La Nuova Normalità dei mangiatori di insetti

Piatti di pasta brulicanti di vermi e altri insetti, fritture di cavallette e blatte, latte di scarafaggio, sontuosi panini farciti con larve e presentati come una specialità gastronomica e una necessità senza alternativa. La galleria degli orrori alimentari si arricchisce di giorno in giorno di nuovi, stomachevoli risvolti.

bambini olandesi spinti a mangiare insetti, mentre l’agricoltura olandese viene distrutta; Beppe Grillo che sostiene l’opportunità di insegnare ai bambini italiani a mangiare insetti a scuola; la Fondazione Barilla che butta lì uno spot per sostenere la bontà dell’entomofagia; alcune aziende italiane magnificano il cibo del futuro; la Commissione Europea che pontifica sulle virtù del cibo a base di insetti (si chiama “Dalla fattoria alla forchetta: per un sistema alimentare equo, salutare e amico dell’ambiente”), mentre l’UE autorizza a commercializzare le larve dei vermi della farina come alimento; il sempre chiaroveggente Bill Gates che compra a man bassa terreni agricoli e spinge verso la carne sintetica e gli OGM, oltre che ad estrarre acqua potabile dagli escrementi; i numerosi e accattivanti siti che esaltano e magnificano le virtù del Grande Reset Alimentare; gli immancabili scienziati che corroborano la scelta politica con studi e ricerche, ovviamente condotti per puro amore di verità (per chi ci crede); i giornaloni che scrivono articoli su articoli e perfino i sempiterni siti di sbufalatori, anch’essi notoriamente mossi da nobile spirito filantropico, che inarcano il sopracciglio con sdegnosa pedanteria per criticare, ridicolizzare e screditare altri scienziati che ne documentano, studi alla mano, il rischio per il consumo umano per diverse ragioni, ovviamente documentate (per esempio, la scarsa digeribilità della chitina o la presenza di parassiti, tossine, allergeni).

Siamo all’ennesima Finestra di Overton, una delle tante aperte in questi tre anni di colpo di stato globale. I padroni del mondo vogliono farci diventare mangiatori di insetti e non da ora. Per capire che non si tratta di un caso, basta fare qualche passo indietro. Nel 2013 la FAO, organismo dell’ONU per il cibo e l’agricoltura, pubblica un documento di 200 pagine[1], conclusivo di un percorso pluriennale di ricerca, intitolato “Insetti commestibili. Prospettive future per il cibo e per la sicurezza alimentare”. Già nel titolo e nella prima riga della premessa compaiono due concetti-chiave del linguaggio globalista e malthusiano che ben conosciamo: la presunta “sicurezza”, in questo caso alimentare, e l’ossessione per l’aumento della popolazione mondiale: “È largamente accettato che intorno al 2050 il mondo ospiterà 9 miliardi di persone. Per accogliere questo numero, l’attuale produzione di cibo dovrà almeno raddoppiare”. La ricetta fornita unisce il disprezzo per la plebe umana e il paternalismo tipico dell’élite che, intanto, pasteggia a caviale e champagne, senza dover rendere conto a nessuno dei suoi progetti insensati e liberticidi. La retorica (ingannevole) è sempre la stessa: “Non c’è alternativa” (solo per la plebe, naturalmente). Per la stesura del documento, la FAO collaborò con il Laboratorio di Entomologia dell’Università di Wageningen in Olanda, guarda a caso il primo Paese europeo a somministrare insetti ai bambini nelle mense scolastiche.

