O la borsa o la vita. Quando il cittadino diventa cavia per obbligo di legge

Ci risiamo. Dopo l’imposizione dell’obbligo vaccinale ai bambini della legge Lorenzin, la morsa della distruzione dei diritti inviolabili riconosciuti dalla Costituzione si stringe ulteriormente, colpendo gli operatori sanitari, per arrivare un passo per volta a tutti, come previsto.

Considerato dal punto di vista etico-giuridico l’obbligo vaccinale ci pone di fronte ad una questione di vitale importanza per tutti noi: può lo Stato imporre ai cittadini un intervento sanitario universalmente obbligatorio contro la loro volontà? Può violare il principio dell’inviolabilità del corpo? E può fare questo dietro minaccia della perdita, provvisoria, ma prolungata, del sostentamento economico, del demansionamento, della sospensione senza demerito dall’Ordine professionale?

È ovvio che il “può” va inteso nel senso di “ha il diritto”. Nel comune sentire, lo Stato ha il diritto di costringere quando è in gioco un bene maggiore, in questo caso la salute pubblica, in altri casi la sicurezza o l’interesse generale. Ma in uno Stato di diritto e soprattutto in uno Stato democratico il potere dello Stato è soggetto a pesanti limitazioni. Se così non fosse, il naturale squilibrio di forze fra Stato e cittadini trasformerebbe questi ultimi in sudditi senza diritti. Solo se il fine fosse trasformare i cittadini in sudditi di un potere autoritario potrebbero trovare spazio misure tanto coercitive da rasentare l’estorsione. In uno Stato democratico, la sovranità è dei cittadini, che la esercitano sulla base della Costituzione, la quale a sua volta è frutto di un patto, di un contratto bilaterale fra i cittadini e lo Stato. Lo Stato è al servizio dei cittadini, non viceversa; di per sé, lo Stato non è altro che l’espressione della comune appartenenza dei cittadini ad un unico corpo sociale.

Come in ogni faccenda complessa, è in gioco un bilanciamento di diritti e di doveri. Lavorare è un diritto, tanto fondamentale da essere collocato all’articolo 1 della Costituzione. Con questo decreto 44/2021, si sta praticamente stabilendo il principio che esiste un diritto tiranno, quello alla salute pubblica, al quale tutti gli altri devono essere subordinati e sacrificati, compreso il diritto al lavoro, al reddito, all’istruzione, all’esercizio della libertà personale, della libertà di circolazione, della libertà di espressione, della libertà di scelta delle cure, della salute personale, del tutto accessoria rispetto a quella collettiva e di cui lo Stato si fa unico titolare, al punto da trasformare un diritto soggettivo in un obbligo soggettivo. Tali diritti sono codificati nei trattati internazionali e nei documenti di bioetica e rappresentano una conquista di civiltà irrinunciabile.

Il Codice di Norimberga, redatto nel 1946 dopo i processi ai medici nazisti colpevoli di aver condotto esperimenti atroci su esseri umani, cercò di stabilire il confine (assai labile, come si accorsero i giudici) fra gli interventi leciti e quelli illeciti in ambito medico, soprattutto in ambito sperimentale. E la prima regola che venne individuata dai medici statunitensi incaricati della stesura fu la seguente:

«la persona coinvolta dovrebbe avere la capacità legale di dare il consenso, e dovrebbe quindi esercitare un libero potere di scelta, senza l’intervento di qualsiasi elemento di forzatura, frode, inganno, costrizione, esagerazione o altra ulteriore forma di obbligo o coercizione; dovrebbe avere, inoltre, sufficiente conoscenza e comprensione dell’argomento in questione tale da metterlo in condizione di prendere una decisione consapevole e saggia».

La World Medical Association ribadiva inoltre, nella Dichiarazione di Helsinki del 1964, il concetto che solo il consenso esplicito poteva giustificare moralmente la ricerca sui soggetti umani e che “nella ricerca medica gli interessi della scienza e quelli della società non devono mai prevalere sul benessere del soggetto“. Da queste riflessioni sono nati il consenso informato e la riflessione bioetica. Pur con differenze culturali e filosofiche, la bioetica – in particolare quella anglosassone – tende a considerare fra i principi irrinunciabili in ambito medico l’autonomia del paziente (ovvero la libertà di scelta), la beneficità (ovvero l’effettivo beneficio) e la non maleficità dell’intervento (il principio ippocratico primum non nocēre), la giustizia rispetto l’accesso alle cure.

