Ma davvero non c’è modo di dare ai docenti un reddito dignitoso?

Umiliare i docenti con uno stipendio da fame, mentre si trovano seduta stante i fondi per il salvataggio delle banche o per l’acquisto degli F35 e si regalano stipendi d’oro a dirigenti pubblici, appare evidentemente frutto di una volontà politica precisa e della volontà di liquidare il prestigio e il ruolo sociale dell’istruzione in questo Paese.

La litania del debito pubblico e dei parametri europei è una finzione che viene dall’aver rinunciato alla sovranità monetaria (il potere più grande dello Stato), aderendo senza discussione ai Trattati europei. Le conseguenze erano implicite nelle premesse, solo che i governanti del tempo si guardarono bene dall’illustrarle al popolo.

Eppure, pur nei limiti strettissimi del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU), che obbliga gli Stati membri a comprare euro a debito come una valuta straniera, sono possibili delle vie d’uscita. Lo dicono diversi economisti di area keynesiana, come Nino Galloni, i quali sostengono che lo Stato mantiene titolo ad emettere stato-note, buoni di acquisto o crediti fiscali, che possono essere utiizzati dai dipendenti pubblici per acquistare beni o servizi e dai fornitori di tali beni e servizi per pagare le tasse.

Per entrare più nel dettaglio, l’art. 128 TFEU dice: “La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione.

2. Gli Stati membri possono coniare monete metalliche in euro con l’approvazione della Banca centrale europea per quanto riguarda il volume del conio”. La Banca d’Italia traduce questa norma così sul sito web: “La moneta fiscale non potrebbe avere corso legale; il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (art. 128) e il Regolamento EC/974/98 (art. 2, 10 e 11) stabiliscono, infatti, che le banconote e le monete metalliche in euro sono le uniche con corso legale nell’unione monetaria“. In realtà, l’art 128 non dice quello che afferma la Banca d’Italia. Non dice che l’unico mezzo legale di pagamento sono le banconote e le monete metalliche in euro (peraltro, queste già prerogativa degli Stati), ma dice che solo le banconote emesse dalla BCE e dalle banche nazionali sono banconote aventi corso legale. Significa (questo è solo semantica del testo) che non esistono altre banconote aventi corso legale nell’UE, non che le banconote siano l’unico mezzo legale di pagamento!

Conferma questa ermeneutica del testo la stessa Banca d’Italia, quando dice che esistono altri mezzi legali di pagamento oltre le banconote e le monete, per esempio la moneta elettronica bancaria (moneta scritturale), che non è fatta né di banconote né di monete: ““Nel portare a termine una transazione pecuniaria famiglie e imprese possono utilizzare oltre alla moneta con corso legale anche mezzi di pagamento privati, definiti e regolati da accordi tra le parti. I depositi bancari a vista, ad esempio, sebbene privi di corso legale costituiscono un mezzo di pagamento molto diffuso poiché il depositante può chiederne la conversione in moneta legale al valore nominale pieno in qualsiasi momento”.

Che cosa definisce allora un mezzo di pagamento come “legale”? Non certo la BCE né le Banche nazionali. Può essere solo lo Stato. In teoria, lo Stato potrebbe accettare come mezzi di pagamento delle imposte anche dei sacchi di grano ed è sempre lo Stato che permette di utilizzare mezzi di pagamento non a corso legale, come la moneta elettronica, che è usata solo per comune accordo fra le parti. Se ci attenessimo alla lettura restrittiva dell’art. 128, la moneta scritturale (generata dalla banche nel momento in cui la prestano) non sarebbe conforme al TFEU. Nella sostanza, la proposta di Galloni non è molto diversa da uno sconto fiscale.

Che questa strada sia percorribile e non influisca sul debito, ma anzi lo riduca, si evince anche da altre considerazioni. Sebbene la Banca d’Italia sostenga che la moneta fiscale o altri strumenti analoghi vada iscritta a debito, secondo che principi contabili internazionali (IFRS 15 e IAS 18) un titolo che dà diritto a uno sconto futuro non deve essere registrato contabilmente all’atto dell’emissione. Semplicemente, andrà a ridurre le entrate nel momento in cui verrà utilizzato.

Gli strumenti adottati dallo Stato per il pagamento delle imposte non sono materia di competenza della BCE. Quando gli eurodeputati Marco Valli (5 Stelle) e Marco Zanni (ex 5 Stelle, oggi forse Lega) hanno chiesto a Mario Draghi in persona se i Certificati di Credito Fiscale costituissero incremento di debito per lo stato, Draghi rispose formalmente (16 novembre 2015): “The definition of the appropriate statistical treatment – as far as government deficit and debt are concerned – of tax credit certificates or any similar instrument does not fall within the ECB’s competence. Therefore, I would kindly refer you to the competent national and/or European authorities.Yours sincerely, Mario Draghi”.

Ripropongo, perciò, il documento pubblicato due settimane fa sull’argomento

IN CONCLUSIONE, se il Governo volesse veramente darci il dovuto, il modo ci sarebbe, è di immediata attuazione, non aumenterebbe il disavanzo pubblico e darebbe una boccata d’ossigeno all’economia. Ma non è che proprio strangolare la scuola, dopo la lenta asfissia degli anni scorsi, sia l’obiettivo politico di questo Governo? Togliere alla democrazia il suo pilastro fondamentale è pericoloso ed eversivo, e noi dobbiamo vigilare e prendere posizione nettamente affinché questo non avvenga.

Per approfondire:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/moneta-fiscale-il-punto-della-situazione/

https://www.bancaditalia.it/media/views/2017/moneta-fiscale/index.html