In questa puntata della rubrica di Giusy Pace: “La scuola del futuro”. Riflettiamo su come è possibile formulare una proposta educativa per formare anime libere e capaci di sentire e di pensare, con ispirazione al modello umanistico dell’educazione integrale, che coinvolge corpo, mente, anima e spirito.
I bambini nati durante o dopo la pandemia fanno più fatica ad imparare a parlare. Sono i figli del Covid o, meglio, delle misure anti Covid: mascherine, lockdown, distanziamento.
A dirlo è uno studio dell’Università Autonoma della Complutense di Madrid. Se chiudi i bambini in casa, non li fai interagire con il mondo esterno mentre tu, genitore, magari passi buona parte della giornata davanti al computer a fare smartworking, gli effetti non tardano ad arrivare. La mancanza di interazioni sociali nei primi mesi di vita compromette lo sviluppo cerebrale.
Il confronto fra bambini ante Covid e post Covid
Nello studio sono stati analizzati il vocabolario e la sintassi. Sono stati coinvolti 153 bambini di età tra 18 e 31 mesi. È stato fatto un confronto: una valutazione di un gruppo di bimbi pre pandemia e un gruppo post pandemia. I piccoli cresciuti durante il Covid usavano meno parole distinte: avevano un vocabolario ridotto rispetto a quello dei nati ante Covid.
Quando togli il sorriso e il contatto fisico ai bambini
La psicologia infantile parla chiaro: il contatto fisico, il tatto, il sorriso degli adulti sono alla base della comprensione del mondo sociale. Il processo di apprendimento avviene attraverso interazioni: si impara a parlare perché gli altri ti parlano, ti guardano, ti sorridono. E per emulazione si cresce.
E poi, se parliamo di bambini più grandi e ragazzi, il lockdown ha causato una nuova dipendenza: la dipendenza da strumenti digitali, unici compagni di gioco, complice la DAD, la didattica a distanza. Ce ne ha parlato la psicologa e insegnante Patrizia Scanu. Le misure anti virus – racconta – hanno innescato una serie di problemi ai ragazzi: dalle crisi d’ansia alla depressione.
Il danno maggiore per i bambini più fragili
Tornando allo studio spagnolo ci si chiede se i figli della pandemia sono destinati a “restare indietro”? I ricercatori dell’Università di Madrid mettono in guardia. “Le misure antiCovid – dicono – hanno ha rappresentato un ulteriore fattore di rischio soprattutto per i bambini più vulnerabili per contesto familiare e sociale”.
Intervista con Fabio Frabetti su Bordernights del 27 novembre 2023.
Dove sta andando la scuola? Che cosa servirebbe per migliorarla? Che cos’è la pedagogia nera? Di questo e di altro discuto con Fabio Frabetti in questa intervista.
In Piazza libertà si parla spesso di temi che riguardano la nostra vita che talvolta viene pianificata in modo criminoso da organizzazioni pseudo-istituzionali. Per noi l’obiettivo è infondere conoscenza, consapevolezza e anche in questa puntata cerchiamo di farlo parlando di Pianificazioni. Dal Piano Scuola 4.0, una pianificazione per la distruzione e non certo per l’istruzione, al Piano OMS che attraverso un documento vuole inserire il “diritto sessuale” dei bambini. Parleremo anche del Piano ONU per la riduzione della popolazione, ma anche di Università, transizione digitale, transumanesimo e infine di “Un cuore che batte”, la raccolta firme per una proposta di legge di iniziativa popolare per contribuire a diminuire le interruzioni di gravidanza. Gli ospiti della puntata: Patrizia Scanu, psicologa e insegnante; Ramona Palladino, mamma e giurista, Alessio Fortunati, biologo molecolare e scrittore, Alessandro Meluzzi, psichiatra e scrittore; Maurizio Martucci, giornalista e scrittore, Aldo Rocco Vitale, Docente di Filosofia del Diritto. Giorgio Celsi, presidente di Ora et Labora.
