Registrazione della conferenza del 26 settembre 2025 presso il Liceo “Leonardo da Vinci” di Alba.
Intervista di Daniele Vaira per Targato CN e La Voce di Alba in relazione alla conferenza:
Venerdì 26 settembre al Liceo Da Vinci la conferenza “La generazione ansiosa”: rischi cognitivi, ansia, cyberbullismo e fragilità emotive al centro dell’incontro con genitori, studenti e docenti. “I ragazzi crescono in un mondo di like e inconsistenza, servono radici nella realtà”
Quando nel 2013 il regista Spike Jonze portò sullo schermo Her, raccontando la storia d’amore tra un uomo e un’intelligenza artificiale, sembrava fantascienza. Dodici anni dopo, quel film appare invece come una premonizione: i confini tra relazioni umane e digitale si fanno sempre più sfumati, soprattutto per bambini e adolescenti.
Di questo si parlerà venerdì 26 settembre, dalle 18 alle 20, nella Sala Polivalente del Liceo Da Vinci di Alba, durante la conferenza dal titolo “La generazione ansiosa. Gli effetti del digitale e dell’IA sulla mente e sulla salute di bambini e adolescenti”, condotta dalla psicologa, professoressa e formatrice Patrizia Scanu, che ha tracciato un quadro ricco di insidie.
Quali sono le criticità maggiori che intende affrontare in questo incontro?
“Il nodo centrale riguarda l’apprendimento. Numerose ricerche – da Manfred Spitzer a Jonathan Haidt – mostrano i danni di un uso precoce e massiccio degli strumenti digitali, in particolare nei bambini. Lo ha ribadito anche il documento della Settima Commissione Istruzione del Senato, pubblicato nel 2021: in due pagine e mezzo usa parole forti, come ‘decerebrati’, per descrivere gli effetti dell’abuso del digitale e arriva a paragonarlo alla cocaina. È un linguaggio duro, ma rende l’idea di un problema gravissimo, che la politica e la società tendono a sottovalutare”.
Lei parla di una dipendenza vera e propria. In che senso?
“Social e videogiochi attivano gli stessi circuiti dopaminergici della ricompensa coinvolti nelle dipendenze da sostanze. È una dipendenza senza chimica, ma con gli stessi meccanismi. Molti genitori lo vedono: quando provano a togliere lo smartphone ai figli, si trovano davanti a crisi di astinenza ingestibili. Nei bambini piccoli, addirittura in età prescolare, l’uso dovrebbe essere proibito: non hanno autocontrollo, e l’impatto sullo sviluppo cognitivo, logico-linguistico e manuale può essere irreversibile”.
Quali sono le conseguenze negli adolescenti?
“Oltre ai danni cognitivi, ci sono ricadute psicologiche enormi. Ansia e depressione sono in crescita esponenziale: Jonathan Haidt parla di una correlazione ormai indiscutibile tra social per le ragazze, videogiochi per i ragazzi e disturbi dell’umore. I social diventano una gabbia di approvazione: like e notifiche definiscono il valore personale, creando dipendenza dall’occhio degli altri. Questo genera fragilità e spinge molti verso ideali irraggiungibili: pensiamo alle immagini di bellezza perfetta che circolano online, capaci di deprimere ragazze e ragazzi, o ai modelli tossici che incitano a disturbi alimentari o addirittura al suicidio”.
Il cyberbullismo è una delle forme più gravi di questo problema?
“Sì, è una piaga diffusissima. Ragazzi perseguitati, bullizzati, esposti alla pubblicazione di foto personali, vittime di umiliazioni continue: tutto questo accade nello spazio digitale, dove il confine tra reale e irreale è sempre più labile. I social offrono l’illusione di un mondo perfetto, ma in realtà isolano. I giovani perdono il contatto con le amicizie vere, con la lettura, con l’esperienza concreta. È un mondo di inconsistenza, che genera ansia perché priva di senso e radici”.
Questa “inconsistenza” si riflette anche sulla capacità di affrontare le emozioni?
“Esatto. Noi cresciamo attraverso relazioni difficili, ostacoli, sconfitte: è lì che impariamo a gestire emozioni e rapporti. Ma se i ragazzi vivono solo in un ambiente digitale privo di sfide reali, crescono immaturi e fragili. Jonathan Haidt li definisce antifragili: come gli alberi che hanno bisogno del vento per rafforzare le radici, anche i ragazzi hanno bisogno di esperienze concrete, altrimenti cadono. Oggi molti giovani non hanno più questa palestra di vita”.
In che misura l’intelligenza artificiale accentua questo scenario?
“L’IA rischia di diventare un sostituto delle relazioni. Basti pensare che Alexa, pochi anni fa, ha ricevuto centinaia di migliaia di proposte di matrimonio. Se arriviamo a sostituire la relazione umana con una macchina, i ragazzi non trovano più il senso della vita, ma solo pornografia e modelli fittizi. Io vedo tanti adolescenti infelici: hanno bisogno di significato, ma lo cercano in un luogo che non lo offre”.
Quali soluzioni intravede per arginare questa deriva?
“Servono limiti chiari: almeno fino ai 16 anni l’accesso ai social dovrebbe essere vietato. E serve un’educazione mirata: genitori e insegnanti devono essere formati per accompagnare i ragazzi. Non dico di demonizzare il digitale: lo uso anch’io e ha utilità preziose, ma solo all’età giusta e nel modo giusto. Oggi invece vedo bambini di due anni con lo smartphone in mano: è una scelta che compromette lo sviluppo cognitivo e sociale. E non dimentichiamo anche i danni fisici, dalla miopia ai problemi posturali, fino alle conseguenze delle radiofrequenze”.
Si tratta dunque di un problema educativo, ma anche etico?
“Assolutamente sì. Manca un’etica pubblica che metta al centro i bambini e i ragazzi. Una volta che il danno è fatto, non si torna indietro. Occorre fermarsi a riflettere: vogliamo una scuola che digitalizzi a ogni costo o vogliamo educare a essere umani completi? Perfino l’Unesco parla di tragedia dell’educazione digitale. La contraddizione è evidente e va affrontata subito”.
Daniele Vaira