Certamente è vero che gli insetti costituiscono una fonte di cibo per numerose popolazioni da molto tempo. Ma, in primo luogo, non costituiscono né l’unica né la principale fonte di proteine, ma solo una varietà di cibo in una dieta molto più ricca e varia, e, in secondo luogo, nella scelta di ciò che è “buono da mangiare” hanno un ruolo fondamentale i fattori culturali. Secondo la teoria del foraggiamento ottimale dell’antropologo Marvin Harris, un cibo è pensato culturalmente come commestibile se è disponibile in grande quantità e se procurarselo costa meno calorie che mangiarlo. Gli insetti in Europa sono molto meno presenti che in altri continenti, sono dispendiosi da reperire e sono disponibili fonti alternative di proteine; questo spiegherebbe perché non sono tradizionalmente considerati cibo. Il rifiuto culturale di un alimento è accompagnato da disgusto, ma nel futuro mondo senza libertà e senza identità culturali tutto sarà possibile a chi avrà il monopolio delle risorse alimentari e potrà distribuirle secondo gli standard che preferisce. Come non accettare gli insetti, nuovo cibo per nuovi poveri, se l’alternativa sarà la fame per i più? Descrive bene questa situazione il film allegorico del regista coreano Bong Joon Ho “Snowpiercer”, uscito nel 2014. Da guardare.

Il problema del disgusto per l’entomofagia è infatti al centro delle preoccupazioni del World Economic Forum. In un articolo[2] del luglio 2021, in piena pandemia, che inizia con la frase rituale “La popolazione mondiale raggiungerà i 9,7 miliardi entro il 2050” (proprio la stessa di prima!), viene spiegato che gli insetti sono fonte di proteine, sono salutari, sono prodotti in modo “sostenibile” (altra parola magica), sono un ottimo fertilizzante naturale, ma che il principale ostacolo al loro consumo alimentare sono le “idee preconcette” (a questo si riduce la cultura!). Due anni prima, sempre sul sito del WEF, uno psicologo, professore all’Università di Auckland, scriveva che il disgusto, pur avendo l’ovvia utilità di produrre avversione per cibi dannosi, presenta anche il limite di impedire l’adozione di “stili di vita più sostenibili” (ancora!), come mangiare fonti alternative di proteine o bere acqua riciclata (!). Il professor Consedine sa bene che la risposta del disgusto si forma nell’infanzia ed è difficile da modificare. Ma ha la soluzione: “le risposte che implicano idee culturalmente condizionate su ciò che è ‘naturale’ possono essere modificate con il tempo”. Basta presentare gli insetti o l’acqua riciclata come naturali… Con il tempo, l’opportuna campagna di “naturalizzazione” e “a little nudging”, una spintarella gentile (così si chiama la manipolazione comportamentale del popolo bue), avremo il risultato. Per capire che cos’è il nudging, basta guardare il documentario sulle mense scolastiche olandesi. La finestra di Overton scorrerà liscia fino all’ultima casella.

Intanto l’UE ha messo la riforma della produzione di cibo e la sicurezza alimentare fra le priorità del New Green Deal. E che cosa c’è di più sostenibile e sicuro degli insetti? L’obiettivo è «aumentare la disponibilità e la fonte di proteine ​​alternative come piante, microbi, marine e proteine ​​a base di insetti e sostituti della carne»L’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, su richiesta della Commissione Europea ha espresso un parere scientifico e approvato l’uso alimentare dei vermi essiccati della farina come “nuovo cibo”, sulla base del Regolamento Europeo 2015/2283. Si possono utilizzare sotto forma di snack, farina o ingrediente da aggiungere nelle proprie ricette. Il 4 maggio 2021 gli Stati membri dell’UE, su proposta della Commissione, ne hanno autorizzato il consumo. Per questo li troviamo già sugli scaffali del supermercato. Il “Sole 24 ore” a maggio 2021 osservava che “Nel mondo il mercato degli insetti ha superato i 55 milioni di dollari nel 2017e secondo Global Market Insights progredirà fino a toccare i 710 milioni di dollari a valore nel 2024. L’Ipiff stima che ogni anno in Europa siano prodotte più di 6mila tonnellate di proteine di insetti e le previsioni al 2030 sono di 3 milioni di tonnellate, con un potenziale di crescita compreso in un range tra i due e i cinque 5 milioni di tonnellate l’anno”.