Chiedete mai ai vostri figli se sono felici a scuola? Me lo chiedo spesso anch’io. In tanti anni di insegnamento, ho osservato via via la scuola perdere di vista le più ovvie e consolidate conoscenze pedagogiche, fino ad arrivare al paradosso di un’istruzione povera, standardizzata, burocratica e noiosa (anche se non ovunque, per fortuna!) e a intere classi di studenti ormai passivi e rassegnati. Un adolescente passivo e spento è qualcosa di contraddittorio e spaventoso insieme. Non dovrebbe essere un’esplosione di energia e di entusiasmo? Che cosa manca perché questo avvenga? Dobbiamo dare risposta a questa domanda. E poi ce ne sono altre: qual è il modello educativo adatto a riscattare questa generazione di ragazzi? Quale adulto immaginiamo come risultato dell’intero percorso? In sostanza, quale mondo futuro vogliamo costruire?
Intanto, chiariamo: educare e istruire non sono la stessa cosa. Spesso la scuola istruisce, ma rinuncia a educare. L’istruzione è trasmissione di conoscenze, ma l’educazione è molto di più.L’educazione è una forma d’arte, la più gravida di futuro; essa guarda in avanti, all’uomo nuovo da plasmare, ed è insieme ricca del sapere tramandato dal passato. I nostri ragazzi hanno bisogno non solo di istruzione, ma anche e soprattutto di educazione, perché hanno bisogno di guardare al futuro. Provate a chiedere ai vostri figli come immaginano il proprio futuro e chi vogliono diventare. Vi accorgerete che molti di loro non riescono a vedere nulla davanti a sé, al massimo qualche incerta prospettiva lavorativa. Il mondo in cui viviamo è troppo liquido e incomprensibile. Tocca a noi, perciò, aiutarli a pensare un futuro vivibile e a sostenerli nel complicato processo di scoprire chi sono.
Il nostro ruolo è di essere per loro un ponte fra passato e futuro. L’essenza dell’educazione è proprio conservare e rinnovare insieme; il suo fine è scoprire e sviluppare le potenzialità e i talenti dei nostri ragazzi e farli crescere con cura amorevole. Quando un ragazzo esprime la sua essenza profonda nell’agire e nel conoscere, è appagato e in pace con se stesso. Maria Montessori lo diceva: il bambino è un “embrione spirituale”, per via delle infinite potenzialità che può esprimere.
Dobbiamo allora chiederci: qual è il modello di uomo che vogliamo per il XXI secolo? In pieno Umanesimo, Giovanni Pico della Mirandola ci ha spiegato che cosa è l’uomo: l’uomo è un grande miracolo, scrive, perché ha la capacità di plasmare se stesso e di scegliere se degenerare al livello dei bruti o rigenerarsi nella sua natura divina. Pico ci ha detto tutto ciò che ci serve: per la rinascita dell’umano e per la fioritura del seme divino che ci portiamo dentro ognuno di noi deve sviluppare la sua libertà interiore e la sua creatività. Perché non ci può essere un essere umano senza libertà interiore e creatività. Sarebbe uno schiavo senza coscienza, e noi non vogliamo questo per i nostri figli. Perciò ora più che mai è necessario dar vita a un nuovo umanesimo, per rimettere al centro i più autentici bisogni umani e la dignità dell’uomo. I nostri ragazzi proprio di questo hanno bisogno: di senso, di relazione e di direzione. E questo è il nostro compito di educatori.
Il mondo che verrà, se vogliamo ancora un mondo umano e non un incubo transumano, dovrà essere più consapevole e più giusto. Dovrà essere fondato sulla cooperazione e sui valori spirituali, non certo sulla competizione e sull’avidità. E quando parlo di spiritualità non do al termine alcuna connotazione religiosa o new age. Semplicemente lo spirito è ciò che rende l’uomo umano, è l’insieme delle qualità più alte: etica, responsabilità, giustizia, amore, empatia, bellezza. La spiritualità, infatti, è autotrascendenza, ovvero capacità di elevarsi al di sopra della propria mera natura biologica e animale e di gettare uno sguardo all’Oltre, all’oceano sconfinato delle potenzialità di essere e dei mondi possibili. Senza questa qualità speciale, non avremmo la musica di Bach, i dipinti della Cappella Sistina di Michelangelo, i disegni di Leonardo, i capolavori architettonici dell’arte gotica o la Divina Commedia di Dante.