Dai documenti di etica medica deriva un primo punto fermo: un intervento medico si giustifica solo nell’interesse esclusivo di chi lo riceve, solo con il suo consenso espresso, solo se non fa un danno superiore ai benefici che apporta, solo se arreca un beneficio al soggetto. Non si giustifica con un interesse superiore della ricerca scientifica e della società. La CRC pone inoltre come criteri irrinunciabili di ogni intervento la non discriminazione. Tutto l’opposto di quanto sta avvenendo per l’obbligo vaccinale ai sanitari, dato che si tratta non di un vaccino, ma di un farmaco genico sperimentale dall’efficacia e dalla sicurezza ignote, e per il cosiddetto “passaporto vaccinale”, perfetto strumento di discriminazione e di controllo della popolazione.

L’articolo 32 della Costituzione è chiaro:

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Che nel caso della terapia genica per il Covid si possa trattare di una violazione dell’integrità della persona è fuori discussione: se rifiutare di sottoporsi ad una sperimentazione medica imposta per legge comporta una perdita o una sospensione di diritti essenziali e irrinunciabili, allora il cittadino diventa una cavia contro la sua volontà, poco più che bestiame da marchiare.

Manca solo l’ultimo passaggio della coercibilità, che finora è sempre stata esclusa dalla giurisprudenza, e siamo di nuovo al nazismo. Non bisogna dimenticare che il nazismo si è imposto grazie a schiere di medici allineati con il potere e ha giustificato lo sterminio con il bene della nazione. Un passo in quella direzione è inaccettabile da chiunque difenda i valori della democrazia. Eppure, il D.L. 44 del 1 aprile già spalanca il baratro quando assegna (art. 5) al direttore sanitario della ASL il potere di decidere la vaccinazione alle persone dichiarate incapaci, sottraendolo ai familiari e al tutore. Quando lo Stato decide per i cittadini in materia di salute, la libertà è persa del tutto.

Somministrare in modo indiscriminato grandi quantità di farmaci a soggetti sani, senza alcuna conoscenza preventiva dello stato di salute, di un’eventuale immunità preesistente, o di controindicazioni alla somministrazione non risponde né a criteri etici né a criteri scientifici. E non ha a che fare con l’utilità o meno dei vaccini. Un farmaco non è utile a prescindere da chi lo assume. Per fare un esempio, anche se gli antibiotici sono una benedizione per l’umanità, questa non è certo una ragione per somministrarli a tutti, anche a soggetti sani o allergici.

La Corte Costituzionale si è espressa più volte in merito all’obbligatorietà delle vaccinazioni pediatriche, individuando in esse un vantaggio sia per il minore sia per la collettività: con la sentenza 23 giugno 1994 n. 258 ha chiarito che le leggi che impongono l’obbligo vaccinale non contrastano con l’art. 32 Cost., purché “il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; vi sia la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili; sia prevista, nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio − ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica − comunque la corresponsione di un equo indennizzo in favore del danneggiato“. Nella stessa pronuncia, la suprema Corte ha aggiunto un’importante invito al legislatore “affinché, ferma la obbligatorietà generalizzata delle vaccinazioni ritenute necessarie alla luce delle conoscenze mediche, siano individuati e siano prescritti in termini normativi, specifici e puntuali, ma sempre entro limiti di compatibilità con le sottolineate esigenze di generalizzata vaccinazione, gli accertamenti preventivi idonei a prevedere ed a prevenire i possibili rischi di complicanze“.