Molte altre specie di insetti sono sotto esame da parte dell’EFSA. Perciò dobbiamo aspettarci un incremento esponenziale di spot, articoli scientifici, programmi televisivi, testimonial famosi che ci inonderanno di informazioni su quanto sono buoni, sani, naturali, ecosostenibili ed equi gli insetti e l’acqua sporca e su quanto siamo buoni noi a proteggere il pianeta mangiandoli. La psicologia verrà di nuovo messa al servizio della nuova causa e di spintarella in spintarella sarà messa a rischio di estinzione la straordinaria cultura alimentare del nostro Paese. Del resto, non era il Rapporto[3] True Cost of Food” della Fondazione Rockefeller a indicare che la colpa del danno ambientale è degli agricoltori familiari tradizionali e che il rimedio sono i prodotti OGM con il loro seguito di veleni?

“L’uomo è ciò che mangia”, scriveva nell’Ottocento il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach. Ciò che mangiamo ha un effetto sulla nostra psiche e sulla nostra anima. Sarà un cattivo pensiero, ma poiché non c’è alcuna necessità di mangiare insetti o di bere acqua dal trattamento di urina e feci, verrebbe da dire che cambiare il cuore e l’anima umani, per degradarli al livello più basso del mondo vivente, sia l’obiettivo finale. Un obiettivo in linea con la visione distopica della società umana ridotta ad alveare o a sciame come quella anonima degli insetti, senza individualità, senza libertà, schiacciata con la fame sotto un controllo totalitario senza scampo, senza dignità e senz’anima. Non è solo questione di proteine. Bisogna resistere.

[1] AA. VV., Edible insects: future prospects for food and feed security, FAO FORESTRY PAPER 171, Rome 2013.

[2] Why we need to give insects the role they deserve in our food systems

[3] True Cost of Food: Measuring What Matters to Transform the US Food System.

Articolo pubblicato su Sovranità Popolare, n° 5, anno 4°, dicembre 2022.

Disponibile online: https://www.sovranitapopolare.org/2023/01/05/insetti-e-larve-e-la-dieta-mediterranea/

Il marketing della paura. Dal cittadino-sovrano soggetto di diritti al consumatore-suddito dello Stato terapeutico

Scrivevo già qualche tempo fa [1] delle commissioni di esperti che sussurrano ai potenti le strategie psicologiche per spingere le masse ad obbedire alle politiche di restrizione o distruzione dei loro diritti fondamentali, attuate nell’ultimo anno. Tali strategie comprendono, in particolare, la paura indotta, il senso di colpa, l’appello alla responsabilità sociale, fondato sulla propensione alla conformità e all’avversione verso i non-conformi[2]. A molti sfugge che schiere di psicologi ed esperti di comunicazione e marketing mettono le loro conoscenze al servizio del controllo sociale e comportamentale delle masse da parte di soggetti pubblici e privati. Lo chiamano nudging, “spintarella”, con un termine che potrebbe suonare affettuoso, se per la sua assenza di riferimento all’etica non somigliasse di più alla persuasione pubblicitaria o alla franca manipolazione, realizzata aggirando la consapevolezza e le difese dei destinatari.

Non poteva certo mancare l’impegno di questo genere di esperti nel supportare le politiche sanitarie delle inoculazioni di massa, additate fin da subito come l’unica via d’uscita all’incubo in cui siamo stati precipitati. Vaccino o morte fisica e sociale, insomma, secondo la più scaltrita retorica della falsa dicotomia. E ora che si sono acquistate a peso d’oro e a scatola chiusa quantità sproporzionate di dosi del messianico farmaco sperimentale, più propriamente definibile come un “dispositivo nanotecnologico” o un “sistema operativo”, come lo definisce ModeRNA sul suo sito[3], bisogna inocularlo ad ogni costo nell’intera popolazione mondiale. In precedenti situazioni analoghe di presunta pandemia (esemplare il caso dell’influenza suina o H1N1 del 2009), infatti, l’acquisto – con il denaro dei contribuenti – di milioni di dosi di vaccini mai utilizzati perché inutili aveva fatto fare qualche figuraccia all’OMS, che – ricordiamo – è finanziata quasi interamente da soggetti privati, con le multinazionali farmaceutiche in prima fila.