La scuola del mondo che verrà sarà un luogo di gioia, di libertà consapevole e di crescita integrale, ovvero fisica, emotiva, intellettuale e spirituale insieme. Una testa riempita di nozioni frammentarie è simile ad un ammasso di mattoni senza calce e senza progetto. Non ci serve! Ci serve, invece, quello che diceva Michel de Montaigne nel ‘500: formare una testa ben fatta, non ben piena, formare una persona sveglia, integra, che sviluppi armoniosamente corpo, mente, anima e spirito, che abbia amore per la verità e per la bellezza.
Nella scuola del mondo che verrà si imparerà in piccoli gruppi, nella natura, in spazi belli e luminosi. L’esperienza dell’imparare e del collaborare con gli altri dovrà essere sempre associata a vissuti gratificanti e stimolanti. A queste condizioni, la scuola sarà il luogo più amato dai bambini e dai ragazzi. Saranno felici, perché la loro naturale curiosità e la motivazione a mettersi alla prova saranno ampiamente soddisfatte. D’altra parte, non sarà più necessaria la competizione; perciò non ci saranno voti, ma i ragazzi riceveranno costanti rimandi sui loro progressi. La tecnologia digitale, che li ha resi dipendenti e depotenziati, avrà uno spazio minimo, almeno fino all’adolescenza. Dobbiamo dare il tempo al cervello di formare le vie neurali necessarie al pensiero complesso. Per questo serve usare le mani e fare esperienza. Si impara facendo, infatti, e anche sbagliando. Si dovrà riscoprire la felicità dell’errore, che, quando accolto e analizzato, stimola l’onestà intellettuale e la creatività.
Ci siamo chiesti quali siano i bisogni fondamentali dei bambini e dei ragazzi? Solo riconoscendoli possiamo dar vita ad una scuola su misura per loro: movimento all’aperto, gioco, natura, relazione, amicizia, fiducia, manualità, bellezza, empatia, ma soprattutto senso. Molti ragazzi sono annoiati a scuola, proprio perché non riescono a trovare il senso di ciò che studiano, cioè a rispondere alla domanda: “A che scopo lo faccio?”. È difficile essere felici, se non si riesce a dare un senso alla propria vita e al proprio agire. Per questo ci servono insegnanti formati e selezionati con molta cura, dotati di talento pedagogico e di competenza comunicativa, studiosi appassionati delle loro materie, persone capaci di relazioni autentiche e oneste ed entusiasti di stimolare continuamente i ragazzi al limite delle loro possibilità. Niente è più efficace di un insegnante che ama ciò che insegna e che sollecita a farsi domande. Come scriveva François Rabelais, “il bambino non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”. Tutti ricordiamo con nostalgia gli insegnanti che hanno saputo accendere in noi la fiamma del desiderio di conoscenza.
Per questo motivo ho provato a dar vita, due anni fa, ad una comunità educativa ispirata al modello del Giardino filosofico di Epicuro. Ho radunato un gruppo di adolescenti dai 16 ai 20 anni e con loro e con alcuni colleghi ho fatto l’esperienza di una serie di seminari residenziali di alcuni giorni nel verde. Abbiamo condiviso i pasti, le passeggiate, le meditazioni, i laboratori di teatro, di musica, di arte, di aikido, di consapevolezza emozionale e tanto, tantissimo sapere dai campi più disparati: storia, letteratura, fisica quantistica, economia, scienze, filosofia, psicologia, mass media, comunicazione. Abbiamo parlato della morte e della bellezza, della mente e della coscienza, della libertà e del senso della vita. Erano tristi e demotivati all’inizio; man mano vedevo rinascere in loro la gioia, la vita, il desiderio di conoscere.
Ne ho concluso che per la nuova educazione, integrale e fondata sui valori spirituali perenni, ci servono la conoscenza di sé, la trasversalità, il pensiero critico, l’integrità e la creatività.
Conoscere se stessi è fondamentale per far brillare la propria luce interiore e per ricordare chi si è veramente: un’essenza divina, ci ha detto Pico. Vuol dire soprattutto conoscere a fondo anche il proprio lato in ombra. Vuol dire comprendere le trappole della mente e sviluppare la Coscienza. Perciò a scuola si imparerà la mindfulness, la presenza a se stessi, alle proprie sensazioni fisiche, alle emozioni e ai pensieri. Per esempio, si imparerà che la consapevolezza del respiro aiuta a gestire l’ansia e che si può riuscire a osservare i pensieri con distacco.
