La guerra dentro noi stessi: perché il patriarcato non è una spiegazione

Si può spiegare completamente il fenomeno della violenza di genere contro le donne come un effetto del patriarcato? La comunicazione mediatica suggerisce con insistenza questo collegamento. Ma è davvero così? Esiste una spiegazione unica, valida per tutti casi di violenza? Ecco l’analisi di Patrizia Scanu, psicologa, Gestalt counsellor e formatrice.

Si può spiegare completamente il fenomeno della violenza di genere contro le donne come un effetto del patriarcato? La comunicazione mediatica suggerisce con insistenza questo collegamento. Ma è davvero così? Esiste una spiegazione unica, valida per tutti casi di violenza? O dobbiamo allargare lo sguardo e andare più a fondo? Sicuramente, si tratta di un fenomeno complesso e multiforme, che non si presta a spiegazioni elementari e onnicomprensive e che richiede di considerare con attenzione la potenza evocativa e definitoria del linguaggio. Le parole creano la realtà e a volte ne impediscono la comprensione. Per questo la psicosofia esamina le parole con curiosità e apertura. 

Etimologicamente patriarcato significa “legge del padre” e si riferisce a una forma particolare di famiglia, nella quale il patriarca è a capo di una stirpe. Il concetto è ben delimitato dal punto di vista storico e socio-antropologico e designa il potere incontrastato che i maschi più anziani esercitano su tutti membri – uomini, donne, bambini, servi e schiavi – della famiglia estesa, soprattutto in ambiti dove è fondamentale mantenere indivisi e amministrare in modo univoco i beni della famiglia. Storicamente, se ne possono rinvenire le origini nell’antica Roma e più indietro ancora nella società descritta dall’Antico Testamento.

Nella figura del pater familias romano o del patriarca biblico si sommano il diritto di vita o di morte sui membri della famiglia e nello stesso tempo la protezione nei confronti dei familiari, di cui il patriarca ha la responsabilità e a cui è tenuto da una serie di obblighi anche gravosi. Lo squilibrio di potere è indubbiamente condizione favorevole alla violenza, ma non la contempla necessariamente e non implica sempre oppressione; anche nel mondo patriarcale ogni caso è a sé.

Le nostre società attuali portano l’impronta evidente di un secolare squilibrio di potere fra uomini e donne e tale squilibrio rende più facile ricorrere alla violenza: questo è un fatto che non può essere negato e che in sociologia viene definito come disuguaglianza sociale. Senza andare troppo lontano, possiamo ricordare che fino al 1975 il diritto di famiglia italiano chiamava “capofamiglia” il padre e sanciva la completa subordinazione della moglie al marito nei rapporti personali, in quelli patrimoniali, nelle relazioni di coppia e nei riguardi dei figli.

Tuttavia, se possiamo riconoscere anche nel nostro passato antico e recente una visione marcatamente sessista dei rapporti fra uomo e donna, non appare chiaro come il patriarcato in sé possa essere considerato l’unica causa della violenza di genere (essendo oggi tale struttura familiare piuttosto residuale nelle società occidentali) se non sulla base di un’analogia astorica e solo parzialmente utile alla comprensione del fenomeno. 

Dagli anni ’60 e ’70 (anche prima, negli Stati Uniti) sociologi di diverso orientamento, da Parsons e Bales a Riesman e a Horkheimer e Adorno parlano in coro di «crisi della famiglia» e di «società senza padre»: tale figura è entrata progressivamente in crisi, indebolita nelle sue funzioni tradizionali, che Parsons riconosceva nel procacciare sostentamento economico, nel prendere decisioni strategiche per la famiglia, nel definire le regole familiari e nel controllarne l’osservanza. 