Un articolo ha particolarmente attratto l’attenzione generale. Si intitola In che modo influencer, celebrità e FOMO possono conquistare gli scettici sui vaccini[4]. Ne è autore un professore di marketing presso la Harvard Business School, Rohit Deshpandé, insieme a due esperti dello stesso settore, Ofer Mintz e Imran S. Currim. In questo articolo, il farmaco tanto evocato viene trattato come un prodotto da vendere ad un pubblico di consumatori in buona parte riluttanti, suddivisi in cinque categorie in base al grado di compliance o acquiescenza: innovatori, primi adottanti, maggioranza anticipata, maggioranza tardiva e ritardatari. Si tratta della teoria della diffusione dell’innovazione: si comincia con i più motivati e poi via via si coinvolgono a cascata le altre categorie. Coloro che aderiscono per primi fanno da opinion leader nei confronti del gruppo successivo mediante l’esempio. “Gli influencer dovranno mitigare le preoccupazioni sulla “novità” del vaccino, come la probabilità di effetti collaterali e soluzioni quando si verificano. Dovranno anche rafforzare le conseguenze positive dell’assunzione del vaccino, come la possibilità di visitare la famiglia, andare a lavorare e avere più opzioni di intrattenimento.”

Ovviamente, se i dubbi degli esitanti siano fondati o meno, se sia giusto che il rifiuto della terapia comporti conseguenze negative sull’esercizio dei diritti costituzionali o se la costosissima strategia sanitaria adottata sia l’unica possibile o la migliore non sono domande rilevanti in questa prospettiva. Un pubblicitario non si chiede se sia giusto pubblicizzare un prodotto; lo fa e basta, perché è pagato per quello. Quando il fine è commerciale e il prodotto controverso, quindi non facile da difendere sul piano razionale, perché in grado di influire in modo irreversibile sui processi biologici, il pubblico non è visto come una comunità di cittadini adulti, responsabili, capaci di informarsi e prendere decisioni autonome, nel proprio e nell’altrui interesse, ma come una platea di consumatori regrediti da convincere facendo leva su aspetti emotivi, periferici, sotto-soglia, più simile ad un gregge da indirizzare nel recinto che ad un popolo sovrano e consapevole. Perciò non va informato, ma orientato, blandito, raggirato.

Scopriamo così che le infallibili strategie da utilizzare sono le seguenti:

  1. Utilizzare gli innovatori come influencer; quindi proporre come testimonial del vaccino personaggi famosi o influenti, leader religiosi, medici, politici, attori. In effetti, nei giorni scorsi abbiamo assistito ad un proliferare di immagini di personaggi pubblici nell’atto di esibire il braccio per il vaccino, anche più volte (!), con siringhe senza ago o ancora incappucciate o con un liquido dal colore diverso da quello del prodotto reclamizzato. In questo caso, la leva della persuasione è la fiducia, specie quella verso il proprio medico, che è l’influencer ideale, perché ci aspettiamo che persegua il nostro bene.
  2. Affrontare le incertezze, rendere agevole l’accesso al prodotto, stimolare l’acquisto attraverso il passaparola entusiasta di chi lo ha avuto per primo (macro- e micro- influencer). In effetti, sappiamo dalla psicologia sociale che adottare un comportamento rende più facile acquisire l’atteggiamento corrispondente: se assumo la terapia, vuol dire che è la scelta giusta. “Il modello tradizionale di diffusione del business chiama questo approccio “hacking della crescita” perché la maggior parte della crescita avviene quando i primi utenti e la prima maggioranza acquistano prodotti, stimolando una rapida adozione da parte della maggioranza tardiva e dei segmenti ritardatari”. Conferire prestigio e status a chi si vaccina aiuta l’emulazione. In questo caso, la leva è emotiva e si basa sull’imitazione e sulla conformità.
  3. Educare a ridurre l’incertezza, evidenziando pro e contro di entrambe le scelte e illustrando le probabilità relative degli effetti avversi, tramite paragoni con la probabilità di essere colpiti da un fulmine, per esempio. Qui la leva è più razionale, ma si tace sulla mancanza di dati certi specie sugli effetti a lungo termine, in un farmaco sperimentale. Come si fa a confrontarli con la probabilità di essere colpiti da un fulmine, se sono ignoti? L’approccio apparentemente razionale può essere insidioso, per chi non è in grado di valutare criticamente i dati. Ricordiamo che si dà per scontato che il prodotto debba essere promosso a prescindere. La leva è perciò la razionalità apparente.
  4. Ispirare FOMO (=Fear Of Missing Out), ovvero la paura di essere esclusi, di perdere un’occasione irripetibile. La leva quindi è l’ansia sociale, il timore del rimpianto, che può essere instillato con diverse modalità: generando paura di perdere diritti o lavoro a non vaccinarsi, creando incertezza sui costi, in modo da spingere a vaccinarsi per non dover subire costi eccessivi (sociali, sanitari, economici, lavorativi…), indurre senso di colpa e rimpianto, come si è fatto con i vaccini pediatrici, per i quali si sono colpevolizzati i genitori che non vaccinavano i figli.

