Fabbricare il consenso cancellando i fatti. Tre notizie clamorose ignorate dai media


Ci sono almeno quattro modi per mentire: produrre dati falsi, interpretare in modo tendenzioso i dati disponibili, ingigantire fatti irrilevanti o sminuire dati rilevanti e omettere in tutto o in parte informazioni indispensabili a formarsi una visione attendibile dei fatti. Nella stampa italiana (e certo non solo in quella, come spiegò magistralmente già nel 1988 Noam Chomsky, con il libro Manufacturing Consent, ma da noi con esiti drammatici) non è raro imbattersi in tutti e quattro, e su molte materie. Diventa difficile formarsi un’opinione ragionata, quando sono truccati i dati di fatto.

Da cane da guardia della democrazia, la stampa nazionale e la televisione appaiono spesso trasformate in cani da guardia del potere. Che il potere (politico, economico, finanziario, militare) da sempre sfrutti a proprio vantaggio il controllo dell’informazione e il conformismo della gente è cosa risaputa e perfino teorizzata dai regimi totalitari, come fece Joseph Goebbels nella Germania nazista; per questo in democrazia hanno tanta rilevanza l’autonomia e il pluralismo nell’informazione.

Se i giornalisti sono minacciati, economicamente deboli, ricattati, influenzati o finanziati da portatori di interessi privati (partiti, organizzazioni criminali, banche, aziende, potenze straniere o individui potenti) viene lesa non solo la libertà di stampa, ma anche il diritto essenziale dei cittadini ad un’informazione seria e attendibile e di conseguenza viene minacciata la democrazia o vengono calpestati dei diritti. E se la stampa appare inattendibile e asservita, il discredito che ricade sui giornalisti rende ancora più velenoso e irrespirabile il clima sociale. Un giornalista tutto sommato onesto, ma sotto pressione, se non si sente un eroe, può preferire una sicura reticenza ad una pericolosa verità e scegliere l’autocensura come compromesso accettabile per tutelare la carriera, la vita familiare o la propria incolumità personale. Risulta difficile dire quindi di volta in volta se le menzogne dell’informazione “ufficiale” siano deliberate o meno, ma restano menzogne (o fake news, come si usa adesso) pericolose per la democrazia, ed è di questo che intendo parlare qui.

Qualche mese fa, mettevamo in luce come, nel dibattito pubblico sulla legge Lorenzin, che imponeva di punto in bianco un obbligo vaccinale molto rigido per un numero elevato di malattie, la stampa italiana avesse mostrato una preoccupante tendenza a rinunciare al proprio ruolo critico di fronte a palesi falsità enunciate e ripetute pubblicamente dal Ministro della Salute sui giornali e in TV a proposito dell’elevato numero di bambini morti per morbillo in Inghilterra nel 2013 (270 secondo il Ministro; pari a zero, in realtà), sotto lo sguardo compiaciuto delle autorità sanitarie. Lasciar passare una menzogna così grave nella sostanza (si trattava delle massime autorità sanitarie nazionali!) e nei suoi effetti persuasivi su una questione così delicata per la tutela dei cittadini più indifesi rimarrà nella storia nazionale come un atto vergognoso e imperdonabile, un vero e proprio tradimento del proprio ruolo istituzionale a difesa della verità.

Tralasciando altre gravi falsificazioni sull’argomento e il clima intimidatorio e diffamatorio messo in piedi dalla stampa cartacea, radiofonica e televisiva mainstream verso qualunque voce di dissenso, sebbene proveniente dallo stesso mondo scientifico (compresi virologi di fama mondiale, premi Nobel e scienziati blasonatissimi), osservammo, a febbraio 2018, come fosse stata passata sotto universale ed unanime silenzio dei media la conclusione sconvolgente dei lavori della IV Commissione Difesa (che aveva coinvolto un certo numero di esperti medici e non solo) sul ruolo determinante della profilassi vaccinale nelle gravi patologie che avevano colpito oltre 7000 militari italiani in servizio. Indipendentemente dalla conclusività di quel lungo lavoro di indagine, che poteva e doveva essere discusso in sede scientifica, il fatto stesso di aver tenuto all’oscuro i cittadini dei contenuti più scottanti di un fondamentale atto parlamentare appare una manipolazione della verità di dimensione inaudita. L’omissione è una menzogna non meno grave della produzione di dati falsi, perché i suoi effetti sono identici, ovvero impedire la formazione di un’opinione fondata e la tutela dei propri diritti.

Ma nelle ultime settimane siamo giunti all’apoteosi della menzogna. La sociologa Elizabeth Noelle-Neumann chiamava “spirale del silenzio” il grave fenomeno per il quale i media, rappresentando come unica l’opinione prevalente o più gradita al potere, condannano al silenzio le opinioni dissenzienti, orientando così la gente a ritenerle inesistenti o poco diffuse, anche quando sono maggioritarie o assai rilevanti, e spingendola a conformarsi all’opinione dominante. La questione dell’obbligo vaccinale ne è un esempio lampante. Al di là delle opinioni personali sulla bontà e sulla sicurezza dei vaccini, il silenziamento o la demonizzazione di un punto di vista, specie se critico, nel pubblico dibattito si configura come una manipolazione inaccettabile del consenso. E il consenso si manipola quando la verità non è presentabile. Succede così che tre notizie clamorose e di grandissima rilevanza per milioni di genitori italiani possano passare sotto quasi unanime silenzio. Parliamo di tre fatti, non di tre opinioni, in crescendo di gravità.

La prima viene dalla Puglia. Virtuosamente, l’Osservatorio Epidemiologico Regionale, pungolato dalle critiche arrivate attraverso una trasmissione televisiva (non tutta l’informazione è da buttare), ha deciso di avviare un progetto di vaccinovigilanza attiva per 12 mesi nel 2017, con il quale un certo numero di bambini vaccinati contro morbillo, parotite, rosolia e varicella (MPRV) è stato seguito per un anno per verificare, con la collaborazione dei genitori, tutti gli eventuali effetti avversi. La vigilanza attiva sugli effetti avversi, tutt’altro che diffusa in Italia, è una delle principali richieste fatte allo Stato dai genitori preoccupati. Si sa infatti che solo la minima parte degli effetti avversi viene segnalata spontaneamente alle autorità, tanto più da quando i medici che osano fare qualunque obiezione vengono sanzionati dalla pubblica riprovazione dei colleghi e minacciati di espulsione dall’Ordine.

Leggendo l’introduzione del report, dal titolo Sorveglianza degli eventi avversi a vaccino in Puglia. Report 2013-2017, si viene a sapere che i vaccini sono sicuri e che si può stare tranquilli; si può poi leggere su Quotidiano Sanità in un’intervista ad un membro del gruppo di lavoro, Silvio Tafuri, che sono “solo 56 gli eventi avversi gravi correlabili alle vaccinazioni a fronte di quasi 900 eventi segnalati e analizzati dagli esperti regionali”. Il titolo dell’articolo è solo relativamente rassicurante: Il primo report sugli eventi avversi da vaccino: 56 quelli gravi su quasi 7 milioni di vaccinazioni effettuate.

Se però si leggono (ma chi lo fa?) i dati presentati in fondo al report (pp. 26 e seguenti), sui quali peraltro non vengono tratte le dovute conclusioni, si osserva uno scenario completamente diverso. Mi limito perciò a fare copia e incolla:

Nello studio sono stati coinvolti 12 Centri vaccinali che hanno coperto tutte le Aziende Sanitarie della Regione Puglia. Nei Centri vaccinali aderenti, complessivamente nel periodo dello studio considerato (12 mesi) sono state somministrate 3.936 prime dosi di vaccino anti-MPRV e sono stati reclutati 1.672 soggetti (42,5% dei soggetti che hanno ricevuto la prima dose di vaccino MPRV). […]

Nell’ambito del progetto di sorveglianza attiva sono stati segnalati 656 eventi avversi (reporting rate = 392,34×1.000 dosi) mentre le attività di sorveglianza passiva comprendono 112 segnalazioni (reporting rate = 0,42×1.000 dosi).

Mi fermo. Calcolatrice alla mano, verifico di aver capito bene. Su 1672 soggetti inclusi nel progetto di vigilanza attiva, sono 656 le segnalazioni di eventi avversi, esattamente il 39,23% del totale! Ma non ci avevano detto a reti unificate che erano uno su un milione? O addirittura, come aveva affermato Alberto Villani, Presidente dell’Associazione Italiana di Pediatria, 3 o 4 negli ultimi vent’anni? Ma qui significa 392.300 su un milione! Per di più, nei quattro anni precedenti, con la sorveglianza passiva, risultavano solo lo 0,04%, circa mille volte di meno (ma sempre molto più di uno su un milione: 420, per l’esattezza)! Allora era fondata la preoccupazione dei genitori somari e ignoranti! E se la vaccinovigilanza attiva venisse condotta in tutte le ASL d’Italia, quanti casi verrebbero fuori? E su tutti i vaccini, anziché sul solo MPRV? E se si prolungasse oltre i 12 mesi di questo studio? E se si studiassero gli effetti a lungo termine?

Proseguo e leggo:

Nel periodo in esame, 68/656 (10,4%) eventi segnalati nell’ambito della sorveglianza attiva sono stati classificati come gravi (reporting rate = 40,67×1.000 dosi); tale proporzione è pari a 32/112 (28,6%) eventi nell’ambito della sorveglianza passiva (reporting rate = 0,12×1.000 dosi).

Mi fermo di nuovo. Su 656 segnalazioni di effetti avversi, 68 (il 10,4%) sono classificate come gravi. Significa che per il 4,07% (40,67 su mille, 40.670 su un milione) dei bambini che ha ricevuto il vaccino MPRV è stato segnalato un effetto avverso grave. Ma che cosa vuol dire “grave”? Ce lo dice lo stesso report a pagina 19:

Un evento avverso a vaccino o farmaco viene classificato come grave ove abbia determinato:

- decesso
- pericolo di vita
- invalidità grave o permanente
- anomalie congenite/deficit del neonato
- ospedalizzazione o prolungamento dell'ospedalizzazione
- altra condizione clinicamente rilevante

Ma sono tantissimi!
Quanti allora in tutta Italia? Appare chiaro che con la vigilanza
passiva si scoprono sono una minima parte dei casi gravi, ma gli
altri (molti di più) passano sotto silenzio, forse perché i danni
non vengono correlati al vaccino né dai pediatri né dai genitori.
Era un problema già rilevato negli anni ’90 da un
esperto della FDA
statunitense. Ma quante segnalazioni vengono
confermate con criteri validati dall’OMS? Insomma, quanti sono i casi
documentati di effetti avversi in Puglia, per i quali si è stabilita
la relazione causale con il vaccino? Il 73,1% del totale
delle segnalazioni,
ovvero 49 su 67 con la vigilanza attiva
e il 36,4%, ovvero 8 su 22 per quella passiva.

E veniamo al dato fuorviante e tendenzioso fornito
dal titolo dell’intervista. I casi accertati di effetti avversi gravi
sono 57 (non 56, ovvero 49 con la vigilanza attiva e 8 con quella
passiva, ma vabbè), ma il denominatore non sono i 7 milioni di
bambini vaccinati in Puglia (col che saremmo comunque a ben più di
uno su un milione), bensì solo i bambini vaccinati con MPRV, solo in
12 mesi, solo quelli partecipanti allo studio (1672, si è detto),
più un certo numero di bambini sottoposti a vigilanza passiva negli
anni 2013-2017. Una presentazione sorprendente dei dati, perché
viene taciuto il dato assai allarmante del 4% dei casi con effetti
gravi (il 2,93% accertati), che, se confermato da altri
studi analoghi su campioni più ampi, darebbe 40.670 casi
(29.306 accertati) su un milione per la prima dose di un solo
vaccino!
Se fosse stato riportato il dato corretto, quanto
il titolo dell’articolo avrebbe rassicurato i genitori? Proviamo a
leggerlo: Il primo report sugli eventi avversi da vaccino: 49
quelli gravi accertati su 1672 vaccinazioni effettuate in un anno per
la prima dose dell’MPRV (2,93% , 29.306 su un milione).

Si scopre poi che nel 91,2% delle segnalazioni gli effetti avversi sono correlati alla somministrazione di due vaccini virali insieme, l’MPRV e l’HAV (antiepatite A) e che la stragrande maggioranza dei casi (81,8% del totale) riguarda bambini di età inferiore ai due anni. Ohibò, e se avesse avuto ragione quel pazzo di Andrew Wakefield a suggerire di non vaccinare contro morbillo, parotite e rosolia prima dei due anni, per ridurre gli effetti avversi? E se non fossero poi così dementi i genitori a chiedere che non vengano iniettati troppi vaccini contemporaneamente, specie antivirali?