Dovremo insegnare ai ragazzi ad avere una mente aperta e non bloccata da pregiudizi. Perciò occorre superare le barriere stagne delle discipline e sviluppare la trasversalità. L’eccesso di specializzazione ci fa guardare al mondo attraverso il buco della serratura. Ma in un mondo tanto complesso occorrono strumenti per decifrare la complessità, collegando fra loro ambiti diversi del sapere e dando vita a intuizioni e sintesi originali. Come l’uomo universale del Rinascimento, l’allievo del futuro dovrà abbracciare vasti orizzonti.
Non ci può essere senso a scuola senza il pensiero critico. Chi pensa con la propria testa può riconoscere falsità e inganni e difendere la propria libertà. Come si può sviluppare il pensiero critico a scuola? Per esempio, imparando a farsi domande e non dando niente per scontato, invece di ripetere passivamente un sapere predigerito. Oppure imparando a riconoscere le manipolazioni linguistiche, logiche, storiche, statistiche che distorcono la realtà. Perciò servono la storia, la lingua, la logica, la matematica. Li ho visti, gli studenti dopo questo tipo di lavoro: diventano svegli e pronti a mettere in discussione tutto ciò che sentono, anche da me!
Non se ne parla mai, ma non c’è educazione senza integrità. L’integrità ha a che fare con il senso di avere dei sani confini personali e di farli rispettare. Dobbiamo insegnare ai ragazzi a volersi bene, ad essere empatici con se stessi, a prendersi cura di sé con responsabilità. Solo così lo faranno anche con gli altri. Possiamo essere soddisfatti, quando i nostri allievi imparano la meravigliosa capacità di dire di no a ciò che è dannoso a sé o agli altri.
La creatività è la principale caratteristica dello spirito umano e la più necessaria nella scuola del futuro. Creatività è capacità di plasmare se stessi e di trasformare il mondo in modo imprevedibile. Nella scuola del mondo che verrà, avranno un posto centrale le discipline creative, come l’arte, la musica, la danza, la poesia, il teatro. Ma la creatività riguarda qualunque attività intellettuale: per esempio, la matematica, la filosofia, l’educazione, e perfino l’agire quotidiano. Creatività non è assenza di regole, ma apertura mentale, ricchezza ideativa, audacia e insieme disciplina interiore e massima concentrazione. Per valorizzare nei nostri ragazzi la creatività, però, anche gli insegnanti dovranno essere creativi, e questo significa liberarsi dall’abitudine e dai pregiudizi. Non vi è creatività senza bellezza. La bellezza è la via d’accesso ai mondi spirituali. Per questo si dovrà educare a riconoscere e a creare il bello. Senza la sensibilità al bello, l’essere umano si svilisce. Un momento indimenticabile che ho vissuto con i ragazzi dei residenziali è stato vederli completamente assorti e rapiti nell’ascoltare la lettura teatrale del discorso di Diotima sulla Bellezza nel Simposio di Platone, seduti in cerchio in mezzo al bosco.
La scuola del mondo che verrà sarà viva, una vera scuola di vita, perciò richiederà massimo coinvolgimento non solo degli insegnanti, ma anche dei genitori. Noi adulti dovremo imparare a nostra volta a esprimere al meglio le nostre qualità spirituali, perché tutti noi per i ragazzi siamo dei modelli da imitare. Si può insegnare infatti solo ciò che si è. Noi dovremo essere quindi autorevoli, saper ascoltare, saper dialogare, saper accogliere. Un adulto autorevole usa la forza in modo protettivo, mai coercitivo, e dà poche regole, ma chiare e condivise; soprattutto riesce ad essere autentico. La ricerca scientifica in psicologia ha mostrato un’interessante correlazione fra autenticità e benessere psicologico. Si sta bene con chi ci dà amore, onestà e rispetto. E lo si riconosce subito!