Infine, la logica conclusione: “Applicando la teoria della diffusione delle innovazioni, speriamo che gli sforzi per accelerare l’immunità globale della mandria attraverso le vaccinazioni abbiano successo. Le implicazioni dell’immunità di gregge globale si tradurranno in una maggiore sicurezza, libertà di movimento e raduni a fini sociali e nell’eventuale apertura e ripresa dell’economia mondiale.”

L’immagine del gregge, spesso richiamata a proposito delle inoculazioni, ci mostra vividamente a che cosa si riduce il popolo sovrano nello Stato terapeutico: una mandria di sudditi acritici e obbedienti, che conosce i propri processi mentali assai meno di chi la pilota e delega completamente all’autorità, investita di proiezioni genitoriali, le decisioni più sacre, rinunciando ad esercitare l’autodeterminazione sul proprio corpo e in ultima analisi anche il diritto alla salute, visto che la sua salute individuale, in tutto questo processo, è una variabile irrilevante. Se fosse rilevante, lo Stato non cercherebbe di forzare il suo consenso con intimidazioni o ricatti, non si userebbe costantemente il terrore per indebolire e dividere le persone, le voci critiche dei ricercatori veri non sarebbero censurate ferocemente, i medici scrupolosi non sarebbero costantemente minacciati di radiazione, alla TV non si organizzerebbero processi sommari nei confronti di medici che guariscono i loro pazienti senza vaccino né si darebbe autorevolezza solo ai testimonial del prodotto da vendere, presentati come il non plus ultra della scienza medica. Nemmeno si parlerebbe con insistenza di obblighi o di ritorsioni per i renitenti.

Ad essere onesti, la scienza e l’etica non c’entrano proprio con questo scenario. La scienza procede per critiche e confutazioni, non per plotoni d’esecuzione televisivi o per campagne di odio e di epurazione. L’etica non tratta le persone come mezzi in vista di un fine, buono o cattivo che sia. Come ci spiegano senza infingimenti questi esperti statunitensi, si tratta in realtà di marketing. Un marketing fondato sulla paura, spietato e degradante, la cui reason why per fornire il proprio consenso al prodotto insindacabile è un simulacro di libertà da riconquistare a prezzo della cessione della propria autodeterminazione sul corpo e della disponibilità a rinunciare ai propri diritti inviolabili. Nello Stato terapeutico, insomma, non c’è spazio per concetti obsoleti come libertà, democrazia, integrità, pensiero critico. Si tratta di un pessimo segnale. Come ci ha mostrato tante volte la storia, se il popolo accetta di essere ridotto a gregge, non potrà mancare il pastore che ne assumerà la guida. Non certo nel suo interesse.


[1] Manipolare con la paura e il conformismo. Il lato oscuro della psicologia e della sociologia, S.P. luglio 2020.