Si può leggere qui:

Per quanto concerne la sorveglianza attiva, 6/68 (8,8%) segnalazioni sono relative a somministrazione di singolo vaccino anti-MPRV e 62/68 (91,2%) a co-somministrazione di due vaccini (MPRV + HAV in tutti i casi). Per 67/68 (98,5%) segnalazioni di evento avverso grave pervenute nell’ambito della sorveglianza attiva è stato possibile effettuare il causality assessment, mentre questa operazione è stata effettuata per 22/32 (68,8%) segnalazioni pervenute nella sorveglianza passiva.

Nel periodo in esame, 49/67 (73,1%) eventi avversi gravi segnalati nell’ambito della sorveglianza attiva sono stati classificati come correlabili a vaccino anti-MPRV (reporting rate = 29,31×1.000 dosi); per la sorveglianza passiva, sono correlabili 8/22 (36,4%) eventi gravi segnalati (reporting rate = 0,03×1.000 dosi). […]

Delle segnalazioni di evento avverso grave correlabile alla vaccinazione, 30/56 (53,6%) sono relative a vaccinati di genere femminile. Per 55/56 (98,2%) è nota l’età al momento della vaccinazione, con 45/55 (81,8%) casi in età <2 anni, 7/55 (12,7%) tra 2 e 11 anni e 3/55 (5,5%) tra 18 e 64 anni.

Qualcuno, nel report della regione Puglia, commenta questi sconvolgenti risultati? No, assolutamente. Va tutto bene, madama la marchesa. Nessun commento, nessuna conclusione. Quasi il 40% dei bambini vaccinati con MPRV denuncia un effetto avverso, in 4 casi su 5 sotto i due anni di età; il 10,4% dei casi denunciati è grave e il 73% di essi accertato e la cosa non fa notizia? Certo, si dice che l’83,7% dei casi di effetti gravi risulta guarito dopo un anno, ma un certo numero di bambini (circa uno su cinque) non lo è affatto. Quanti sono i danneggiati gravi che non guariscono moltiplicati per tutte le dosi di tutti i vaccini di tutti i bambini italiani? Sono di più o di meno dei danneggiati dalle malattie per le quali si vaccina? Come si fa a dire che questo vaccino è assolutamente sicuro a fronte di questi dati? Non si sente la necessità di approfondire, visto che si tratta di un vaccino obbligatorio e che la Corte Costituzionale ha specificato che si può obbligare solo se il danno è minimo e transitorio? E i giornalisti, lo hanno letto il report? Lo hanno diffuso e commentato? Hanno notato la discrepanza fra il testo introduttivo, tanto rassicurante, e i dati effettivi, pubblicati in bella vista, ma occultati ai lettori distratti da un silenzio tombale sul loro significato? E le autorità sanitarie? Hanno commentato? Assolutamente nessuno lo ha fatto. Lo ha scoperto un gruppo di genitori del MOIGE, auditi dalla Commissione Sanità in Senato il 20 novembre scorso. Poi, come sempre, è calato il silenzio, a parte il rimbalzo su Internet.

E veniamo alla seconda notizia, ancora più sconvolgente. Il Corvelva, associazione veneta di genitori contrari all’obbligo vaccinale, dopo aver letto la relazione della IV Commissione Difesa, in cui si parla di gravi impurità nei vaccini, commissiona a diversi laboratori certificati alcune analisi sulla composizione dei vaccini attualmente usati come obbligatori, ricevendo un piccolo contributo (10.000 euro) anche dall’Ordine dei Biologi. Ne parla pure la rivista Nature e un solo giornale italiano, Il Tempo, vi dedica ampio spazio. Gli altri tutti zitti. Si leva subito il coro unanime delle Vestali della Scienza, che, senza aver verificato, si stracciano le vesti gridando alla bufala e all’ignoranza dei temerari esperti dei laboratori coinvolti. Repubblica parla addirittura di 130 scienziati, pezzi grossi delle Università italiane, dell’ISS, e di ben 15 istituzioni straniere, senza però elencarne i nomi, a parte 3 o 4. Il tono, come sempre, è sprezzante e mira a screditare i dati di Corvelva, ricorrendo alla solita fallacia ad personam (poiché sono dei no-vax, le loro informazioni sono “carenti e fallate” a prescindere). Risponde alle critiche una degli autori delle analisi, la dott.sa Loretta Bolgan, dottorata in Scienze farmaceutiche ad Harvard e Vincenzo D’Anna, il Presidente dell’ordine dei Biologi, ne difende il lavoro.

Ma perché tanta sdegnosa riprovazione? Perché dal laboratorio vengono fuori risultati agghiaccianti, benché del tutto provvisori, e soprattutto perché la notizia è trapelata, rompendo la spirale del silenzio. A luglio, l’analisi di due campioni di vaccino MPRV (lo stesso della Puglia) mostra almeno quattro inaccettabili non conformità: una quantità insufficiente di antigene del virus della rosolia (quindi l’inefficacia assai probabile del vaccino per questa malattia), una quantità impressionante di materiale genomico di diversa provenienza, con frammenti e intere sequenze di DNA umano (da cellule fetali necessarie per la coltivazione dei virus, una linea cellulare usata da 50 anni) e non umano (virus e retrovirus nocivi, batteri, vermi), un numero elevato (115) di sostanze chimiche estranee, fra le quali farmaci, antibiotici, diserbanti, erbicidi, acaricidi e metaboliti della morfina, benché singolarmente in minime quantità, e infine una mancanza di corrispondenza fra le varietà virali dichiarate e quelle realmente presenti, con l’eccezione del virus del morbillo, cosa che potrebbe pregiudicare sia l’efficacia sia la sicurezza dei composti. Inoltre, palesi differenze fra i lotti e una quantità molto elevata di composti non identificabili. Le analisi di altri vaccini presenta risultati ancora più sconcertanti. L’intera documentazione (ancora molto parziale) si può trovare qui.

Ma leggiamo alcuni passi della relazione sulle analisi metagenomiche di secondo livello, che sostanzialmente confermano quelle di primo livello:

Il Priorix Tetra è il vaccino con più alta quantità di DNA estraneo contaminante (DNA totale estratto da 3.7 μg a 1.7 μg, di cui il 88% è umano, quindi proveniente dalle cellule MRC-5, e il restante 12% proviene da microorganismi avventizi, quali virus, batteri, vermi).

Il DNA genomico umano è ad alto peso molecolare sopra i 60.000 bp. e la totale copertura in sequenza dell’intero genoma umano di riferimento (HG-19) dimostra che è l’intero genoma delle cellule fetali utilizzate per la coltura dei virus vaccinici ad essere presente e non solo porzioni di esso .

Dalla risposta dell’EMA al nostro quesito sui limiti imposti ai residui di materiale genetico estraneo nei vaccini risulta che di fatto non ci sono dei limiti per ciascun vaccino ma solo per alcuni, riportati nelle monografie del prodotto; il limite massimo previsto varia da 10 pg a 10 ng , sulla base del calcolo teorico della possibilità da parte del DNA genomico estraneo di causare mutazioni oncogeniche.

È da notare che le autorità regolatorie non richiedono che queste contaminazioni vengono testate nel prodotto finale, ma solo nella fase di preparazione iniziale, e che per i vaccini a virus attenuati la purificazione di queste contaminazioni sono un passaggio critico. L’EMA non ha fornito studi specifici sulla pericolosità del DNA residuo fetale, che consentano di valutare il rischio per la salute umana di queste contaminazioni, perciò tale limite rimane ad oggi arbitrario.

Ne segue che per questi due lotti di Priorix Tetra risulta circa 140 volte superiore al limite massimo di 10 ng e ben 140.000 volte superiore al limite minimo di 10 pg. […]

1. Il genoma del virus del morbillo contenuto nel vaccino è identico alla sequenza del ceppo Edmonston Schwartz depositato nelle banche dati avente numero di accessione AF266291. Il numero di varianti rilevate è stato infatti pari a 0;

2. Il genoma del virus della parotite contenuto nel vaccino ha mostrato una singola mutazione rispetto al ceppo virale Jeryl-Lynn presente nelle banche dati pubbliche con il numero di accessione AF338106.1;

3. Il genoma del virus della rosolia non è stato rilevato;

4. Il genoma del virus della varicella contenuto nel vaccino ha mostrato quattro mutazioni rispetto al Human herpesvirus 3 presente nelle banche dati pubbliche con il numero di accessione AB097932.1.

La sequenza degli antigeni/genomi virali è un dato strettamente confidenziale che non viene fornito dall’EMA. Non sono disponibili linee guida che regolamentano l’analisi delle mutazioni genetiche e lo studio degli effetti sulla salute umana.

L’elevata frequenza di mutazioni genetiche nei virus e nei batteri, nonché nel DNA delle linee cellulari in coltura, è un problema di grande rilevanza per quanto concerne la sicurezza, in quanto non è noto come le varianti eventualmente riscontrate possano modificare la capacità infettiva e la stimolazione del sistema immunitario verso reazioni autoimmuni.

È certamente possibile che le analisi siano incomplete, come peraltro dichiarato dal Corvelva, che vadano integrate, approfondite o migliorate, come rilevato dagli esperti che hanno criticato la metodologia di analisi o le conclusioni, ma il punto non sta nella correttezza delle analisi, quanto nell’assenza di risposta delle autorità di vigilanza sui vaccini, Ministero, AIFA e ISS in testa, che avrebbero prima di tutto dovuto rispondere con un minimo di preoccupazione, anziché con il silenzio alle missive del Corvelva che presentavano i primi risultati provvisori (si tratterebbe infatti come minimo di una frode e di una minaccia alla salute pubblica, se le cose stessero così; materia penale, insomma, alla quale le grandi multinazionali farmaceutiche non sono certo nuove) e avrebbero dovuto presentare subito al pubblico i risultati delle analisi effettuate nei propri laboratori, a smentita di quanto divulgato dall’associazione veneta, e predisporre subito delle controanalisi degli stessi lotti vaccinali. Ma ci sono queste analisi, effettuate da istituzioni pubbliche e non solo dai produttori di vaccini? Qualcuno le vuole mostrare e mettere così a tacere subito il Corvelva? C’è qualcuno che si preoccupi della salute dei bambini e che controlli i singoli lotti di prodotto finito in un laboratorio pubblico? Questo il Corvelva vuole sapere, e questo vorrebbero sapere molti cittadini, se la stampa facesse il suo dovere. Invece di affermare indignati che le analisi non sono valide, senza nemmeno averle verificate, occorre mostrare che non lo sono, presentando quelle valide. E c’è una bella differenza. Non si risponde chiedendo un atto di fiducia, quando le accuse sono così gravi; si danno prove scientifiche, ovvero i report delle analisi effettuate nei laboratori pubblici. La ragione di questa richiesta è semplice, e ci porta alla terza gravissima questione sulla quale la stampa tace.

Negli Stati Uniti, nel 1986, sotto la presidenza Reagan, venne approvato il Vaccine Injury Compensation Act, spesso ricordato con la sigla VICA. La legge era richiesta a gran voce dalle aziende produttrici di vaccini, a causa del sempre più elevato numero di cause legali loro intentate dai danneggiati da vaccino (tanto numerosi da costituire una minaccia seria per i profitti dei produttori). Così la legge stabilì che le aziende farmaceutiche non dovessero rispondere legalmente per i danni da vaccino. Il Presidente e il Congresso erano consapevoli del fatto che questo anomalo privilegio avrebbe potuto costituire un pericolo per la salute delle persone, disincentivando di fatto le aziende dal garantire la qualità e la sicurezza dei vaccini; per questo, sulla base del principio checks and balances imposero dei vincoli e dei controlli, e stabilirono che lo Health and Human Services Department (il Ministero federale per la salute) costituisse una task force insieme al NIH (National Institute of Health) per garantire due obiettivi fondamentali: favorire la produzione di vaccini sempre migliori e ridurre al minimo i danni da vaccino. Il compito della task force era

“make or insure improvements in and otherwise use the authority of the secretary with respect to the licensing, manufacturing, processing, testing, labeling, warning, use instructions, distribution, storage, administration, field surveillance, adverse reaction reporting, and recall of reactegenetic lots , or batches of vaccines, or research on vaccines in order to reduce the risk of adverse reactions to vaccines.”