Secondo la Corte, quindi, l’obbligo si giustifica a determinate condizioni, che sono appunto quelle che dovrebbero essere accertate. È evidente, infatti, che i danni da vaccino esistono e possono essere anche gravi, come testimoniano le numerose sentenze che impongono il risarcimento dello Stato ai bambini danneggiati in modo permanente dalle vaccinazioni. In questo caso particolare, le condizioni poste non sono soddisfatte: il cosiddetto “vaccino” Covid non blocca il contagio e nemmeno l’infezione; mancano tutti gli studi sugli effetti a medio e lungo termine, sulle interazioni con altri medicinali e sulle controindicazioni per particolari categorie di soggetti, come le donne in gravidanza; non garantisce un’immunità duratura; non protegge da tutte le varianti previste di un virus a RNA; morti e danneggiati sono già molto numerosi. Benché presentato dal marketing farmaceutico come l’unica via d’uscita al Covid, in realtà non sembra affatto indispensabile, visto che esistono molte cure efficaci per questa malattia, benché accuratamente osteggiate, e il tasso di mortalità sotto i 70 anni, secondo le meta-analisi di John P.A. Ioannidis, è dello 0,05%. In più, né le case farmaceutiche né i medici somministratori si assumono la responsabilità penale dell’inoculazione in caso di danno o morte. Che cosa differenzia dunque un vaccinato da un non-vaccinato, se entrambi possono contagiare altri e se l’immunità è di breve durata? E che vantaggio costituisce per la salute pubblica la vaccinazione universale, se come dicono validi epidemiologi, vaccinare durante un’epidemia rischia di selezionare varianti virali più aggressive, senza impedire il contagio?

Secondo la Dichiarazione di Helsinki, nessuno può essere costretto ad un intervento medico potenzialmente dannoso per arrecare beneficio a qualcun altro. In questo caso, il beneficio è pure assente. Tale principio è ribadito dalla Convenzione di Oviedo, recepita in Italia con legge n.145/2001: Articolo 2 – Primato dell’essere umano. L’interesse e il bene dell’essere umano debbono prevalere sul solo interesse della società o della scienza”.

Obbligare a vaccinarsi in assenza di pericolo diretto dei soggetti interessati è una violazione del principio di non maleficità: poiché va bilanciato di caso in caso il rapporto costi-benefici di un vaccino, se non c’è beneficio diretto, ma è presente un danno anche solo potenziale, non si giustifica l’intervento, e comunque non può essere obbligatorio. Invece, si sta parlando con insistenza di estendere la vaccinazione perfino a bambini e adolescenti sani, finora toccati marginalmente e in misura lieve dall’epidemia.

Disporre un trattamento sanitario obbligatorio che non rechi un beneficio diretto al soggetto che vi è sottoposto (principio di beneficità) viola il principio di necessità e di urgenza e viola la Convenzione di Oviedo, che nel sommario iniziale recita testualmente:

“La Convenzione consacra il principio che la persona interessata deve dare il suo consenso prima di ogni intervento, salvo le situazioni di urgenza, e che egli può in ogni momento ritirare il suo consenso. Un intervento su persone incapaci di dare il proprio consenso, per esempio su un minore o su una persona sofferente di turbe mentali, non deve essere eseguito, salvo che non produca un reale e sicuro vantaggio per la sua salute”.

All’opposto, sugli anziani delle RSA si sta procedendo anche senza il consenso dei familiari con un farmaco sperimentale privo di approvazione definitiva.

Un farmaco si somministra a chi ne ha bisogno, secondo una valutazione in scienza e coscienza, non indiscriminatamente a tutti, perché così è evidente che, statisticamente, qualcuno ne riporterà dei danni anche gravi, e questo è sempre e comunque eticamente inaccettabile. Nel caso del non-vaccino Covid non è neppure possibile esprimere un consenso davvero informato, mancando molte informazioni indispensabili per assenza di adeguate verifiche sperimentali. Una cambiale in bianco, insomma. Imporre un obbligo in queste condizioni sembra rispondere più agli interessi dei produttori che a quelli dei cittadini, della cui salute lo Stato in questa pandemia non ha mostrato finora alcuna volontà di volersi occupare seriamente. Basti pensare al numero di morti per cure sbagliate, di poveri, di disperati, di suicidi, di persone mentalmente devastate, di bambini e adolescenti danneggiati che questa sciagurata gestione sanitaria ha già lasciato dietro di sé.

Articolo pubblicato su Sovranità popolare, aprile 2021

https://www.sovranitapopolare.org/2021/04/09/o-la-borsa-o-la-vita/

Fabbricare il consenso cancellando i fatti. Tre notizie clamorose ignorate dai media

Ci sono almeno quattro modi per mentire: produrre dati falsi, interpretare in modo tendenzioso i dati disponibili, ingigantire fatti irrilevanti o sminuire dati rilevanti e omettere in tutto o in parte informazioni indispensabili a formarsi una visione attendibile dei fatti. Nella stampa italiana (e certo non solo in quella, come spiegò magistralmente già nel 1988 Noam Chomsky, con il libro Manufacturing Consent, ma da noi con esiti drammatici) non è raro imbattersi in tutti e quattro, e su molte materie. Diventa difficile formarsi un’opinione ragionata, quando sono truccati i dati di fatto.