[2] https://www.ukcolumn.org/sites/default/files/documents/25-options-for-increasing-adherence-to-social-distancing-measures-22032020.pdf

[3] https://www.modernatx.com/mrna-technology/mrna-platform-enabling-drug-discovery-development

[4] https://hbswk.hbs.edu/item/how-influencers-celebrities-and-fomo-can-win-over-vaccine-skeptics

Manipolare con la paura e il conformismo. Il lato oscuro della psicologia e della sociologia

Anche se se ne parla poco, esiste un lato oscuro della psicologia e della sociologia. La conoscenza della mente e i processi sociali può essere utilizzata infatti non solo per migliorare le persone e i contesti in cui vivono, ma anche per manipolare le une e gli altri in vista di scopi egoistici non dichiarati, di tipo politico, commerciale, militare, economico, diplomatico.

Da circa un secolo, da quando cioè lo spregiudicato nipote di Freud, Edward Bernays, inaugurò gli studi sulle tecniche di propaganda e inventò lo spin doctoring – ovvero le strategie di comunicazione messe in atto dai sistemi politici per presentarsi all’opinione pubblica e per promuovere idee, persone, programmi e scelte – enti governativi, servizi segreti e militari, aziende, potentati economico-finanziari hanno investito enormi risorse nella ricerca sul comportamento umano al fine di poterlo controllare e manipolare.

La diffusione massiccia dei mass media ha enormemente facilitato il compito di costruire scenari artificiali attraverso un uso calcolato e deliberatamente non veritiero dell’informazione e attraverso le potenzialità suggestive offerte dalle immagini. Furono i regimi totalitari del ‘900 a utilizzare in modo sistematico le tecniche di manipolazione del consenso, mobilitando enormi masse di persone attraverso un poderoso apparato ideologico e simbolico attentamente studiato.

Propaganda politica e pubblicità commerciale condividono sostanzialmente le stesse tecniche di marketing, con la sola differenza che il politico deve nascondere i fini economici e affaristici che muovono le sue scelte e dare l’illusione di avere una visione d’insieme della società. Entrambe sfruttano alcune caratteristiche strutturali della mente umana, quali la razionalità limitata (ovvero la tendenza a seguire scorciatoie poco aderenti alla logica nei ragionamenti, chiamate “euristiche” e la tendenza a distorsioni sistematiche nei processi di percezione e analisi della realtà, i cosiddetti “biases”), la presenza di processi mentali inconsci, la scarsa consapevolezza emozionale, insieme alla tendenza ad elaborare gli stimoli più per via emozionale che razionale, la conformità alle norme del gruppo di appartenenza, l’inclinazione all’obbedienza all’autorità, la suggestionabilità, l’ignoranza dei processi mentali, del linguaggio dei media e delle tecniche comportamentali, che sono appannaggio di pochi individui.

Agli occhi di uno spin doctor, a cui spesso il politico si rivolge per consulenza, il pubblico da manovrare è una massa di soggetti inconsapevoli, irrazionali, poco o per nulla padroni dei propri processi emotivi e mentali, psicologicamente fragili e ignari dei propri bisogni profondi, facilmente suggestionabili, stolidamente fiduciosi nell’autorità, sulla quale proiettano un’immagine genitoriale rassicurante (il “buon padre di famiglia”). Un gregge, insomma, che attende di essere guidato. «La folla è un gregge che non può fare a meno di un padrone», scriveva a fine ‘800 Gustave Le Bon, nel suo saggio assai noto sulla psicologia delle folle. Nella folla, come hanno messo in luce studi più recenti di psicologia sociale, quali quelli di Philip Zimbardo, l’individuo tende a perdere il senso dell’individualità e della responsabilità personale e ad entrare in un pericoloso “stato di agente”, nel quale le sue azioni cessano di essere controllate dalla consapevolezza razionale, facendo di lui uno strumento passivo di una volontà estranea, proveniente dall’autorità o dal gruppo.

La conoscenza dei processi psicologici e sociali è indispensabile per quei ristretti gruppi di potere che progettano interventi di ingegneria sociale, ovvero di modificazioni lente o traumatiche degli assetti politici, economici e culturali di un Paese o dell’intero pianeta, come è avvenuto con quel gigantesco esperimento pluridecennale che è la globalizzazione in chiave neoliberista e come sembra stia avvenendo adesso, con la privatizzazione della sanità mondiale e con i risvolti autoritari e ipertecnologici della cosiddetta “pandemia”. Potremmo dire anzi che la presenza delle tecniche di manipolazione psicologica testimoniano di per sé l’esistenza di un progetto di ingegneria sociale che ne diriga gli esiti.