Doveva, insomma, controllare, come organo pubblico, che ogni singolo preparato vaccinale fosse sicuro. La legge stabilì perciò che ogni due anni l’HHS dovesse consegnare al Congresso il report completo di tutte le azioni di sorveglianza e controllo effettuate nei due anni precedenti. Si trattava di un importante strumento di tutela della salute pubblica, uno degli atti più importanti di un Dipartimento federale per la Salute.

“Within two years after this signing declaration on December 22, 1987, and periodically thereafter, the Secretary shall transmit to the Committee on Energy and Commerce of the House of Representatives, and the Committee on Labor and Human Resources of the United States Senate, a report describing the actions taken pursuant to section A during the preceding two year period.”

Robert Kennedy Jr, rampollo della nota famiglia e affermato avvocato, critico nei confronti delle politiche vaccinali, decide di fare richiesta all’HHS di questi documenti, dal 1987 ad oggi, avvalendosi della legge sulla libertà di informazione, che stabilisce 20 giorni come termine per la risposta (Freedom of Information Act o FOIA). Non avendo avuto alcuna risposta dopo un anno, nonostante numerosi solleciti, Robert Kennedy e la sua associazione decidono di rivolgersi al giudice. E finalmente la risposta arriva: non esiste alcun report sulla sicurezza dei vaccini, dal 1987 ad oggi. Punto. 

“The department’s search for records did not locate any records responsive to your request. The Department of Health and Human Services (HHS), Immediate Office of the Secretary (IOS) conducted a thorough search of its document tracking system and the Department also conducted a comprehensive review of all relevant indexes of HHS Secretarial correspondence records maintained at federal record centers that remain in the custody of HHS. These searches did not locate records responsive to your request, or indicate that records responsive to your request and in the custody of HHS are located at federal records center.”

[qui il testo in Italiano, con il commento di Robert Kennedy Jr]

E allora chi li fa questi controlli sulla sicurezza? Nessuno, risponde l’avvocato Kennedy. Da 32 anni nessuno controlla in modo indipendente dalle aziende la sicurezza dei preparati vaccinali, mentre per tutti gli altri farmaci i controlli sono molto stretti e vincolanti. E poiché negli USA le segnalazioni di danni da vaccino furono 59.711 solo nel 2016, di cui 432 morti, se si prende per buona la parola dell’HHS che sono l’1% di quelli reali, per via dell’assenza di una vaccinovigilanza attiva, questo significa che potrebbero essere 5,9 milioni i danneggiati da vaccino in un solo anno; 43.200 i morti, dice Robert Kennedy.

Potrebbe interessare ai cittadini italiani una notizia di questo genere? Perché allora la stampa nostrana la passa sotto silenzio, invece di approfondirla e magari smentirla con altri dati, se ci sono? Che quanto dice Robert Kennedy sia vero o falso tocca alla stampa verificarlo. Ma non può ignorare un fatto così dirompente. Come mai l’AIFA non ha presentato il giorno dopo l’articolo su Il Tempo i report di sicurezza a sua disposizione su quei lotti per rassicurare l’opinione pubblica? Sarebbe così semplice smentire il Corvelva… E perché Repubblica non sollecita la pubblicazione di questi documenti, anziché screditare le analisi del Corvelva? Tocca allo Stato e all’AIFA e all’ISS che ne sono espressione garantire la sicurezza dei vaccini e produrre prove dei controlli effettuati, non ai cittadini fornire prove della loro eventuale dannosità o della correttezza delle proprie analisi. Non è questo il loro compito istituzionale? Si tratta di un trattamento sanitario obbligatorio, per di più pagato con denaro dei contribuenti, e le aziende produttrici sono private, per di più pluricondannate in passato! Con il precedente americano, non è che si possa stare troppo tranquilli; inoltre, detto per inciso, nemmeno da noi le aziende rispondono dei danni da vaccino e a pagare siamo noi cittadini (con gli esigui fondi appositamente stanziati dallo Stato), per i pochi danneggiati che riescono a spuntarla contro l’Avvocatura dello Stato e che possono permettersi il costo di una causa spesso pluridecennale (pochi danneggiati riconosciuti dai tribunali rispetto al totale, ma molti in cifra assoluta).

Invece di fornire dati, questa è stata la risposta pubblica dell’AIFA, commentata dal giornalista Franco Bechis, autore dell’articolo de Il Tempo.

Le autorità preposte effettuano controlli durante tutto il ciclo produttivo del vaccino. Inoltre, prima della distribuzione sul mercato, ogni singolo lotto è sottoposto a un ulteriore doppio controllo effettuato, in modo indipendente, sia dall’azienda produttrice che da una rete internazionale di laboratori accreditati, a loro volta controllati da altri enti (in Italia l’Istituto Superiore di Sanità). Solo i lotti che superano positivamente tali controlli possono essere commercializzati.

e questa la risposta di Vincenzo D’Anna:

“Nel confermare la bontà dell’iniziativa scientifica sostenuta dall’ONB – aggiunge il presidente dei Biologi – formalmente e pubblicamente invito uno o più sottoscrittori del documento di censura ad esibire, ad horas, le analisi sui vaccini in uso così come prescritto dalla norma riguardante le autorizzazioni per l’immissione in commercio dei farmaci. Analisi che ovviamente non siano state esibite dagli stessi produttori o da laboratori accreditati finanziati da quegli stessi produttori”. Insomma, precisa il senatore “analisi che siano eseguite da quelle istituzioni pubbliche preposte al controllo di qualità ed alla farmacovigilanza prevista dalla legge”.

Questa invece la risposta di Loretta Bolgan all’AIFA:

Quanto al fatto che l’EMA abbia risposto a luglio 2018 faccio presente che l’EMA [l’Agenzia europea del farmaco] ha sottolineato che è di competenza dell’AIFA rispondere alle nostre domande per quanto riguarda il Priorix tetra perchè di registrazione nazionale. E l’AIFA risponde non con i dati analitici fatti sui lotti e studi di sicurezza alla mano (visto che come da loro asserito i controlli sono già stati effettuati dai produttori, dai laboratori accreditati, pagati dai produttori, e dall’ISS, spero non pagati anche questi dai produttori), ma dicendo che l’EMA ci ha già risposto e che non prenderanno in considerazione i nostri dati finchè non pubblicheremo.

Questo infine il carteggio fra Corvelva e ISS (Istituto Superiore di Sanità).

Come ho sempre sostenuto nei miei precedenti articoli sull’obbligo vaccinale, qui non siamo di fronte ad una questione scientifica, ma ad una questione politica, etico-giuridica e di libertà dell’informazione; alla fine, forse anche penale (ancora un volta, come spesso in passato), se le analisi di Corvelva avessero ragione. Non si può obbligare nessuno ad un trattamento medico non necessario alla sopravvivenza, né per il proprio né per l’altrui vantaggio, perché il corpo è inviolabile e superare la barriera con i vaccini apre ad altre e più pericolose violazioni; né si può limitare l’esercizio di un diritto civile come il diritto all’istruzione per costringere a compiere un’azione contraria alla propria volontà e di dubbia sicurezza per la propria incolumità. Nemmeno un solo danno grave e permanente da vaccino è eticamente giustificabile se la vaccinazione è obbligatoria, e il report della Regione Puglia apre scenari davvero inquietanti al proposito. In ogni caso, non è una decisione medica stabilire la soglia del sacrificio accettabile.

Ma che la stampa continui a fare propaganda, anziché informazione, e a nascondere informazioni determinanti per la pubblica opinione è insopportabile e pericoloso. Non si tratta qui di diffondere bufale, come si dice ovunque sui media nazionali con beffarda e falsa indignazione, ma di riferire ai cittadini informazioni fondamentali e dovute che provengono da atti pubblici (relazione della IV Commissione parlamentare della Difesa, report della Regione Puglia, report di sicurezza di AIFA, risposta sconvolgente del HHS statunitense) o rendere palesi manifeste falsità provenienti da istituzioni e personaggi pubblici, come le affermazioni inaccettabili del Ministro Lorenzin sui presunti 270 morti per morbillo in Inghilterra e del presidente dei Pediatri italiani sui 3 o 4 casi di effetti avversi ogni 20 anni.

Se non altro, le analisi del Corvelva hanno il merito di aver rotto
il muro di fallacie propagandistiche e di affermazioni dogmatiche (e
dogmaticamente false) con le quali si è finora impedito un dibattito
serio sulle vaccinazioni obbligatorie. Su Internet e sui social
network
molti esperti hanno dovuto entrare nel merito, anche
solo per criticare. Questo è sano e rende onore alla scienza e alla
democrazia, mentre le disonorano l’espellere dall’Ordine i medici che
presentano dati scomodi o l’insultare qualunque voce critica. Ma,
ripeto, occorre alzare lo sguardo: il problema – gravissimo e
gravemente minaccioso per tutti noi – è quello dell’informazione
manipolata, non la falsa e artificiosa contrapposizione
pro-vax/no-vax.

I giornalisti onesti e coraggiosi sono il sale della democrazia costituzionale; è di essi che abbiamo assolutamente bisogno. E se ce ne sono, com’è certo, che si facciano avanti.

L’obbligo vaccinale: come orientarsi fra le diverse posizioni in campo? [parte quarta]

Un esempio di informazione fuorviante sui vaccini. Il denominatore è infatti diverso per i due tipi di dati, data la diversa numerosità della popolazione considerata. I vaccinati per anno sono molto più numerosi degli ammalati (da 100 a 500 volte). Si devono considerare perciò solo i casi in numero assoluto. Nella riga superiore, si parla del numero di encefaliti o di morti ogni mille ammalati (per il morbillo, vuol dire in cifra assoluta da 1 a 5 casi l’anno in Italia rispettivamente, a seconda del numero di casi/anno, che vanno da meno di 1000 a 5000 circa); nella riga inferiore, si parla solo di alcuni tipi di reazioni avverse, e non le più gravi (bisognerebbe infatti prima sapere quante sono – cosa che nessuno sa – e poi sommarle tutte), e per di più sul totale o quasi della popolazione vaccinata, che è costituita da milioni di individui (500 mila nati circa all’anno). Se al denominatore mettiamo 500 mila (i nati in un anno, pressoché tutti vaccinati), per sapere quante sono le reazioni avverse dobbiamo moltiplicare il numeratore delle convulsioni febbrili di almeno 125 volte (500mila/4mila) e quelli della trombocitemia transitoria per 12,5 volte (500mila/40mila). Cioè rispettivamente 125 e 12,5 casi/anno di bambini danneggiati in cifra assoluta, sommariamente. Moltiplicati per tutti gli anni della vaccinazione di massa, a parità di numero di vaccinati per anno. Sappiamo con certezza che il dato è grandemente sottostimato. Il Report della Regione Puglia quantifica gli effetti avversi gravi per l’MPRV sicuramente correlati al vaccino nel 3% dei vaccinati, ossia 30 mila su 1 milione (15mila su 500mila vaccinati) in 12 mesi.

Prosegue qui l’articolo L’obbligo vaccinale: come orientarsi fra le diverse posizioni in campo? [parte terza]. Dopo l’analisi delle prime tre questioni in campo, riprendiamo con altre tre.

4. Perché escludere dalla scuola d’infanzia e dall’asilo nido i bambini non vaccinati?

COE. Il vero fine della legge è consentire una riduzione dei pericoli per la propria salute a quegli studenti affetti da patologie che controindicano le vaccinazioni e che hanno nei compagni immunizzati l’unica barriera contro le infezioni. Poiché i bambini non vaccinati non forniscono tale barriera, è opportuno che stiano a casa. Anzi, nemmeno nei gradi superiori di scuola dovrebbero essere ammessi, per le stesse ragioni. I non vaccinati sono pericolosi.

TOL Francamente, si poteva anche soprassedere. I bambini frequentano molte persone e molti ambienti e non è certo la scuola l’unico nel quale si possono diffondere malattie. Poi, i bambini immunodepressi possono ammalarsi di qualunque cosa e purtroppo richiedono protezione continua.