Lungi dall’essere un padre-padrone, l’uomo attuale fatica a darsi un ruolo sociale definito e spesso vive con le donne una relazione competitiva. Non deve perciò meravigliare che la violenza sulle donne sia molto diffusa nelle società del Nord Europa, dove il patriarcato è sepolto da tempo ed è entrata largamente nella mentalità comune l’idea della parità fra i sessi. Per alludere al sessismo ancora presente nella nostra vita sociale, forse sarebbe più adatto il termine “maschilismo”, che indica una modalità relazionale fondata sul dominio, sul possesso e sulla supremazia, invece che sulla cooperazione paritaria e il riconoscimento reciproco fra uomo e donna.

Ma allora come si spiega la violenza di genere? Intanto, è impossibile individuarne una causa unica: si tratta di un fenomeno multifattoriale, al quale contribuiscono in misura notevole e variamente combinata, oltre ai fattori culturali, anche cause individuali e di contesto, come l’immaturità affettiva, l’analfabetismo emozionale, i modelli familiari vissuti da bambini, i modelli dei media (per esempio, la pornografia), i rapporti sociali predatori, lo stress lavorativo, il narcisismo diffuso, la fragilità derivante dalla perdita di ruolo e di potere, la visione materialista della vita, fondata sul possesso, tanto per citarne alcuni. 

Il problema non riguarda solo le donne: la violenza è diffusa anche nelle coppie omosessuali e, magari in forme diverse, colpisce pure gli uomini. Sarebbe un errore considerare la violenza come una prerogativa esclusiva dei maschi. Se vogliamo considerare il problema con lo sguardo più ampio e comprensivo della psicosofia sinergetica, potremmo dire che la violenza di genere è solo uno dei modi nei quali si manifesta la violenza latente nelle nostre società e che si presenta soprattutto nella famiglia, perché lì si esprimono tutte le tensioni e le contraddizioni generate dalla vicinanza e dalla relazione profonda in un contesto sociale profondamente degradato e squilibrato. Noi diventiamo violenti quando non riusciamo a tenere a bada e a trasformare la nostra mente animale (rettiliana e limbica) con la Coscienza. La violenza è cecità spirituale (avidyā) e assenza di empatia. E nelle nostre società quasi tutto congiura a mantenerci al livello più basso della nostra umanità.

Dentro ciascuno di noi, uomini e donne, sono presenti una parte maschile e una femminile, nel senso che incarniamo in noi stessi la dualità metafisica fra due opposti complementari, ben raffigurati dal Rebis alchemico e dalla polarità Yin-Yang nel Tao e descritti anche dai filosofi greci, per esempio dai Pitagorici. In questo senso, possiamo dire che un certo numero di persone (uomini e donne) manifesta un maschile violento, fatto di aggressione, predazione, sopraffazione, dominanza, possesso, competizione, tipiche della nostra natura animale oppure (spesso anche) un femminile sottomesso, vittimizzato, manipolativo, bisognoso, gregario. Quando pensiamo e agiamo usando questa parte arcaica della nostra mente siamo completamente incoscienti di ciò che facciamo e dell’effetto che ha sugli altri e su noi stessi, dato che ci degradiamo ogni volta che agiamo senza coscienza.

Ma noi siamo molto di più: abbiamo una coscienza spirituale, capace di sintonizzarsi con i valori più alti: etica, responsabilità, giustizia, amore, empatia, bellezza, gioia. Ce ne accorgiamo quando siamo creativi (la creatività è il sintomo della nostra natura spirituale), quando facciamo azioni giuste, etiche, amorevoli, quando sappiamo accogliere e dire di no a seconda dei casi. Possiamo immaginare la violenza in una persona che è così presente a se stessa?

Purtroppo, ci portiamo dentro anche la violenza e l’umiliazione millenarie dei nostri avi, sotto forma di memorie genetiche di sopraffazione e di sottomissione, che fanno da terreno fertile per ulteriori azioni dannose, in una catena infinita nella quale siamo contemporaneamente vittime e carnefici, prede e predatori, quando rimaniamo al livello più basso della nostra mente. Per questo dobbiamo stare attenti a evitare la polarizzazione del linguaggio, che semina divisione e odio fra le persone, perfino fra uomini e donne. La guerra fra i sessi è assurda come la guerra fra la nostra parte maschile e quella femminile. Il problema è la guerra dentro di noi, quando perdiamo di vista la nostra natura autentica e tiriamo fuori la bestia inconsapevole, sentendoci vittime o padroni, mentre potremmo contribuire a elevare la qualità delle relazioni umane cominciando da noi stessi.