Negli ultimi dieci anni almeno, l’uso di tecniche suggestive e comportamentali da parte dei governi che si definiscono “democratici” è diventato la regola nella gestione del consenso, ben al di là delle classiche leve del controllo politico, che sono le leggi, i regolamenti, le tasse, l’istruzione. E durante la crisi da Coronavirus abbiamo assistito all’utilizzo massivo dell’intero repertorio degli strumenti di manipolazione di massa, dietro al cui dispiegamento si intuisce una regia piuttosto scaltra e sovranazionale.

Non si tratta solo di un sospetto. Poche settimane fa, è emerso un documento (non l’unico, ovviamente, ma significativo) elaborato nel mese di marzo 2020, per iniziativa del governo britannico, da un gruppo di funzionari e consulenti scientifici coordinati dal Scientific Advisory Group for Emergencies (SAGE). Il gruppo, convocato per la prima volta nel 2009/10 in occasione della pandemia di influenza suina, è stato riconvocato nel febbraio 2020 con il nome di Scientific Pandemic Influenza group on Behaviour, or SPI-B. Il suo compito non è di fornire competenze mediche in merito alla pandemia di Covid-19, ma di dare indicazioni sul modo in cui aiutare i cittadini ad aderire alle misure imposte dal governo. Il documento prodotto dal gruppo si intitola Options for increasing adherence to social distancing measures. Con una modalità piuttosto aggressiva e dirigistica, individua nove strategie per conseguire l’obiettivo dell’obbedienza: Istruzione, Persuasione, Incentivazione, Coercizione, Abilitazione, Formazione, Restrizione, Ristrutturazione ambientale, Modellamento.

Scopriamo così che “il livello percepito di minaccia personale deve essere accresciuto fra coloro che sono acquiescenti, usando messaggi di forte impatto emozionale” e che “per essere efficace, questo deve anche rinforzare le persone rendendo chiare le azioni che esse possono compiere per ridurre la minaccia”: insomma, la paura indotta da messaggi terrorizzanti deve accompagnarsi a chiare direttive di comportamento al fine di spingere le persone ad accettare la quarantena di massa e le altre misure imposte dall’alto, come il distanziamento sociale. Nella mente degli esperti non ci sono dunque cittadini che decidono, ma soggetti passivi che si adeguano agli ordini, manipolati attraverso la paura. Una persona spaventata è più facilmente condizionabile e poco reattiva, perché le sue difese sono abbassate. Lo sanno i tiranni di ogni epoca. Ma per ottenere l’effetto, si deve usare una comunicazione ingannevole e intenzionalmente strumentale. Il fine è infatti l’acquiescenza all’autorità, non l’interesse dei cittadini, liberamente determinato.

Inoltre,

la disapprovazione sociale della propria comunità può giocare un ruolo importante nel prevenire il comportamento antisociale o nello scoraggiare la mancata esibizione di un comportamento prosociale. Tuttavia, questo fattore va gestito con attenzione, onde evitare la vittimizzazione, la creazione di un capro espiatorio e di una tendenza critica diretta all’oggetto sbagliato. Deve essere accompagnato da messaggi chiari e dalla promozione di una chiara identità collettiva. Si deve prendere in considerazione l’uso della disapprovazione sociale, ma con una forte attenzione alle conseguenze negative indesiderate.

Gli esperti del SPI-B stanno consigliando insomma di forzare l’adeguamento alle norme sfruttando il conformismo del gruppo che spinge la maggioranza conforme a punire i trasgressori e a farne il bersaglio della loro aggressività. Il controllo sociale viene così affidato direttamente ai cittadini, aizzando gli uni contro gli altri. Suonano alquanto pelose le preoccupazioni indicate sull’effetto inevitabile di criminalizzazione del dissenso.