LIB e RAD Questo argomento è un esempio evidente della malafede con la quale è stato affrontato il problema. È falso e criminale dire che i bambini non vaccinati siano pericolosi per i pochissimi bambini immunodepressi che frequentano le scuole. In realtà, i bambini non vaccinati sono mediamente più sani di quelli non vaccinati, come mostrano molte ricerche indipendenti e l’esperienza clinica di tanti medici scrupolosi (per esempio, i 120 che firmarono con Roberto Gava una lettera a Walter Ricciardi, presidente dell’ISS , ottenendo, per tanta eretica blasfemìa, l’immediata scomunica mediante radiazione dall’albo del primo firmatario), sempre osteggiate e attaccate dai ricercatori delle case farmaceutiche e dai centri di ricerca pubblici come il CDC americano (il Center for Desease Control, che si occupa di salute pubblica), che da 50 anni rifiutano di condurre studi comparativi seri fra vaccinati e non vaccinati (gli studi comparativi che vengono fatti in quei contesti sono infatti non di rado condotti in modo scorretto, confrontando gruppi di soggetti tutti vaccinati o aggiustando in modo acrobatico i dati in modo da ottenere il risultato desiderato o utilizzando campioni di grandezza molto diversa, quindi non confrontabili, quando non sono del tutto fraudolenti come quello di Thorsen sull’autismo richiamato più avanti, al punto 5). A portare nelle scuole i virus e i batteri sono infatti i bambini appena vaccinati, perché, come si è detto, la maggior parte dei vaccini è studiata per offrire protezione personale contro la malattia, non per impedire la circolazione dell’agente patogeno, che circola tanto fra i vaccinati che fra i non vaccinati. Ma di questo nessuno si preoccupa di avvisare i genitori (i foglietti illustrativi di alcuni vaccini raccomandano di tenere i bambini lontani da coetanei e donne incinte per parecchi giorni dopo l’inoculazione del vaccino), segno che la salute degli immunodepressi è un pretesto pietoso e peloso per una finalità diversa.

Escludere i bambini non vaccinati dall’asilo nido e dalla scuola d’infanzia, oltre ad essere un’odiosa discriminazione che viola almeno 3 o 4 principi costituzionali (come dice il Presidente emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena), è una forma di vergognoso ricatto per i genitori inadempienti, per costringerli a far vaccinare i figli. Punto. Niente più di questo. È criminale però che si trattino i bambini sani non vaccinati come degli untori. Lo Stato ha il dovere di proteggere questi piccoli cittadini dalla discriminazione, invece si è assistito a scene vergognose di espulsioni dalla scuola da cui erano già iscritti. E qui si vede la qualità morale e la bassezza politica di chi ha ideato questa legge. Roba da leggi razziali fasciste.

5. Esistono o no gli effetti avversi?

COE. Praticamente sono inesistenti e al più di lieve entità. Al massimo 3 o 4 negli ultimi vent’anni (dott. Alberto Villani, Presidente della Società Italiana di Pediatria). Generalmente i vaccini sono tollerati molto bene e non causano alcun disturbo; tuttavia possono provocare talvolta reazioni fastidiose, ma temporanee come rossore e gonfiore nel punto di inoculo, reazioni generali come febbre, agitazione o sonnolenza. Gli effetti collaterali più gravi, come lo shock anafilattico o alcune manifestazioni neurologiche, sono assolutamente eccezionali e certamente molto meno frequenti delle complicanze provocate dalla malattia stessa. Se compare un grave disturbo per es. neurologico dopo la vaccinazione, o peggio la morte, non dipende quasi certamente da essa, perché le vaccinazioni non hanno effetti così gravi e successione temporale non significa causalità. La letteratura scientifica è concorde sul fatto che i vaccini siano sicurissimi. Ci aveva provato quel dottor Wakefield a dire che il vaccino MPR (morbillo-parotite-rosolia) causa l’autismo, ma è stato sbugiardato da studi successivi, e meno male, perché molti genitori stavano smettendo di far vaccinare i figli con l’MPR. Si possono fare tutte le vaccinazioni che si vuole senza alcun danno. Sia nel caso dei militari che in quello dei bambini naturalmente vaccinati, le stimolazioni vaccinali non evidenziano scostamenti significativi dal resto della popolazione. Quindi, ricordiamo: non allergie, non malattie autoimmuni, non maggior frequenza di altre malattie in genere (Sen. Cattaneo, p. 40). Si può vaccinare tranquillamente un soggetto già immunizzato per via naturale. L’unico effetto che si produce ripetendo una vaccinazione in un soggetto immunizzato – e non c’è alcuna differenza tra immunità naturale da malattia e immunità da vaccino – è un aumento delle difese immunitarie (Sen. Fucksia, p. 15). È stato calcolato che potremmo vaccinare contemporaneamente in tutta sicurezza un bambino con diecimila vaccini, ma purtroppo ne abbiamo molti di meno. (prof. Burioni). 

TOL. Sono rari e normalmente non gravi. Però esistono senz’altro. Si tratta pur sempre di farmaci. Comunque bisognerebbe monitorare attentamente e invitare i genitori a segnalare qualunque anomalia essi ravvisino nei loro figli. Senza una sorveglianza efficace è difficile sapere quanti sono esattamente.

LIB e RAD. Come sempre, nelle dichiarazioni ufficiali, sul rapporto rischi-benefici, la bilancia ha una pietra dal lato dei benefici e una piuma dal lato dei rischi. La paura delle malattie coperte dai vaccini viene ingigantita, con una strategia ben collaudata (si veda questa presentazione del CDC, a pag. 8, in inglese e in italiano o questo poster del prof. Paolo Bonanni), così la gente non si mette a fare i conti e ad indagare, mentre viene taciuta l’informazione sugli effetti avversi. In realtà nessuno sa quanti siano realmente, perché non c’è alcun interesse a individuarli e la segnalazione viene spesso scoraggiata. Abbiamo solo delle stime, estremamente al ribasso.

Però nel 2018 è uscito in Italia uno studio ufficiale (uno dei pochissimi, ovviamente) di vaccinovigilanza attiva, ovvero di monitoraggio costante delle reazioni alla somministrazione della prima dose del vaccino MPRV per 12 mesi, condotto dalla Regione Puglia e relativo al 2017. Risultato: 40% di reazioni avverse al vaccino, 4% del totale quelle gravi, di cui i tre quarti sicuramente collegate al vaccino, in base ai parametri OMS. Un’enormità. E sono solo quelle che si presentano nei primi 12 mesi. Di quelle a lungo termine non si sa nulla. Vuol dire 3 su 100, ovvero 30.000 casi su un milione di bambini vaccinati. Altro che uno su un milione! Eppure, questi dati assai preoccupanti vengono collocati in fondo al Report (pp. 27 e seguenti), senza alcun commento, come se non avessero alcuna importanza. Nella presentazione che ne viene data su Quotidiano Sanità, appaiono completamente annacquati, con una procedura sconcertante, come si può verificare in questo articolo di analisi. E chi va a controllare con la calcolatrice in mano?

Sugli effetti avversi si possono fare diverse considerazioni: la prima, si evince dalla storia delle campagne vaccinali, che però non compare negli opuscoli ad uso del popolo. Quanti sanno, per esempio, che la vaccinazione Salk contro la poliomielite a metà anni ‘50 fu un disastro, perché il virus, rimasto vivo dopo un trattamento che doveva ucciderlo presso l’azienda Cutter (ma non solo questa), provocò moltissimi casi di poliomielite (220.000) nei bambini vaccinati, più di quanti ne avesse colpiti il virus selvaggio (lo dice Paul Offit, il più famoso dei pediatri americani “vaccinisti”: Paul Offit, MD, The Cutter Incident, Yale University Press, 2005, p. 86)? E che, sempre secondo Paul Offit, 70.000 di loro svilupparono debolezza muscolare, 164 andarono incontro a paralisi severa e 10 morirono? E che il 75% delle vittime dell’incidente Cutter rimasero paralizzati per il resto della loro vita? E che il governo americano autorizzò il vaccino, nonostante lo studio condotto in Michigan su oltre 1 milione di bambini avesse riscontrato un numero più elevato di casi di polio fra i vaccinati che fra i non vaccinati? E che si ritiene che l’87% dei casi di polio dal 1970 negli USA derivino dall’uso del vaccino antipolio (Sabin)? E quanti sanno che il poliovirus, endemico in molte zone del mondo e relativamente innocuo in condizioni normali, provoca paralisi in determinate situazioni di rischio, fra le quali le iniezioni, le vaccinazioni DTP (diferite-tetano-pertosse), la tonsillectomia (questo lo dice in un impeto di sincerità anche l’OMS)? Vuol dire che, in assenza di condizioni sfavorevoli, per lo più non fa danno. E quanti sanno che decine di milioni di dosi di vaccino Salk (e più tardi un certo numero di dosi di vaccino orale Sabin) fra gli anni 1955 e 1963 furono infettate con il virus SV40, un virus di scimmia che potrebbe essere la causa di migliaia di casi di mesotelioma pleurico, tumori al cervello, linfomi non-Hodgkin e osteosarcomi? E che il virus sembra possa essere diffuso non solo tramite vaccino, ma anche tramite infezione orizzontale?

La letteratura scientifica è concorde su tre aspetti: che l’SV40 è arrivato nell’uomo tramite il vaccino antipolio, che è stato trovato nei 4 tipi di tumori indicati e che i test fatti su animali di laboratorio con l’SV40 hanno mostrato il rapido sviluppo di questi 4 tipi di tumori. Si discute invece su quanto sia rilevante l’effetto cancerogeno sull’uomo. Nutrono ancora dei dubbi le autorità sanitarie statunitensi (CDC e NCI), ma esiste ormai una vasta letteratura al riguardo, anche in Italia. E che “sotto il profilo epidemiologico, in Italia i trends di mortalità per tumore della pleura sono raddoppiati negli ultimi 20 anni. In Europa è prevista, nei prossimi anni, una vera e propria epidemia: il numero totale di morti attese per tumori pleurici tra il 1995 e il 2029 è pari a 190.200, di cui 28.300 in Italia” (Fonte: DICIOTTO Notiziario Aziendale ULSS 18 di Rovigo anno 6 – n. 21 agosto 2000 pag. 22-23)?

Di questi argomenti così poco dotati di appeal al di fuori dei convegni medici non si sente parlare quando si magnifica la sicurezza dei vaccini. Sulla base dei dati ISTAT in Italia i morti complessivamente per poliovirus fra il 1924 e il 1972 furono 14.631 (non si sa quanti dei quali provocati dalla vaccinazione), contro i 28.300 tra casi di morti previste o avvenute per mesotelioma, che sono solo una parte dei possibili danni da vaccinazione Salk (si ricordi dei tumori cerebrali, dei linfomi e degli osteosarcomi). Da che parte penda la bilancia costi/benefici, lo giudichi ciascuno da sé (per la storia dell’SV40, si può leggere qui).

Certo, si dirà che oggi i vaccini sono più sicuri. Cosa, peraltro, messa in dubbio dalle analisi dei prodotti vaccinali somministrati attualmente in Italia commissionata dal CORVELVA presso diversi laboratori indipendenti e i cui risultanti sono molto preoccupanti. Anche questo, nel silenzio assordante delle autorità sanitarie. E certamente non bisogna generalizzare; non tutti i vaccini sono uguali. Ma occorre ricordare che, negli anni ‘50, la propaganda governativa statunitense aveva gli stessi toni trionfalistici di ora. Si legga questo resoconto di un panel fra medici della Sanità pubblica statunitense nel 1960 sulla vaccinazione Salk. E che non si tratta dell’unico caso. Si potrebbe per esempio approfondire la vaccinazione antivaiolosa. L’eradicazione del vaiolo in Africa, per esempio, come racconta anche il sito Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità fu reso possibile dall’effetto combinato dell’isolamento delle persone infette e della vaccinazione selettiva, non dalla vaccinazione di massa, che presentava un elevato numero di effetti avversi e in non pochi casi provocava più morti della malattia. Nel frattempo, vengono periodicamente ritirate partite di vaccini pericolosi, le cause civili di indennizzo aumentano ovunque, nonostante si faccia di tutto per negare ogni correlazione con le vaccinazioni (quasi 4 miliardi di dollari di risarcimenti negli USA), le autorità sanitarie non hanno letteralmente idea di quanti siano i danni da vaccino, perché ne vengono segnalati solo una piccola parte (si calcola ottimisticamente un decimo di quelli reali, ma alcuni studi condotti sui dati VAERS, il programma di vaccinovigilanza passiva USA, fra cui quello di Kessler, ex commissario della FDA, stimano una segnalazione del 2 o dell’1% dei casi effettivi di danni gravi, il che vorrebbe dire che ne sfuggono il 98 o il 99%) e i medici preposti non sempre raccolgono volentieri le poche segnalazioni (ai genitori viene detto che, se il problema è grave, non può essere il vaccino, per cui non collegano subito il problema del figlio alla vaccinazione).

L’evidente sproporzione di effetti avversi registrati fra il Veneto, che ha un buon sistema di vigilanza post-vaccinale attiva, e le altre regioni dimostra che l’AIFA non è in grado di garantire neppure un monitoraggio uniforme sul territorio nazionale. Molti danni a lungo termine, come le patologie autoimmuni o oncologiche, non si possono prevedere, perché spesso le patologie hanno cause plurime e complesse e possono dipendere dall’interazione di fattori genetici e ambientali. Scoprirli richiede studi lunghi, accurati e indipendenti (le case farmaceutiche non hanno interesse a condurli).