Per gli uomini e le donne di domani, l’insegnante sarà la figura più preziosa da prendere a modello per crescere interiormente forti, autonomi, sensibili e svegli. Bambini e ragazzi hanno bisogno di veri maestri. Questa sarà la nostra responsabilità di adulti verso le generazioni future: testimoniare ai giovani come si diventa ciò che si è nel profondo di se stessi. Solo così ritroveremo le qualità più alte dell’essere umano e potremo costruire mondi sociali più giusti, consapevoli e felici.
Tutto questo può sembrarvi extra-ordinario; in realtà sta già avvenendo.
Negli anni della pandemia, la scuola è stata travolta da uno tsunami che l’ha trasformata da luogo dell’accoglienza e dell’inclusione a luogo della sofferenza e della discriminazione, con danni incalcolabili per bambini e ragazzi. Diventa urgente un intervento riparativo, ma non può evidentemente essere la scuola pubblica a rimediare.
Il libro presenta, sulla base di un’analisi dei bisogni eccezionali degli studenti vittime del disastro, una proposta di intervento educativo in due fasi, la prima riparativa e la seconda trasformativa, da realizzare nel contesto dell’istruzione parentale per gli allievi della scuola secondaria inferiore e superiore.
Oltre la scuola e l’homeschooling si rivolge a insegnanti e genitori che intendano educare e non solo istruire, per un mondo futuro più giusto e consapevole. Si ispira al modello umanistico dell’educazione integrale (che coinvolge corpo, mente, anima e spirito), trasversale, profonda, ricca, gioiosa e nella natura, guidata dalla creatività, dalla bellezza, dall’amore per la conoscenza e dal proposito di formare anime libere e capaci di sentire e di pensare.
La categoria di “sano” è scomparsa dal nostro linguaggio. La psicopandemia, quale mezzo diabolico per frantumare la coesione sociale e i diritti costituzionali attraverso la paura e l’arbitrio, ha riprogrammato le menti a percepire soltanto le categorie di “contagiato” e di “asintomatico”, il secondo come sottoinsieme del primo. Non è più permesso definirsi “sani”, ma solo come “asintomatici”, cioè potenzialmente infettivi e untori per qualcun altro. In questo psicodramma collettivo, i ruoli si sono capovolti: non sono più i malati che contagiano (potenzialmente) i sani, ma sono i sani ad essere potenzialmente contagiosi, al punto che perfino i più osservanti sostenitori del siero miracoloso ne hanno una tremenda paura (dei sani), nonostante, appunto, la fede assoluta in quella che chiamano “scienza” e nei suoi ritrovati salvifici. Non c’è modo di far rilevare la contraddizione. Che minaccia potrebbe mai costituire un sano ad un soggetto protetto dal morbo pestifero grazie alla magica pozione? Se non ci crede lui, alla protezione, perché dovrebbe crederci il rinnegato della religione scientista? Ma la fede incrollabile non ammette dubbi di sorta e chi prova ad usare il punto interrogativo è in tutta evidenza un miscredente traditore e ignorante. Amen.
Per questo è cominciata la Grande Persecuzione contro i sani. Come il dottor Knock, personaggio di finzione che fa credere ai sani di essere ammalati per curarli, i sani devono essere stanati con un tampone a cicli di amplificazione esagerati per essere definiti “contagiati asintomatici”, sottoposti a quarantena, privati dei diritti costituzionali se, essendo sani e volendo mantenersi tali, preferiscono non sottoporsi alla sperimentazione del siero genico, data la probabilità molto alta di non ammalarsi di Covid in modo grave (oltre il 99,9%). Intanto, AIFA riporta 2 morti al giorno dopo l’inoculo e i dati EUDRA Vigilance e VAERS fanno venire brividi di orrore per l’enormità del disastro, naturalmente ignorati dalla TV, che descrive invece con toni drammatici e compiaciuti la terribile fine dei no-vax in ospedale.