Per questi e per gli altri obiettivi, lo strumento principale indicato dagli estensori sono i mass media. Lungi dall’essere visti come i cani da guardia della democrazia, al servizio del popolo sovrano, in questo documento e in altri simili, elaborati da diversi governi e da organismi sovranazionali negli ultimi anni, i mass media tendono ad assumere la funzione sempre più evidente di meri strumenti di propaganda e di influenzamento al servizio del potere. Rafforza questo quadro inquietante l’istituzione di Task Force contro le cosiddette fake news, come viene definita l’informazione non ufficiale che mette in dubbio la narrazione menzognera delle autorità, e il massiccio ricorso al debunking, ovvero la minimizzazione e discreditamento dell’informazione critica e di coloro che la veicolano, connotata come malata e paranoide e spesso associata con disinvolta mistificazione a credenze chiaramente infondate e assurde (come il terrapiattismo).

Gli strumenti messi in campo comprendono l’uso suggestivo della PNL e dell’ipnosi conversazionale; la riscrittura di eventi, biografie, notizie; la menzogna ripetuta, fatta di notizie e immagini false, di correlazioni illusorie fra eventi, di distorsione dell’importanza di un evento, di silenzio su circostanze che farebbero interpretare diversamente un evento, di interpretazioni false di un evento, di framing, ovvero di riformulazione dell’informazione in modo da influenzare la percezione dei fatti e da fabbricare credenze; l’uso sistematico delle fallacie argomentative; l’uso ingannevole del linguaggio; l’imposizione di norme assurde e contraddittorie, con l’effetto si provocare impotenza appresa e indurre rassegnazione; l’uso manipolativo delle emozioni come leva di persuasione per aggirare l’analisi razionale; il ricatto più o meno latente e l’intimidazione; il ricorso all’autorità scientifica o all’apparenza di scientificità per validare scelte politiche discutibili; l’utilizzo cinico del diffuso clima di terrore e sgomento prodotto dai media come leva per introdurre modifiche permanenti e inaccettabili nella vita dei cittadini e nella struttura sociale, nella più pura tradizione della dottrina dello shock (mai sprecare una crisi, dice pure Mario Monti). Il risultato è una massiccia modificazione percettiva degli eventi e un completo avvelenamento del pozzo del dibattito pubblico, aggravato dalle gravissime e previste conseguenze psicologiche dell’isolamento, della catastrofe economica, del clima di delazione, di arbitrio e di illegalità e dalla sospensione di tutti i diritti fondamentali, come nei sistemi totalitari.

Per questo la crisi non deve finire e la normalità deve essere sospesa indefinitamente. Non c’è razionalmente alcuna ragione per continuare questa tragica rappresentazione, che nei suoi eccessi assume contorni grotteschi e assurdi. Non si getta sul lastrico una nazione per una malattia, per quanto grave, fra le tante assai più gravi che affliggono la popolazione. Non si producono milioni di depressi, ipocondriaci, ossessivi-compulsivi, ansiosi e isolati o di morti per tumore, infarto e altre patologie, indotte dalla mancanza di cure, per preservare alcune categorie a rischio da un virus a bassa letalità. Non è la salute in gioco qui, ma la libertà.

Alle origini del comportamentismo, lo psicologo Burrhus Skinner delineò, nel romanzo Walden two (1948), un’utopica società felice governata da uno psicologo comportamentista, che da despota illuminato modella il comportamento dei cittadini con le tecniche di condizionamento, per ottenere armonia sociale e prosperità. Questo inquietante sogno tecnocratico di controllo paternalistico del comportamento, che manipola dolcemente e insensibilmente soggetti infantilizzati e privi di autonomia decisionale per fini stabiliti dall’alto, è più che mai vivo oggi ed ha un nome: nudging, ovvero induzione di comportamenti ritenuti buoni dall’autorità con modalità non coercitive, utilizzando le tecniche comportamentali. Che cosa abbia a che fare con la democrazia, l’autodeterminazione e la trasparenza risulta davvero difficile stabilirlo.

Articolo pubblicato su Sovranità popolare, n° 5, giugno 2020.