Per fare un esempio, anni o decenni dopo la vaccinazione antivaiolosa un certo numero di persone vaccinate presentano tumori nella cicatrice vaccinale. Una serie di studi, riguardanti la relazione fra diverse sostanze, fra cui i vaccini, e i tumori si trova qui. Come si potevano prevedere allora? Quando non si sa, meglio essere prudenti! Perciò, somministrare i vaccini in modo indiscriminato nella popolazione aumenta sensibilmente il rischio (l’SV40 ce lo mostra vividamente) ed è contrario al principio medico basilare della personalizzazione della cura. La variabilità genetica della popolazione rende la vaccinazione di massa uguale per tutti – come per i polli in batteria – simile ad una roulette russa. Il ragionamento delle autorità sanitarie è questo: “Se hai i geni sbagliati, peggio per te! È evidente che non è colpa del vaccino” (!). L’adversomica, ovvero l’immunogenetica degli eventi avversi da vaccino, è ancora ai primi passi. E se non si possono ancora prevedere le vulnerabilità genetiche che rendono più probabili i danni da vaccino, perché somministrare lo stesso farmaco a tutti? Nessuno ha il diritto di sacrificare la salute o la vita di qualcun altro per un ipotetico vantaggio collettivo, tutto da dimostrare. Sarebbe come prendere il primo passante che capita per espiantargli gli organi a favore di altri 5. E fra i risarciti per danno vaccinale, come nell’incidente Cutter, ci sono pure i morti. Per una riflessione d’insieme sugli effetti avversi da vaccino si può leggere qui.

Infine, sul caso Wakefield si dimentica, come dice la dottoressa Gabriella Lesmo, madre di un bambino diventato autistico dopo la vaccinazione, che

“il dottor Andrew Wakefield (…) assieme ad altri colleghi londinesi evidenziò la presenza di virus del morbillo nei linfonodi intestinali di bambini autistici con malattia infiammatoria intestinale (…) questa prima parte del lavoro di Wakefield fu confermata, sin da allora, da un immunologo universitario giapponese, il Dr Kawashima. Questi fu in grado di identificare il virus del morbillo riscontrato nei linfonodi ileali ed era il virus vaccinale. In tempi recenti i lavori londinesi di Wakefield sono stati riabilitati ed il suo allora primario londinese ha avuto la meglio contro chi lo volle cacciare.

Per dovere di verità ricordo anche che alcuni studi danesi, citati per anni a dimostrazione della inesistente correlazione tra vaccinazioni e insorgenza di autismo si sono rivelati FALSI. Il principale autore degli studi danesi fu il Dr. Paul Thorsen, attualmente latitante, che figura nella lista dei maggiori ricercati dalla FBI, contro cui è stato spiccato mandato di cattura per una lunga serie di reati federali contestatigli negli Stati Uniti, in merito alle ricerche sull’Autismo. Lo “scandalo nello scandalo” è emerso altresì dalle dichiarazioni del Deputato americano Bill Posey, membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato della Florida che traduco, l’originale lo trova in rete. “… Se leggete le e-mail e i dati relativi alle riunioni, nonché le disposizioni finanziarie che questo truffatore ha intrattenuto con il CDC, vi farà assolutamente venire il voltastomaco. Costui non era un ricercatore qualunque. Costui era l’uomo chiave del CDC in Danimarca. Costui era strettamente legato ai migliori ricercatori nell’ambito della sicurezza dei vaccini del CDC … e Thorsen ha cucinato gli studi per produrre i risultati che volevano diffondere. A loro non importava se gli studi fossero validi o quanto veniva pagato per manipolarli dall’inizio”.

Per una ricostruzione del caso Wakefield si può leggere qui. Un video molto documentato e illuminante invece si può seguire qui. Il documentario Vaxxed, che racconta il caso Wakefield, è stato censurato ovunque. Evidentemente espone una verità scomoda. Molti studi hanno confermato i risultati delle ricerche di Wakefield, il cui unico torto è stato quello di invitare i genitori ad utilizzare il vaccino monovalente per il morbillo, anziché il più costoso e sponsorizzato trivalente MPR, che mostrava un elevato numero di effetti avversi. Ci si può chiedere perché le autorità sanitarie non mostrino altrettanta solerzia a screditare studi certamente fraudolenti come quello di Thorsen.

La controversa questione della relazione fra i vaccini e l’autismo regressivo, ovvero quel particolare tipo di encefalopatia, distinta dall’autismo primario, che si manifesta in bambini con uno sviluppo prima normale, che è in drammatico aumento negli USA, è ben lungi dall’essere risolta.  Secondo i dati ufficiali  USA si è passati da 1 caso di autismo su 10.000 40 anni fa a 1 su 68 nel 2012 a 1 su 41 nel 2014. In Italia i casi sono in aumento, ma non si sa quanti siano). Non si è arrivati ancora a nessuna conclusione definitiva né in senso né nell’altro, ma gli studi che hanno riscontrato questa relazione esistono e sono numerosi. Alcuni hanno confermato le scoperte di Wakefield. Per chi vuole farsi un’idea del problema, può essere utile questo documentario.

“La letteratura scientifica attuale conferma l’evidenza clinica che quanto maggiore è il numero di vaccini somministrati contemporaneamente e quanto più è piccolo, immaturo e/o nato prematuramente il bambino, tanto maggiori sono i rischi di reazioni avverse: ospedalizzazione per gravi patologie o addirittura morte, specialmente quando il vaccino antiepatite B viene somministrato alla nascita” (G. Tarro, 10 cose da sapere sui vaccini, Newton Compton, 2018, pp. 182-183).

Lo studio assai importante di Goldman e Miller, condotto sui dati VAERS, pur rilevando la grave sottostima dei dati reali, indica in 65 ogni 100.000 bambini vaccinati i casi di reazione avversa grave o gravissima segnalati (ospedalizzazione o morte). Secondo i due autori dello studio,

mentre ogni vaccino per neonati è stato sottoposto individualmente a studi clinici per valutarne la sicurezza, non sono stati condotti studi clinici per determinare la sicurezza (o l’efficacia) dei vaccini multipli, la cui somministrazione viene raccomandata dalle linee guida dei CDC [traduzione di Giulio Tarro, p. 185].

Poiché la maggior parte degli effetti avversi da vaccino si verificano nei neonati, perché non ritardare nel tempo le vaccinazioni? Era questa una delle richieste di Wakefield. Con un sistema immunitario più maturo, ci vorrebbero fra l’altro meno dosi (1 invece di 3 o 4) e per parecchie malattie non c’è urgenza reale di vaccinare. Ma non è che sia proprio somministrare un maggior numero di dosi la priorità delle aziende farmaceutiche?

Molti ricercatori hanno svolto studi sui danni da vaccino. Ce ne sono migliaia, e per molti di loro questa scelta mette a rischio la carriera e chiude parecchie porte. Si possono ricordare come esempio il prof. R. K. Gherardi, che ha studiato la miofascite macrofagica come effetto dell’inoculazione di sali di alluminio (adiuvanti dei vaccini); il prof. Yehuda Schoenfeld, uno dei più autorevoli esperti di malattie autoimmuni al mondo, che ha raccolto in un corposo volume una serie di ricerche sulla possibile relazione fra vaccini e malattie autoimmuni in soggetti predisposti (sulla relazione fra vaccini e autoimmunità vertono anche le relazioni dei medici delle Commissioni parlamentari della Difesa già citate, sulle quali grava ora l’ombra della censura e le raccomandazione della SIPNEI, Società Italiana di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia); il premio Nobel Luc Montagnier e il prof. Henri Joyeux, che invitano a ritirare l’obbligo vaccinale in Francia e astudiare più a fondo la relazione vaccini-autismo regressivo e altre patologie neurologiche; la dottoressa Diane Harper, consulente della Merck nel percorso di approvazione del vaccino Gardasil contro il papillomavirus, che ha definito questo vaccino “né efficace né sicuro” (tra l’altro, sul vaccino antipapillomavirus, la TV svizzera ha realizzato programmi ben più indipendenti di quelli della TV italiana, con l’eccezione di Report); la Dott.sa Bernadine Healy, cardiologa direttrice del NIH, che osserva come gli studi che possono mostrare una relazione fra vaccini e autismo vengano osteggiati per timore che l’eventuale dimostrazione metta a rischio i programmi vaccinali; la dott.sa Viera Scheibner dimostrò negli anni ‘80 che, nel periodo 1975-80, quando in Giappone la vaccinazione DTP venne ritardata a 2 anni di età, i casi di SIDS (morte in culla) e di danni permanenti crollarono nella misura dell’85-90%, per risalire subito quando venne nuovamente prevista a 3 mesi di età. Sulla relazione fra SIDS e vaccini esistono diversi studi: sul vaccino DTP, sul vaccino esavalente (anche qui). Il dottor Jacob Puliyel, primario del reparto di pediatria all’ospedale St. Stephen, in India, medico e epidemiologo, ha esaminato la sindrome della morte improvvisa dopo vaccinazione esavalente con “Infarix hexa”. Ha osservato che l’83% delle morti improvvise del 2012 sono avvenute entro 10 giorni dalla vaccinazione con Infarix Hexa, mentre solo 17% sono avvenute dopo il decimo giorno. Ha osservato che se fossero coincidenze, le morti avrebbero dovuto raggrupparsi uniformemente attraverso i 20 giorni successivi a vaccinazione e non quasi tutte nei primi 10 giorni. La GSK, produttrice del vaccino, avrebbe riferito i dati in modo incompleto, occultando la relazione causale. Su questo, l’on. Ivan Catalano, vice presidente della IV Commissione parlamentare della Difesa sulla salute dei militari italiani, dato l’elevato numero dei casi recenti di bambini morti per SIDS, ha rivolto un’interrogazione parlamentare al Ministro Lorenzin senza ottenere risposta. La dott.sa Humphreys, che ha cominciato a studiare i danni da vaccino dopo averne incontrati nella sua esperienza clinica, ha ridimensionato il ruolo delle vaccinazioni nella riduzione delle malattie infettive, in particolare della poliomielite. Come molti altri medici critici, ha ricevuto in questi giorni serie minacce di morte.

Un ruolo causale, insieme ad altri fattori, dei danni da vaccino è attribuito in letteratura agli adiuvanti metallici, come i sali di alluminio, a conservanti, come il mercurio (nella forma di etilmercurio o Thimerosal), a sostanze chimiche come la formaldeide, all’aggiunta di eccipienti, cellule animali, DNA umano da feti abortiti (li si riconosce dalle sigle MRC-5 e WI-38), antibiotici (per esempio, la Neomicina, sconsigliata per i neonati). Qui si trova un elenco delle sostanze contenute nei vaccini (fonte: John Hopkins Institute) e qui un elenco degli ingredienti dei singoli vaccini (fonte: FDA e CDC). Il problema è che normalmente né i singoli ingredienti vengono testati separatamente né lo è la loro combinazione. Spesso gli adiuvanti vengono introdotti nei soggetti del gruppo di controllo, rendendo impossibile rilevarne gli effetti. Di solito viene studiato il vaccino nel suo insieme. Quindi non si hanno informazioni sicure sulla relativa tossicità.

Per fare un esempio, il Thimerosal o etilmercurio, usato per sterilizzare i vaccini per decenni e fortemente indiziato di provocare gravi danni fin dalla riunione di Simpsonwood del CDC nel 2000  (che effetto abbia il mercurio sui neuroni cerebrali è illustrato da questo breve video dell’Università di Calgary), è stato teoricamente tolto dai vaccini, ma si trova in tracce in diversi preparati (interessante al proposito il documentario Trace amounts) e in quantità elevate (circa 50 mcg di Thimerosal corrispondono a circa 25 mcg di mercurio/dose) in diversi vaccini antiinfluenzali (vedere tabella ingredienti), che la propaganda politico-sanitaria vorrebbe iniettare anche ai neonati e ai bambini. La dose settimanale di metilmercurio (composto simile all’etilmercurio, ma assunto per via alimentare, non per via iniettiva) tollerabile è fissata dall’EFSA a 1,3 mcg/kg di peso corporeo. Purtroppo, si sa molto della tossicità del metilmercurio e molto meno di quella dell’etilmercurio. In Italia, dopo la messa al bando del Thimerosal, sono state smaltite a lungo le scorte di vaccini che lo contenevano, come raccontava la trasmissione Report nel 2000. Eppure, proprio sul ruolo dei metalli come il mercurio quale concausa nello sviluppo di molte patologie hanno puntato il dito i medici e i ricercatori del Progetto Signum sui militari italiani.

