futuro, di catastrofe incombente. In queste settimane, molti psicologi, pediatri e insegnanti testimoniano di bambini ossessionati dall’igiene, regrediti nelle capacità cognitive e relazionali, paurosi del contatto fisico, sempre più dipendenti dal digitale, ansiosi e depressi. Per loro la quarantena forzata è stata un trauma di proporzioni difficilmente valutabili. Un numero non piccolo di adolescenti si è chiuso in un isolamento da cui non riesce più ad uscire e mostra segni di sindrome di Hikikomori, ansia e depressione, disturbi dell’alimentazione e del sonno, disturbi cognitivi e difficoltà di attenzione, irritabilità, irrequietezza, aggressività, fobia sociale, ipocondria, perfino problemi di udito per l’uso eccessivo degli auricolari.

La brutale interruzione dei contatti sociali e delle pratiche a tutela dello sviluppo dei bambini, come i centri diurni e il sostegno scolastico, non sostituita da alcun intervento di sostegno mirato ai più giovani, rappresenta una gravissima omissione da parte dello Stato. La DAD è stata sostanzialmente un fallimento, perché non è scuola. La scuola è vita, corporeità, interazione, emozione, relazione, gioco, discussione, confronto, comunità, inclusione. La DaD ha lasciato indietro molti ragazzi, calpestando il loro diritto costituzionale alla scuola. Tutta la tradizione pedagogica insiste sulla fondamentale importanza della sensorialità (di tutti e 5 i sensi, non solo di vista e udito) e della socialità per un armonioso sviluppo dei bambini e dei ragazzi, assolutamente insostituibile per i più piccoli, che attraversano la fase delicatissima nella quale si formano le competenze sociali fondamentali.

Pensare, come si è letto in alcuni articoli inquietanti, di mantenere a scuola il distanziamento fisico, che diventa anche sociale, mediante box individuali, braccialetti elettronici o analoghi dispositivi di controllo, è semplicemente disumano e gravemente lesivo dei diritti dei bambini e può provocare danni ben più gravi e duraturi della stessa infezione. Anche l’uso della mascherina, la cui necessità non sembra corroborata da indiscutibili evidenze scientifiche, mentre molte sono le prove di possibili danni alla salute, la paura costante del “nemico invisibile”, l’ossessione dell’igiene possono alterare il sereno sviluppo psicologico dei bambini e indurre comportamenti francamente patologici. Per i disabili, specie se autistici, che sono fra l’altro in costante aumento negli ultimi anni, senza suscitare particolare preoccupazione nei responsabili della salute pubblica, vedere l’insegnante o i compagni con il viso coperto da mascherina può essere devastante e annullare conquiste di socialità lentamente acquisite in precedenza.

Che cosa servirebbe allora per settembre? Dopo una lunghissima interruzione scolastica, senza nemmeno un momento di chiusura dell’esperienza e di rielaborazione emotiva degli eventi, l’unica cosa che serve è la NORMALITÀ, fatta di lezioni in presenza, molta attività fisica all’aperto per i più piccoli e molto lavoro di confronto e di rielaborazione per i più grandi, gioco, dialogo, serenità, supporto emozionale, espressione creativa. I bambini hanno straordinarie capacità di recupero, se opportunamente seguiti. Hanno bisogno di uscire dalla cappa di paura e ritrovare la gioia di giocare insieme, di abbracciarsi senza timore, di condividere esperienze con insegnanti a loro volta sereni e non oppressi da un’irragionevole responsabilità sanitaria, in una scuola dove la sicurezza è un optional da decenni, per via di edifici vetusti e non conformi alle norme antisismiche, troppo affollati, privi di spazi verdi e di palestre, talvolta puliti sommariamente per scarsità di personale, con suppellettili scarse e poco ergonomiche, immersi senza particolari cautele nei campi elettromagnetici del Wi-Fi.

Nessuno sembra essersi chiesto quanto possa essere dannosa per i ragazzi un’esposizione prolungata agli strumenti digitali, nonostante quanto già si sa sui danni cognitivi, emotivi e fisici derivanti dall’utilizzo precoce e dall’abuso dei mezzi digitali, come spiega il neuropsichiatra tedesco Manfred Spitzer nel suo libro Demenza digitale. Non può essere la paura di un virus, per quanto pericoloso, a interrompere in modo forse irreversibile la crescita sana dei nostri figli. Dobbiamo proteggere la loro salute a 360 gradi, non solo evitare una particolare malattia. Per questo ci servono l’amore, non la paura e una sana consapevolezza pedagogica, non misure sicuramente dannose e inapplicabili.

Per approfondimenti, si può leggere il Comunicato degli psicologi e degli psichiatri.

Per segnalare ai Dirigenti scolastici i rischi per la salute connessi alle misure sanitarie per la scuola, si può sottoscrivere una lettera-diffida come genitori o come docenti, predisposta dagli avvocati di Federazione Rinascimento Italia.