Articolo pubblicato sul sito dell’editore Terranuova: https://www.terranuova.it/News/Crescita-interiore/La-guerra-dentro-noi-stessi-perche-il-patriarcato-non-e-una-spiegazione

I figli del Covid

Intervista con Andrea Tomasi su Byoblu

I bambini nati durante o dopo la pandemia fanno più fatica ad imparare a parlare. Sono i figli del Covid o, meglio, delle misure anti Covid: mascherine, lockdown, distanziamento.

A dirlo è uno studio dell’Università Autonoma della Complutense di Madrid. Se chiudi i bambini in casa, non li fai interagire con il mondo esterno mentre tu, genitore, magari passi buona parte della giornata davanti al computer a fare smartworking, gli effetti non tardano ad arrivare. La mancanza di interazioni sociali nei primi mesi di vita compromette lo sviluppo cerebrale.

Il confronto fra bambini ante Covid e post Covid

Nello studio sono stati analizzati il vocabolario e la sintassi. Sono stati coinvolti 153 bambini di età tra 18 e 31 mesi. È stato fatto un confronto: una valutazione di un gruppo di bimbi pre pandemia e un gruppo post pandemia. I piccoli cresciuti durante il Covid usavano meno parole distinte: avevano un vocabolario ridotto rispetto a quello dei nati ante Covid.

Quando togli il sorriso e il contatto fisico ai bambini

La psicologia infantile parla chiaro: il contatto fisico, il tatto, il sorriso degli adulti sono alla base della comprensione del mondo sociale. Il processo di apprendimento avviene attraverso interazioni: si impara a parlare perché gli altri ti parlano, ti guardano, ti sorridono. E per emulazione si cresce.

E poi, se parliamo di bambini più grandi e ragazzi, il lockdown ha causato una nuova dipendenza: la dipendenza da strumenti digitali, unici compagni di gioco, complice la DAD, la didattica a distanza. Ce ne ha parlato la psicologa e insegnante Patrizia Scanu. Le misure anti virus – racconta – hanno innescato una serie di problemi ai ragazzi: dalle crisi d’ansia alla depressione.

Il danno maggiore per i bambini più fragili

Tornando allo studio spagnolo ci si chiede se i figli della pandemia sono destinati a “restare indietro”? I ricercatori dell’Università di Madrid mettono in guardia. “Le misure antiCovid – dicono – hanno ha rappresentato un ulteriore fattore di rischio soprattutto per i bambini più vulnerabili per contesto familiare e sociale”.

COVID MASCHERINE PATRIZIA SCANU PSICOLOGIA SALUTE STUDIO

Genderizzazione in corso: disforia di genere e trattamento affermativo

Piazza libertà, puntata 85, 3 dicembre 2023

In questa puntata di “Piazza Libertà” dal titolo “Genderizzazione in corso: l’ ideologica distrazione per la distruzione di massa”, Armando Manocchia si occupa della questione del gender, delle carriere alias, della transizione di genere e non solo.

Spazio anche ai  danni da psico-pandemia e ai nuovi modelli “costruttivi” per essere distruttivi. Lo scopo è sensibilizzare i genitori, gli insegnanti, i cittadini, al fine di contrastare la narrazione dominante di un modello unico e di un governo malato che si vende come unico possibile.

Ospiti di questa puntata: Ines Buonora, mediatrice familiare; Silvia Guerini, esperta di società del controllo e transumanesimo; Patrizia Scanu, insegnante, psicologa e Gestalt counsellor.

ARMANDO MANOCCHIA CARRIERE ALIAS GENDER PIAZZA LIBERTÀ

Oggi parliamo di Psicosofia sinergetica

Da oggi si può visitare la nuova pagina delle Attività: Psicosofia sinergetica

Per chi cerca nella relazione psicologica un’occasione di esplorazione dell’anima e del senso profondo della vita e della morte.