Nel 2016, il Nordic Cochrane Institute, in un documento intitolato Complaint to the European Medicines Agency (EMA) over maladministration at the EMA, a firma del direttore, Peter Gøtzsche e di altri quattro colleghi, accusò l’EMA (l’Agenzia europea per i medicinali) di scarsa trasparenza e serietà nel valutare la sicurezza del vaccino contro il papillomavirus e di aver negato l’esistenza di danni da vaccinazione, pur a fronte di uno studio condotto in precedenza dall’EMA sul vaccino in questione, che mostrava conclusioni assai diverse e i cui risultati furono secretati ad uso interno, mostrando che “le valutazioni di EMA sono poco professionali, ingannevoli, inappropriate e non scientifiche”. Dallo studio secretato (EMA/666938/2015, di 256 pagine, di cui solo 40 pubblicate), emergeva un’alta probabilità di relazione fra il vaccino anti-HPV e due patologie, la Sindrome da dolore regionale complesso [CRPS], una condizione di dolore cronico agli arti, e la Sindrome da tachicardia posturale ortostatica [POTS], in cui la frequenza cardiaca aumenta in maniera anomala dopo che ci si siede o ci si alza. Il NCI chiedeva di chiarire la questione dei conflitti di interesse, perché il direttore dell’EMA, come altri esperti dell’Agenzia europea, è comproprietario di alcuni brevetti riguardanti i vaccini ed ha dichiarato l’insussistenza di conflitti di interesse. Per approfondire la questione, si può leggere qui.

Non si possono elencare qui le migliaia di studi scientifici che ogni giorno mostrano relazioni a breve, medio e lungo termine fra vaccinazioni e danni alla salute di diversa entità. Il fatto è che quando uno studio mette in discussione la vulgata ufficiale sui vaccini e i guadagni di Big Pharma, viene ignorato oppure screditato, senza entrare nel merito, sebbene fra gli studi che mostrano l’assenza della relazione fra vaccino e danno (che non significa l’innocuità dei vaccini, beninteso) vi siano molti casi di frode, di clamorosi errori metodologici o di sponsorizzazione da parte delle aziende farmaceutiche. Un esempio di studio ignorato è questo, che mette in relazione il numero di dosi vaccinali e la mortalità infantile (qui l’originale e qui la risposta di Paolo Barnard alle critiche). Un esempio di studio autoptico su un caso di encefalopatia da vaccino antimorbillo si trova qui. Un esempio di studio scorretto è uno studio giapponese del 2005 che, contrariamente alle intenzioni degli autori (due psichiatri non ricercatori), una volta emendato da alcuni grossolani errori metodologici e integrato con altri studi, mostra un’impressionante relazione fra numero di dosi vaccinali MMR, di anti-morbillo monovalente, di anti-rosolia monovalente, di anti-encefalite giapponese e numero di casi di autismo anno per anno, che seguono il ritiro e la reimmissione del vaccino MMR in Giappone. (“Flawed Science by Doctors Not Scientists”).

La censura è comunque un segno di debolezza, oltre che di prevaricazione. Esemplare il caso di Vaxxed, il documentario che narra dell’insabbiamento delle prove sulla relazione vaccini-autismo da parte del CDC, che è stato censurato in Italia, in barba all’articolo 21 della Costituzione, perché sgradito al Ministro Lorenzin e alle autorità sanitarie. Le autorità politiche e sanitarie non possono tollerare il dissenso perché non sono in grado di portare argomenti convincenti in un confronto veramente aperto e rivolto a tutelare la salute dei bambini. Se lo fossero, prenderebbero a cuore i potenziali rischi, invece di negarli con una ostinazione che rasenta il grottesco. Non sono affatto imparziali rispetto al dibattito scientifico sui vaccini, ma sempre e solo schierate pregiudizialmente a difesa delle vaccinazioni di massa.

Di fronte a considerazioni come queste, come si può obbligare a cuor leggero? Nessuno, meno che mai sano, può essere obbligato ad un trattamento medico anche solo potenzialmente pericoloso e nessuno può garantire l’assoluta innocuità a lungo termine di un preparato medico. Nessun medico sarà mai disposto a firmare una dichiarazione scritta di assoluta innocuità per il vaccinando del vaccino che sta per somministrare. Soprattutto, nessuno può dire con onestà intellettuale che la presunta assenza di evidenze in favore di un rapporto causale fra vaccino e determinate gravi patologie equivalga alla prova che tale relazione non ci sia. Dire che non c’è evidenza di una relazione causale può diventare un modo ingannevole per far creder che ci sia la prova di un’assenza di tale relazione, quando in realtà tale prova non è possibile. Anche per il fumo le aziende produttrici di sigarette negarono per 50 anni con questa formula che ci fosse relazione causale con i tumori al polmone. Ma l’assenza di una prova non è la prova di un’assenza. Tanto più che gli studi in favore di tale rapporto causale sono migliaia, anche se li si ignora con ostinazione, visto che mettono a rischio un business lucroso. Nel dubbio, prevalga almeno il principio di precauzione.

RAD Per queste ragioni lo Stato nemmeno dovrebbe buttare via denaro pubblico per campagne vaccinali che avvantaggiano solo le case farmaceutiche e i cui danni sono letteralmente incalcolabili, perché a nessuno interessa calcolarli. L’insabbiamento è la regola in ambito vaccinale, perché se la gente sapesse, avrebbe paura delle vaccinazioni. Chi ha la sfortuna di essere uno dei danneggiati, si vivrà il suo dramma in totale solitudine e se anche qualche medico ammetterà in privato che sì, il danno è causato dal vaccino, come succede a molti genitori, non sarà mai disposto a giocarsi la carriera dichiarandolo apertamente. Questa è la situazione. Proprio per questo ora cercano di zittire chiunque cerchi di aprire una crepa nel muro del silenzio sui danni da vaccino. Molti non sanno nemmeno che le loro patologie sono conseguenza dell’interazione fra una vulnerabilità genetica e alcuni fattori ambientali, fra i quali ci sono anche le vaccinazioni, semplicemente perché nessuno glielo ha mai detto e perché perfino i medici non sono tutti formati su questo. E vengono pagati per vaccinare e non vedere nulla. Eppure i danneggiati da vaccino esistono e sono persone che hanno creduto, come moltissime altre, all’innocuità dei vaccini. Ecco alcuni casi: testimonianze di iscritti al CONDAV; il caso di Christian, 5 anni; la storia di Federica Santi; il dolore di un genitore che aveva fiducia nei vaccini e a cui lo Stato nega il risarcimento; le testimonianze raccolte da Famiglia Cristiana; la storia di Nicola;   un uomo danneggiato da vaccino antipolio e risarcito dopo 50 anni; la storia di una mamma infermiera e di suo figlio Ridge; la storia di Alessandra, sanissima fino a 5 anni e rovinata dal vaccino DTP. Ce ne sono centinaia di casi così.

6. Chi deve risarcire i danni?

COE e TOL. Lo Stato. Se lo Stato obbliga, deve anche risarcire i danni eventuali, che peraltro sono rarissimi, massimo uno su un milione, come stabilisce la legge 210 del 1992.

LIB e RAD. Devono pagare le case produttrici! Il fatto che paghi lo Stato, cioè noi contribuenti, è scandaloso per due ragioni: la prima è che le vaccinazioni rappresentano per Big Pharma un affare lucrosissimo, senza alcun rischio di perdita, e quindi senza alcuna responsabilizzazione sugli effetti collaterali o avversi; la seconda è che così le case farmaceutiche non sono incentivate ad investire in sicurezza e possono mettere in circolazione prodotti scadenti impunemente, con la certezza che le autorità sanitarie continueranno a negare gli effetti avversi. Questo perché ai genitori di un bambino danneggiato da vaccino tocca l’onere della prova (immaginate un po’ con quali armi combatte la battaglia e contro quale avversario!) e per farlo, dopo il diniego certissimo della Commissione Militare Ospedaliera, dovrà rivolgersi al Tribunale accollandosi le spese e trovare un medico legale che faccia la perizia. Non sarà facile, perché un medico che accetti questo ruolo ingrato (come è successo al bravissimo dottor Dario Miedico, radiato dall’Albo con un atto che getterà perenne discredito sull’Ordine, a memoria dell’immoralità di questa legge) sarà minacciato di radiazione e il perito del giudice (il CTU), se vuole campare come medico, dovrà negare il nesso. Le pressioni a negare ogni rapporto di causalità sono fortissime e tali da limitare fortemente la libertà di coscienza del medico. Il giudice in molti casi ascolterà il perito del Tribunale (l’ISS, nel suo impeto di onnipotenza, sta già cercando da un po’ di influenzare anche i giudici) e così andrà d’ora in poi. Già prima era difficilissimo ottenere il riconoscimento del danno, ora sarà quasi impossibile, visto il clima intimidatorio intorno ai medici che lavorano in scienza e coscienza. Inoltre, pochi sanno che le norme attuali sulle autopsie giudiziarie, che risalgono incredibilmente  alla Circolare Fani del 1910,  prevedono l’utilizzo della formalina, che cancella le tracce di agenti patogeni nei tessuti dei soggetti deceduti, anziché la crioconservazione del campione autoptico, che consente indagini obiettive. Quindi, niente tracce. Senza tracce, non c’è prova e quindi nemmeno danno.

Eppure, nonostante le enormi difficoltà, grazie a perizie eccellenti molti genitori negli anni hanno ottenuto il riconoscimento del danno irreversibile ed il diritto al risarcimento dello Stato, come ha segnalato lo stesso Ministro Lorenzin in risposta ad un’interrogazione parlamentare. Si tratta di parecchie migliaia di casi, dei quali solo 631 risultarono indennizzati nel luglio 2015.  Segno che i danni sono molto più numerosi di quello che si continua a fare credere (certamente, molti più di uno su un milione!). Eppure, lo Stato non sempre paga e non paga subito. Probabilmente, quasi nessuno sa che come è stato difficile per i bambini italiani, diventati paralitici in seguito al vaccino Salk nei lontani anni ‘50, ottenere il risarcimento, ancora negato dallo Stato nel 2009. Insomma, se vi capita in famiglia un danno da vaccino, sarete nell’ordine sbeffeggiati come genitori visionari e paranoici, non avrete modo di far valere le vostre ragioni e non otterrete nulla, a meno di un miracolo. E si tratta di vite rovinate per sempre, come questa. Questo non è accettabile in un Paese democratico.

[continua]

L’obbligo vaccinale: come orientarsi fra le diverse posizioni in campo? [parte terza]

Fonte: Il Fatto quotidiano, 17/01/2013 (https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/17/che-senso-hanno-attuali-vaccinazioni-pediatriche-di-massa/472111/).

Dopo i primi due articoli sull’obbligo vaccinale, il primo sugli aspetti etico-giuridici, il secondo sulle modalità autoritarie e manipolative del decreto Lorenzin, proseguo la riflessione sull’argomento provando a delineare un quadro complessivo dello scontro in corso, nella speranza di poter fornire un primo schema orientativo nell’enorme complessità della questione, senza alcuna pretesa di completezza e senza alcuna presunzione di sapere chi ha ragione e chi ha torto. Siamo infatti pienamente nel campo dell’opinabile, nonostante la strategia mediatica di contrapporre Verità ed eresia, ed è giusto che ciascuno si formi un’opinione propria. D’altra parte, quello che proverò a ricostruire è un dibattito impossibile, per il rifiuto delle istituzioni politiche e sanitarie a dialogare con posizioni critiche, a beneficio dei cittadini e della trasparenza democratica.


Per fare un quadro sintetico delle diverse posizioni in tema di obbligo vaccinale, occorre elencare ed esaminare alcuni punti controversi del dibattito e vedere con quali argomenti vengono affrontati dalle varie fazioni. Questo resoconto cerca di essere descrittivo e sufficientemente imparziale, anche se chi scrive ha maturato una chiara posizione personale, esplicitamente dichiarata, sulla base dei fatti richiamati.

Sono però necessarie almeno tre premesse.