Poiché non si piegano ed osano perfino farsi domande di buon senso, per esempio che senso abbia il lasciapassare verde, se anche gli inoculati possono ammalarsi e contagiare esattamente come chi ha ricevuto la sacra unzione e forse perfino di più, come testimoniato abbondantemente dai dati ufficiali israeliani e britannici, da tutti, a cominciare dalle cariche più alte dello Stato, e poi a seguire da giornalisti di regime, nani, ballerine e testimonial pubblicitari in camice bianco, vengono ingiuriati, vilipesi, additati come pericolosi delinquenti, da chiudere in casa come sorci, sterminare, internare, sottoporre a TSO, torturare in corsia, riempire di piombo come le folle di Bava Beccaris, privare dell’assistenza sanitaria, bullizzare senza pietà.
Ovviamente, tutto questo odio si giustifica con il fatto che la loro insopportabile rivendicazione di libertà personale costituisce una minaccia gravissima per la salute pubblica. Nella società dei servi, la libertà è un delitto. In un certo senso, dicono la verità. I sistemi totalitari non hanno mai trattato con benevolenza i dissidenti, specie se libertari. Li hanno definiti “pazzi”, “nemici del popolo”, “parassiti”, “terroristi” per dirigere su di essi la frustrazione delle folle schiavizzate dall’élite al potere. La criminalizzazione delle minoranze ha un nome in psicologia. Si chiama “esclusione morale” e consiste nel deumanizzare l’altro, nel considerarlo meno degno di essere trattato come umano, con il risultato di indebolire i freni morali di chi lo perseguita. Tutto diventa lecito nei confronti dei “sorci” subumani (Burioni dixit). Così nascono i pogrom e così il nazismo ha indotto l’odio verso gli ebrei. Questo per chi si ostina a dire che il nazismo era un’altra cosa: nei contenuti, certo, non nei meccanismi psicologici indotti dalla propaganda, che sono identici.
Come ci ha insegnato George Orwell, il linguaggio crea la realtà. Attraverso la definizione linguistica di un contenuto ideativo, se ne modifica la percezione collettiva. Se poi i media veicolano in modo martellante e con voce univoca gli slogan di regime, benché palesemente falsi e volutamente ingannevoli, la gente finisce con il credere che quella sia la realtà. Ora, nella narrazione di regime, i perseguitati diventano gli odiatori e i criminali, nemici del bene comune. In questo modo, si prepara la massa al minuto d’odio di cui ci racconta il romanzo 1984. La libertà è schiavitù, il sano è malato, chi dissente ti impedisce di essere libero, la vittima è il carnefice. La neolingua colpisce sempre le menti deboli e le priva di ogni difesa.
La persecuzione dei sani ancora liberi, chiamati con disprezzo e in blocco “no-vax”, produce violenza sociale, degrado morale e civile, distruzione economica e infinita quanto inutile sofferenza. Infine, genera nuovi paria, nuovi intoccabili, nuovi reietti. La scuola e l’Università, quest’anno, riaprono all’insegna dell’esclusione morale e della discriminazione più bieca. Buttati fuori come delinquenti i docenti che non si piegano al decreto liberticida, con il plauso dei sindacati. Se in classe c’è un no-vax (e come si fa a saperlo? Alla faccia della privacy), tutti gli studenti sono costretti a tenere la mascherina. Se non accettano di fare da cavie ad un farmaco che non migliora la loro salute, quando non la danneggia, i ragazzi non possono fare sport, mangiare la pizza con gli amici, frequentare una biblioteca o un museo, andare all’Università. Il ricatto è più che giustificato agli occhi dei padroni per ottenere lo scopo di piazzare una fiala; il danno psicologico appare irrilevante al loro sguardo algido. La pressione al conformismo del gruppo dei pari farà il resto. Non mancheranno la delazione, il bullismo, l’aggressione e l’induzione al suicidio. E questo incitamento all’odio sarebbe per la salute pubblica. Tutto normale agli occhi dei ciechi.
Non siamo nel 1938, è anche peggio. Stanno distruggendo la vita a migliaia di giovani e riducendo sul lastrico migliaia di famiglie per un bieco programma politico di controllo sociale che con la salute non c’entra palesemente nulla. Se lo accetterete, ne sarete complici e vittime subito dopo. Perciò reagite e togliete i vostri figli dall’orrore. Salvateli in qualunque modo. Fateli vivere sereni e integri. Ma non coltivate rabbia, paura, odio, senso di ingiustizia. Questo fa il gioco degli psicopatici che vogliono cibarsi della sofferenza dell’umanità e godono della divisione. Per quanto si accaniscano, infatti, la cattiveria ha l’effetto del secchio di acqua gelata sulla coscienza della gente che dorme. Vivete nell’amore, nella giustizia e nella gioia e guardate oltre: il male richiama sempre il suo contrario. Ai responsabili di questo scempio ci penserà il karma, insieme all’elevazione della coscienza collettiva. Ogni azione ha un biglietto di ritorno. E questo è a breve scadenza, non temete.