Indottrinamento scolastico?

Una riflessione sul senso pedagogico degli interventi nelle scuole, anche su bambini molto piccoli, finalizzati alla sessualizzazione precoce e all’intervento medico-chirurgico nella disforia di genere.

Emergender

Piazza Libertà con Armando Manocchia – puntata 72

Armando Manocchia torna ad occuparsi dei bambini e dell’emergenza gender in questa puntata di “Piazza Libertà” dal titolo: “Emergender”.

Una questione già affrontata altre volte in passato che subdolamente passa troppo spesso sottotraccia ma che, oggi più che mai, rappresenta invece un’urgenza sulla quale accendere i riflettori.

Ne discutiamo insieme a Silvia GueriniFrancesca Romano PolettiRomano PalladinoPatrizia ScanuInes Buonora e Giusy D’Amico.

Le modifiche al codice deontologico degli Psicologi

Piazza Libertà – puntata 61

Una commissione nazionale ha modificato il Codice deontologico a loro insaputa. O meglio, gli psicologi lo hanno appreso grazie ad un questionario inviato un anno fa tramite una newsletter. Le numerose richieste di chiarimenti hanno sortito il silenzio. La direzione verso il quale propende il nuovo Codice deontologico degli Psicologi è la stessa di quello dei medici e di tutte le altre professioni sanitarie?

In questa nuova puntata di Piazza Libertà Armando Manocchia ne discute con Clara Emanuela Curtotti, psicologa e psicoterapeuta cognitivista; Alessandro Meluzzi, psichiatra; Patrizia Scanu psicologa; Aldo Rocco Vitale docente di Filosofia del Diritto.

Dalla formazione alla formattazione. Così il Piano Scuola 4.0 punta alla demolizione della scuola italiana.

Puntata 58 del 29 luglio 2023

Dalla formazione alla formattazione. Così il Piano Scuola 4.0 punta alla demolizione della scuola italiana attraverso un decreto legge di fatto incostituzionale. In questa nuova puntata di “Piazza Libertà” Armando Manocchia ci accompagna nel “progetto di distruzione” della scuola italiana. Ospiti di questa puntata: Patrizia Scanu, insegnante e psicologa; Filomena Maggino, professore di Statistica sociale Università La Sapienza di Roma; lo psichiatra Alessandro Meluzzi e Daniele Trabucco, costituzionalista.

Qui si può scaricare il documento della VII Commissione del Senato sull’impatto del digitale sugli studenti:

https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/1299729.pdf

Ecco il mio nuovo libro!

Negli anni della pandemia, la scuola è stata travolta da uno tsunami che l’ha trasformata da luogo dell’accoglienza e dell’inclusione a luogo della sofferenza e della discriminazione, con danni incalcolabili per bambini e ragazzi. Diventa urgente un intervento riparativo, ma non può evidentemente essere la scuola pubblica a rimediare.


Il libro presenta, sulla base di un’analisi dei bisogni eccezionali degli studenti vittime del disastro, una proposta di intervento educativo in due fasi, la prima riparativa e la seconda trasformativa, da realizzare nel contesto dell’istruzione parentale per gli allievi della scuola secondaria inferiore e superiore.


Oltre la scuola e l’homeschooling si rivolge a insegnanti e genitori che intendano educare e non solo istruire, per un mondo futuro più giusto e consapevole. Si ispira al modello umanistico dell’educazione integrale (che coinvolge corpo, mente, anima e spirito), trasversale, profonda, ricca, gioiosa e nella natura, guidata dalla creatività, dalla bellezza, dall’amore per la conoscenza e dal proposito di formare anime libere e capaci di sentire e di pensare.

Si può trovare in formato cartaceo e digitale nelle librerie e sul sito dell’editore, a questo link: https://www.leoneverde.it/prodotto/oltre-la-scuola-e-lhomeschooling/