In primo luogo, c’è una sproporzione macroscopica di forze in campo: da una parte, il Governo, gli accordi commerciali internazionali del GHSA, le multinazionali farmaceutiche, la finanza internazionale (che punta sui cosiddetti bond vaccinali), i vertici delle istituzioni sanitarie pubbliche, l’Ordine dei Medici e la stampa mainstream, dall’altra dei gruppi numerosi, ma minoritari di cittadini combattivi (continuamente delegittimati e ridicolizzati dal blocco politico-sanitario-mediatico), un numero significativo di medici, soprattutto clinici, ma anche ricercatori (intimiditi e minacciati di radiazione dall’Ordine professionale per ogni presa di posizione critica) e un proliferare di associazioni e iniziative dal basso, accuratamente silenziate dalla stampa e dalla televisione. Il sociologo Ugo Viale ha sintetizzato benissimo la questione della contestazione al decreto Lorenzin e della inaccettabile censura alla quale è stata sottoposta.

In secondo luogo, le modalità del dibattito sono palesemente drogate da falsità, colpi bassi e fallacie argomentative che sono più tipiche di un sistema autoritario che di una democrazia avanzata e di un serio dibattito scientifico. Questo aspetto comunicativo rende difficile formarsi un’opinione basata su dati obiettivi, come sarebbe necessario in democrazia, e nell’insieme indebolisce la forza persuasiva degli argomenti “ufficiali”, ingenerando il sospetto che non siano così solidi, se devono essere sostenuti in modo manipolativo o decisamente coercitivo, anziché attraverso una discussione razionale, serena e pacata.

In terzo luogo, è necessario scindere la valutazione della necessità, sicurezza ed efficacia delle singole vaccinazioni – ricordando che tale valutazione non può essere fatta in blocco, ma sempre sui singoli preparati farmaceutici e sugli eventuali effetti aggregati – dalla opportunità, legittimità ed efficacia dell’obbligo vaccinale, ovvero della legge che impone la vaccinazione obbligatoria di massa, sanzionando chi nega il consenso. I due piani del discorso non sono facilmente separabili, perché il secondo implica il primo, ma vanno comunque tenuti distinti. Noi ci occuperemo soprattutto dell’obbligo vaccinale, ovvero della legge Lorenzin.

Le posizioni sull’obbligo vaccinale (favorevole/sfavorevole) si incrociano con il grado di rigidità delle rispettive posizioni (alto/basso), generando complessivamente quattro atteggiamenti diversi:

1) COERCITIVI (favorevoli/rigidi), che possiamo indicare con la sigla COE, per i quali i vaccini sono assolutamente necessari, sicuri ed efficaci; gli effetti avversi per definizione non esistono o sono trascurabili; il rapporto costi/benefici è per definizione favorevole a prescindere per qualsiasi vaccino; non c’è limite al numero di vaccini che si possono somministrare in sicurezza; è necessario avere la massima copertura vaccinale; è giustificato obbligare a prescindere dalle condizioni soggettive, anche sacrificando altri diritti fondamentali, come l’integrità fisica, il diritto allo studio o ad un trattamento non discriminatorio; è giustificato radiare i medici che sconsigliano le vaccinazioni e punire i genitori resistenti;

2) TOLLERANTI (favorevoli/flessibili), che possiamo indicare con la sigla TOL, per i quali i vaccini sono complessivamente necessari, sicuri ed efficaci, ma non in blocco; esistono casi particolari di salute e circostanze che possono sconsigliarne l’uso; essendo farmaci, possono avere effetti avversi, che vanno attentamente monitorati; l’obbligo vaccinale è ammissibile e necessario in casi di emergenza sanitaria, mentre va attentamente valutato come regola, considerando ciascun vaccino caso per caso e senza generalizzazioni; si deve armonizzare l’obbligo vaccinale con gli altri diritti soggettivi; il numero di vaccinazioni obbligatorie deve essere sempre limitato al necessario; occorre rigore scientifico nel valutare gli effetti avversi; non si deve punire chi si sottrae all’obbligo;

3) LIBERALI (sfavorevoli/flessibili), che possiamo chiamare LIB, per i quali i vaccini possono essere anche utili, ma sempre a seconda del contesto, della persona e del singolo farmaco; essendo farmaci, per di più somministrati a soggetti sani, comportano comunque un rischio, perciò la scelta di vaccinarsi deve essere assolutamente libera e lo Stato deve solo renderla accessibile e gratuita, previa attenta verifica che il rapporto costo/beneficio sia davvero favorevole per ciascun individuo, visto che varia a seconda delle condizioni e del tipo di vaccino; l’obbligo non è giustificabile, se non in casi di gravissima emergenza sanitaria, e costituisce una violazione di diritti umani fondamentali, perché sacrifica la salute del singolo al presunto bene della collettività; gli effetti avversi vanno monitorati con rigore molto maggiore dell’attuale; i medici critici verso le vaccinazioni vanno ascoltati, perché il principio di precauzione deve avere il sopravvento; devono essere esclusi rigorosamente i conflitti di interesse dall’ambito sanitario; i danni devono essere risarciti dalla case farmaceutiche e non dallo Stato;

4) RADICALI (sfavorevoli/rigidi), che possiamo chiamare RAD, per i quali i vaccini sono per lo più inutili e dannosi; l’obbligo non si giustifica in nessuncaso e si presenta come un abuso violento dello Stato sul corpo dei cittadini più indifesi; chi non vuole vaccinarsi deve poterlo fare senza conseguenze; i medici critici sono la prova che non c’è unanimità nemmeno sull’efficacia delle vaccinazioni; lo Stato e le autorità sanitarie dovrebbero, per recuperare un minimo di credibilità ai loro occhi, tutelare la salute anche in altro modo.

Le precedenti definizioni sono da preferire rispetto a quelle attualmente in voga di PRO-VAX (posizioni COE e TOL), di FREE-VAX (posizione LIB) e di NO-VAX (posizione RAD), perché non si tratta di posizioni pro o contro i vaccini, come si è voluto far credere all’opinione pubblica in questi mesi con una certa dose di mistificazione politica, bensì pro o contro l’obbligo vaccinale nelle forme assai rigide del decreto Lorenzin. In realtà, nemmeno l’unica posizione contraria sia all’obbligo che ai vaccini (quella RAD) pretende di imporre a nessuno il proprio punto di vista né critica chi voglia vaccinarsi. Vi si riconoscono molti genitori i cui figli hanno subito gravi danni dalle vaccinazioni.

Bisogna osservare che la posizione LIB è attualmente quella di gran lunga maggioritaria in Europa, nonché quella che personalmente condivido, benché le spinte politico-commerciali verso un’estensione dell’obbligo ad altri Paesi sia forte, come si è visto in Francia, dove in un Parlamento semideserto alla vigilia di Capodanno è stata approvata una legge che introduce 11 vaccini obbligatori dal 2018. Di recente, la posizione LIB è stata sostenuta con forza anche da una rivista scientifica prestigiosa come Nature, in un editoriale sull’obbligo vaccinale in Francia. Essa punta sulla persuasione, considerandola più efficace dell’obbligo; contesta solo la coercizione su chi non vuole e rivendica il diritto di scegliere come gestire la propria salute, non dando affatto per scontato che la vaccinazione sia l’unico mezzo per raggiungere lo scopo di fare prevenzione attiva. La posizione TOL era quella di fatto presente in Italia prima del decreto Lorenzin ed è tuttora condivisa da molti medici. Il decreto stesso si situa nella posizione COE, sostenuta da alcuni medici molto in vista e vicini al potere e, ovviamente, ben vista dalle case farmaceutiche ed è stata imposta con puro atto d’imperio dal governo senza alcuna possibilità di dibattito dei sostenitori COE con le altre tre categorie elencate all’inizio.

Per entrare nel vivo della discussione, proverò a mettere a confronto le quattro posizioni su alcune questioni fondamentali della controversia sul decreto Lorenzin.

  1. Perché introdurre l’obbligo vaccinale?
  2. Qual è la finalità dell’obbligo vaccinale?
  3. Perché proprio quei 10 vaccini?
  4. Perché escludere dalla scuola i bambini non vaccinati?
  5. Esistono o no gli effetti avversi?
  6. Chi deve risarcire i danni?
  7. I vaccini sono efficaci? E lo sono tutti allo stesso modo o alcuni più di altri?
  8. Perché radiare i medici dissenzienti?
  9. Qual è il ruolo della scienza medica in una società democratica?

NOTA BENE: I documenti a cui fare riferimento per ciascuna affermazione sono moltissimi e di diversa qualità. Ho scelto intenzionalmente di preferire documenti in lingua italiana (quando possibile), per rendere più agevole la lettura ed ho dovuto comunque effettuare una scelta, senza alcuna pretesa di completezza. Molti argomenti sono assai controversi anche fra i ricercatori e non mi è sembrato necessario proporre lunghi elenchi di studi in lingua inglese (che pure esistono). Ho preferito documenti di tipo giornalistico, a cui ciascuno darà il valore che ritiene di dover dare; molti di essi contengono link ai documenti originali. Chi vuole, troverà modo di approfondire. Lo scopo di questo articolo, ripeto, è solo dare un’idea, in assenza di un confronto pubblico fra esperti che consenta di formarsi un’opinione.

1. Perché introdurre l’obbligo vaccinale?

COE e TOL. Perché vaccinare l’intera popolazione permette di elevare oltre i livelli critici l’effetto gregge e quindi di proteggere i bambini non vaccinabili. Le vaccinazioni sono indispensabili per ridurre la diffusione delle malattie e le relative complicanze e per migliorare lo stato di salute della popolazione. In Italia, la percentuale di vaccinazioni è scesa sotto tale soglia critica del 95% e c’è il rischio di epidemie, perciò si rende necessario l’obbligo, come ha segnalato anche l’OMS. Le vaccinazioni di massa sono un risparmio economico per il paese rispetto al costo sanitario di dover curare eventuali malati; recuperare/ridurre i suscettibili è prioritario e irrinunciabile.

COE non distingue fra patologie (tutte egualmente gravi e tutte da affrontare esclusivamente tramite vaccinazione di massa, ad assoluta discrezione dell’autorità sanitaria), mentre TOL distingue fra le varie patologie e fa valutazioni di caso in caso.

LIB E RAD. La vera ragione, richiamata dal testo del decreto Lorenzin (D. L. 7 giugno 2017, n. 73: “Ritenuto altresì necessario garantire il rispetto degli obblighi assunti e delle strategie concordate a livello europeo e internazionale”), è l’accordo politico-commerciale fatto con le multinazionali del farmaco nel 2014 a Washington, il GHSA, del cui contenuto peraltro non si sa ufficialmente nulla (a che cosa esattamente ci siamo impegnati e in cambio di che?), che prevede di vaccinare 4 miliardi di persone entro 5 anni, e si tratta di un affare assai più lucroso di qualunque investimento farmaceutico, reso sicuro dall’obbligatorietà. L’effetto gregge è un calcolo probabilistico teorico basato sull’osservazione delle conseguenze dell’immunizzazione naturale, diverso per ogni malattia, e non sembra avere un senso preciso applicato all’immunità da vaccino, visto che viene continuamente smentito dai fatti; inoltre le soglie sbandierate dal Ministero della Salute (95% per tutte le malattie) non corrispondono a quelle – assai più blande e soprattutto differenziate – dell’OMS. Per un approfondimento sull’effetto gregge e sull’immunità di gregge, nonché degli aspetti controversi relativi alle vaccinazioni, si può leggere l’analisi pacata del prof. Paolo Bellavite, Professore Associato di Patologia Generale, Università degli Studi di Verona.  Qui si possono leggere le soglie di riferimento calcolate da diversi ricercatori e adottate dall’OMS. L’approfondimento della nozione di “effetto gregge” (o “immunità di gregge”) è fondamentale per qualunque discussione sui vaccini. Non per niente ne è stato fatto un uso improprio a sostegno dell’obbligo vaccinale, come si può leggere qui

Anche vaccinando tutti i bambini fra 0 e 16 anni si raggiunge una quota assai piccola della popolazione totale, benché in crescita di anno in anno (14-15%, altro che 95%!), non si garantisce l’immunizzazione per tutti né un’immunità permanente come avviene con la malattia (si parla di 2-10 anni di durata) e vaccinare tutta la popolazione per raggiungere una quota teorica del 95% è inutile, oltre che impossibile, dato che l’immunità non è garantita (alcune persone non la sviluppano proprio), non è permanente, con continui richiami la vaccinazione costerebbe troppo rispetto al vantaggio (aumentando i rischi di danno) e la malattia si potrebbe diffondere all’interno della popolazione interamente vaccinata, come avvenuto in Mongolia per il morbillo (50.000 casi fra 2015 e 2016 su una popolazione di 3,2 milioni di persone con il 99% di copertura vaccinale e oltre il 95% con almeno due dosi; in Italia siamo a 3-4000 casi l’anno nei momenti di picco su 60 milioni, per intenderci) e negli USA per la parotite. Molti adulti vaccinati nei decenni scorsi non sono più coperti dal vaccino, eppure non sono scoppiate nuove epidemie. I vaccini non impediscono le epidemie, perché sono progettati per lo più per proteggere la persona che li riceve, non per impedire il contagio (è il caso, per esempio, del vaccino contro il tetano, che non è contagioso, di quello antidifterico, di quello antipolio e di quello antipertossico). Anzi, subito dopo alcune vaccinazioni i bambini possono essere contagiosi (è il caso, per esempio, di vaccino contro poliomielite, morbillo, rosolia, pertosse e varicella, come suggerisce l’ospedale John Hopkins nella sua “guida per i pazienti”, dove, in caso di immunodepressione, raccomanda di «evitare il contatto» con i bambini appena vaccinati) e possono essere pericolosi – benché sia un evento raro – per i coetanei e per le donne in gravidanza, come scritto nelle schede tecniche dei vaccini MPRV (si legga la scheda tecnica del Priorix Tetra, pagina 2). I bambini immunodepressi non sono affatto al sicuro in mezzo a bambini vaccinati, che quasi mai seguono le avvertenze indicate nei foglietti illustrativi e sui quali nessuno verifica l’effettiva immunizzazione vaccinale; inoltre, sono esposti a molte malattie per le quali non esistono vaccini e devono essere tutelati in altro modo. Perciò si deve lasciare ai singoli e alle famiglie la decisione se vaccinarsi o no.