Post Scriptum: Un punto interrogativo io ce l’avrei, purtroppo. Quale è il vero Sergio Mattarella? Quello che il 5 settembre ha detto: “Non si invochi la libertà per sottrarsi alla #vaccinazione, perché quell’invocazione equivale alla licenza di mettere a rischio la salute altrui e in qualche caso di mettere in pericolo la vita altrui”? Oppure quello che il 25 aprile diceva: “La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva”? Così, per capire…
Articolo pubblicato su Sovranità popolare, n° 5/2021.
Questa intervista è stata condotta da un gruppo di professionisti aderenti all’associazione Consensus Ars Medica e pubblicata sul sito dell’Associazione.
Con il motto “io resto a casa” è avvenuta una trasformazione nella comunicazione di massa. L’informazione martellante e totalizzante ha assunto caratteri manipolatori generando profondi stati paura. Di conseguenza si è trasformato il tessuto di relazioni su cui si fondano la società, la famiglia, il mondo del lavoro e della scuola.
Nel tempo la manipolazione si è condita di diffidenza, censure, violenze verbali e criminalizzazioni fino a minacce di sospensioni e radiazioni dal proprio lavoro. Ciò ha portato a profonde divisioni. Le persone sono state messe le une contro le altre in ogni contesto sociale.
D’altro canto si è diffusa una mentalità nuova che ha dato origine a esperienze di aggregazione inaspettate e innovative in diversi settori. Qui la comunicazione ha ripreso il suo ruolo di collante, mettendo in relazione persone provenienti da esperienze molto differenti tra loro. La condivisione e la ricerca di vicinanza sono tornate protagoniste nel tessere relazioni umane.
Nel primo video, la dottoressa Patrizia Scanu analizza la comunicazione del mainstream: giornali, televisioni, social.
Nella seconda parte del video ci parla delle problematiche nelle comunità dei giovani e nella scuola.
Lunga intervista per Radio Studio 54 sul libro Emergenza scuola. I bisogni ignorati dei nostri figli nella crisi sanitaria. Molti suggerimenti per riuscire ad affrontare il grave disagio prodotto dal clima sociale e dalle misure sanitarie.
(SCANU) Dall’ultima volta che abbiamo parlato di scuola con Lei, so che ha pubblicato un libro insieme alla sua collega Giuditta Fagnani, dal titolo Emergenza scuola. I bisogni ignorati dei nostri figli nella crisi sanitaria. Com’è nata l’idea? Ce ne vuole parlare?
(FAGNANI) Dottoressa Fagnani, so che Lei è psicologa dell’età infantile. Può raccontarci la sua esperienza di questi mesi con i bambini? Come stanno vivendo questo periodo così anomalo?
(SCANU) E gli adolescenti? Quali conseguenze hanno su di loro le misure sanitarie adottate, soprattutto nelle scuole?
(FAGNANI) Nel titolo del libro avete parlato di bisogni ignorati. Di che cosa hanno bisogno bambini e ragazzi? E’ davvero il Covid il nostro nemico?
(SCANU) Si può fare qualcosa per aiutarli? Si parla spesso di resilienza, ma che cos’è?
(FAGNANI) Lei che cosa suggerisce per la salute dei bambini?
(SCANU) Tanti ascoltatori mi hanno scritto, chiedendomi dei consigli per affrontare un disagio psicologico sempre più marcato. Molte persone stanno male, anche fra gli adulti. Come si può preservare la propria salute psichica? Avete qualche suggerimento pratico per gli adulti?
(FAGNANI) Vuole aggiungere qualcosa, magari sul potenziale della mente nelle situazioni difficili?
(SCANU) Vuole lasciarci una riflessione conclusiva?