2. Qual è la finalità dell’obbligo vaccinale?

COE e TOL. Assicurare un’adeguata protezione ai bambini e migliorare la loro salute, preservandoli dai rischi delle malattie infettive. Sottrarre alle famiglie la decisione, per contrastare l’ignoranza in materia e la disinformazione prodotta da ricerche non controllate. Ridurre in prospettiva la spesa pubblica per i danni delle malattie.

LIB e RAD. Al contrario, la finalità è favorire in modo non trasparente interessi privati, cosa di cui in Italia abbiamo già fatto esperienza in passato (si ricordino i casi delle tangenti a De Lorenzo e Poggiolini per l’introduzione del vaccino antiepatite B obbligatorio e lo scandalo della collusione internazionale fra OMS, case farmaceutiche e autorità sanitarie per la vendita di vaccini non adeguatamente testati per l’influenza aviaria e quella suina, che causarono molti danni da vaccino). Si ricordi inoltre che i preparati polivalenti sono coperti da brevetto farmaceutico e costano molto di più di quelli singoli, che per questo non si trovano più (per capirci: stando ai prezzi trovati in siti di prodotti farmaceutici o delle ASL, l’esavalente Infanrix Hexa costerebbe 98 euro e l’MPR Prorix circa 28 euro a dose; il vaccino tetravalente contro la meningite Menveo costerebbe circa 99 euro a dose; viene anche raccomandato con insistenza pure ai maschi il Gardasil contro il papillomavirus, a ben 171 euro a dose). La questione è stata oggetto di denuncia del Codacons  e trattata nella tv pubblica francese nel 2016 (qui un estratto sottotitolato in italiano ). Nel primo anno, secondo calendario vaccinale, i neonati dovrebbero fare una quindicina di iniezioni e ricevere più dosi, per oltre 30 inoculazioni complessivamente delle malattie coperte da vaccino, secondo il Piano Nazionale di Prevenzione vaccinale 2016-2018  (pp. 48-50). Quanto costi ai contribuenti, sarebbe un’interessante informazione, come rilevato dall’Antitrust già nel 2016. I conflitti di interesse sono stati rilevati a proposito di alcune figure di medici dal doppio ruolo pubblico e privato (nelle multinazionali farmaceutiche) che hanno scritto questa legge.

Se fosse l’interesse per la salute dei bambini a prevalere, il Ministro Lorenzin non avrebbe mentito spudoratamente sui bambini morti per morbillo in Inghilterra; i medici responsabili della Sanità pubblica l’avrebbero corretta e non avrebbero avallato la diffusione di notizie tendenziose (per esempio, che i bambini sani non vaccinati sono pericolosi); l’AIFA avrebbe consegnato in tempo e il Ministro avrebbe recapitato ai Parlamentari il Rapporto 2014-15 sui danni da vaccino (pubblicato in seguito a procedimento legale del Codacons); non si sarebbero ingigantiti come flagelli di Dio i casi del tutto nelle norma di meningite e di morbillo; si sarebbero fatti studi sugli effetti cumulativi dei 10 vaccini obbligatori, invece di renderli obbligatori con irresponsabile leggerezza, senza nemmeno un solo studio preliminare, configurando un vero e proprio esperimento di massa non dichiarato; non si continuerebbe a negare irragionevolmente l’esistenza degli effetti avversi a prescindere da ogni dato di fatto, a fronte del numero molto elevato di casi accertati di cui la stessa Lorenzin ha dato notizia in Parlamento; si sarebbe migliorato il servizio di farmacovigilanza, che mostra parecchie lacune; non si sarebbe emanata una circolare per i medici che riduce irragionevolmente le controindicazioni alla vaccinazione praticamente al solo shock anafilattico; le ASL non impedirebbero di fare gratuitamente le analisi prevaccinali previste dalla legge in caso di obbligo e non si sarebbe minacciato di radiazione qualunque medico che sconsigli la vaccinazione.

L’obbligo vaccinale potrebbe preludere ad altre gravi limitazioni della libertà personale, che potrebbero in futuro minare definitivamente il diritto di un cittadino a proteggere il suo corpo e a difendersi da un’autorità arbitraria che voglia controllarlo o condizionarlo. Sugli aspetti pericolosamente antidemocratici e illiberali di questa legge ha scritto il sociologo Ugo VialeQui anche un video.

3. Perché proprio quei 10 vaccini?

COE Nessuna risposta. Così hanno deciso le Autorità sanitarie per garantire la necessaria copertura della popolazione. Somministrati in forma polivalente (esavalente + quadrivalente), che sono i formati commercialmente disponibili, consentono di fare solo due iniezioni, pur esistendo anche (pochi) altri vaccini monodose. Si può ascoltare il Ministro Lorenzin.

TOL Forse sarebbe stato meglio valutare con maggiore calma. Il vaccino per il morbillo sembra il più indispensabile; si poteva aggiungere ai 4 già esistenti e lasciare gli altri facoltativi. La discussione è troppo polarizzata e volerla estremizzare nuoce ad una sana discussione tecnico-scientifica.

LIB. L’assenza di motivazione è già una risposta. Non c’è nessuna ragione di necessità e urgenza per l’obbligo indiscriminato, per nessuno dei 10 vaccini, nemmeno per il morbillo, dato che il numero di casi registrati l’anno scorso rientra rimane nei limiti delle normali oscillazioni cicliche della malattia (nel 2002, con quasi 3 volte i casi del 2017, non ci fu alcun allarme morbillo). Lo ha detto perfino Gentiloni. Il decreto è passato con il voto di fiducia, senza un’adeguata valutazione e senza alcuna trasparenza. Il caso Ricciardi insegna, come rilevato anche dalla giornalista Giulia Innocenzi

Non ci sono rischi epidemici per nessuna delle 10 malattie, come si vede in buona parte dell’Europa dove l’obbligo non c’è, e si poteva tranquillamente sospendere l’obbligo e monitorare, agendo a livello locale laddove si manifestassero eventuali focolai. Il tetano non è contagioso. La poliomielite e la difterite sono pressoché scomparse; il poliovirus si trova ancora praticamente solo nei vaccini ed è assente in Europa da 35 anni. L’epatite B è una malattia grave, ma si trasmette per via ematica e sessuale e il vaccino in età neonatale si può giustificare solo in presenza di rischi accertati. Si poteva al più consigliarlo in età più avanzata. Il morbillo è contagioso anche fra vaccinati; il vaccino, impedendo l’immunità naturale e ritardando nel tempo la malattia, perché sposta in avanti la soglia di suscettibilità senza fornire un’immunizzazione duratura, non protegge i neonati attraverso gli anticorpi materni con l’effetto che la malattia tende a colpire soprattutto gli adulti (non immunizzati per via naturale) e i neonati, per i quali è più pericoloso. L’immunizzazione vaccinale delle madri è infatti meno efficace dell’immunizzazione naturale e non si trasmette attraverso la placenta, proteggendo i neonati nei primi mesi di vita. Quindi, sarà anche utile, ma non risolutivo, visto che il traguardo dell’eradicamento si sposta sempre in avanti da decenni, senza mai essere raggiunto con qualunque soglia di copertura vaccinale. Il vaccino per la parotite non impedisce né la malattia né il contagio in un numero consistente di casi. Il vaccino contro l’Hemophilus Influentiae B – molto raro, peraltro (12 casi di malattia invasiva nel 2016 in Italia, 4 in vaccinati, 5 in adulti, 3 in non vaccinati su 60 milioni di abitanti, ovvero lo 0,00002%) – non protegge dai ceppi non tipizzabili, che sono i più frequenti e viene somministrato arbitrariamente fino a 17 anni, nonostante non sia raccomandato oltre i 4 anni, anche secondo il “Board Calendario per la vita” (con l’irresponsabile faciloneria che caratterizza l’applicazione di questa legge). Utilizzare un vaccino al di fuori del range di età per cui è stato autorizzato e testato può essere inutilmente pericoloso e rappresenta una palese violazione del codice di deontologia medica (art. 13 e 18). Ma anche il vaccino esavalente viene indicato come obbligatorio dal Board calendario per la vita ben oltre la fascia di età per il quale è stato testato. Un caso interessante è il vaccino anti-meningococco B, prima inserito fra gli obbligatori e poi tolto. Qui il rapporto costi-benefici è davvero assai dubbio. Nell’inserto con le “caratteristiche del prodotto” della ditta produttrice attualmente online si riferisce, per esempio, di un 2,1% di effetti aversi registrati negli studi di approvazione del prodotto. Si tratta di un numero molto elevato, specie per una malattia di così bassa incidenza. Sulla base di questi dati, il numero di effetti avversi gravi per questo vaccino registrati dall’AIFA (175 nel 2016 e 60 nel 2015) andrebbero moltiplicati rispettivamente per 35 o per 47 volte. Un esempio di come il rapporto costi-benefici vada valutato su ogni singolo vaccino e di quanto siano sottostimati i dati dell’AIFA. E anche di come si ignorino allegramente le indicazioni sulla fascia di età per la quale il farmaco è stato approvato, ovvero dai 10 anni d’età in su, con due dosi. In Italia invece lo si somministra anche ai neonati a partire dai tre mesi di età, con tre dosi.

Da ultimo, le quattro Commissioni parlamentari della Difesa che hanno indagato sulle cause delle gravi patologie che colpiscono i militari italiani, dopo anni di accertamenti hanno focalizzato l’attenzione sui vaccini e in particolare sull’MPR, giungendo a raccomandare il numero massimo di 5 vaccini per i soldati in servizio.  Perché ai militari 5 e ai neonati di pochi giorni 10 (più quelli raccomandati, che possono fare 14), a prescindere dalle loro condizioni (prematuri, sottopeso, affetti da patologie ecc.), senza avere nemmeno uno solo studio che abbia indagato in via preventiva gli effetti di questa particolare associazione di vaccini, confrontando gruppi randomizzati di bambini vaccinati con questi 10-14 vaccini e bambini non vaccinati? Ai genitori italiani è stato taciuto che i loro figli sono sottoposti ad un esperimento di massa senza codice etico e senza possibilità di scelta volontaria. Roba da dittatura nazista, altro che consenso informato! E non si tratta di un’esagerazione: un esperimento obbligatorio violerebbe il Codice di Norimberga.

Un problema ulteriore è dato dalla presenza di nanoparticelle e di metalli neurotossici in alcuni campioni di preparati vaccinali (peraltro assenti in analoghi prodotti veterinari). Si può ascoltare un’intervista alla dottoressa Antonietta Gatti, fisico e bioingegnere di fama internazionale (osteggiata violentemente da quando si occupa di vaccini con il marito, dottor Stefano Montanari) e uno studio dell’infettivologo e specialista in Medicina preventiva dottor Fabio Franchi sulla quantità di sali di alluminio non solubili iniettati per via intramuscolare nei neonati, che supera di molto le dosi massime indicate dall’EMA (peraltro, è ignoto quale quantità massima di alluminio iniettato per via intramuscolare in forma di sali insolubili sia tollerabile per un neonato senza provocare danni, ma la cosa non sembra suggerire alcun atteggiamento di precauzione).

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