Da cane da guardia della democrazia, la stampa nazionale e la televisione appaiono spesso trasformate in cani da guardia del potere. Che il potere (politico, economico, finanziario, militare) da sempre sfrutti a proprio vantaggio il controllo dell’informazione e il conformismo della gente è cosa risaputa e perfino teorizzata dai regimi totalitari, come fece Joseph Goebbels nella Germania nazista; per questo in democrazia hanno tanta rilevanza l’autonomia e il pluralismo nell’informazione.

Se i giornalisti sono minacciati, economicamente deboli, ricattati, influenzati o finanziati da portatori di interessi privati (partiti, organizzazioni criminali, banche, aziende, potenze straniere o individui potenti) viene lesa non solo la libertà di stampa, ma anche il diritto essenziale dei cittadini ad un’informazione seria e attendibile e di conseguenza viene minacciata la democrazia o vengono calpestati dei diritti. E se la stampa appare inattendibile e asservita, il discredito che ricade sui giornalisti rende ancora più velenoso e irrespirabile il clima sociale. Un giornalista tutto sommato onesto, ma sotto pressione, se non si sente un eroe, può preferire una sicura reticenza ad una pericolosa verità e scegliere l’autocensura come compromesso accettabile per tutelare la carriera, la vita familiare o la propria incolumità personale. Risulta difficile dire quindi di volta in volta se le menzogne dell’informazione “ufficiale” siano deliberate o meno, ma restano menzogne (o fake news, come si usa adesso) pericolose per la democrazia, ed è di questo che intendo parlare qui.

Qualche mese fa, mettevamo in luce come, nel dibattito pubblico sulla legge Lorenzin, che imponeva di punto in bianco un obbligo vaccinale molto rigido per un numero elevato di malattie, la stampa italiana avesse mostrato una preoccupante tendenza a rinunciare al proprio ruolo critico di fronte a palesi falsità enunciate e ripetute pubblicamente dal Ministro della Salute sui giornali e in TV a proposito dell’elevato numero di bambini morti per morbillo in Inghilterra nel 2013 (270 secondo il Ministro; pari a zero, in realtà), sotto lo sguardo compiaciuto delle autorità sanitarie. Lasciar passare una menzogna così grave nella sostanza (si trattava delle massime autorità sanitarie nazionali!) e nei suoi effetti persuasivi su una questione così delicata per la tutela dei cittadini più indifesi rimarrà nella storia nazionale come un atto vergognoso e imperdonabile, un vero e proprio tradimento del proprio ruolo istituzionale a difesa della verità.

Tralasciando altre gravi falsificazioni sull’argomento e il clima intimidatorio e diffamatorio messo in piedi dalla stampa cartacea, radiofonica e televisiva mainstream verso qualunque voce di dissenso, sebbene proveniente dallo stesso mondo scientifico (compresi virologi di fama mondiale, premi Nobel e scienziati blasonatissimi), osservammo, a febbraio 2018, come fosse stata passata sotto universale ed unanime silenzio dei media la conclusione sconvolgente dei lavori della IV Commissione Difesa (che aveva coinvolto un certo numero di esperti medici e non solo) sul ruolo determinante della profilassi vaccinale nelle gravi patologie che avevano colpito oltre 7000 militari italiani in servizio. Indipendentemente dalla conclusività di quel lungo lavoro di indagine, che poteva e doveva essere discusso in sede scientifica, il fatto stesso di aver tenuto all’oscuro i cittadini dei contenuti più scottanti di un fondamentale atto parlamentare appare una manipolazione della verità di dimensione inaudita. L’omissione è una menzogna non meno grave della produzione di dati falsi, perché i suoi effetti sono identici, ovvero impedire la formazione di un’opinione fondata e la tutela dei propri diritti.

Ma nelle ultime settimane siamo giunti all’apoteosi della menzogna. La sociologa Elizabeth Noelle-Neumann chiamava “spirale del silenzio” il grave fenomeno per il quale i media, rappresentando come unica l’opinione prevalente o più gradita al potere, condannano al silenzio le opinioni dissenzienti, orientando così la gente a ritenerle inesistenti o poco diffuse, anche quando sono maggioritarie o assai rilevanti, e spingendola a conformarsi all’opinione dominante. La questione dell’obbligo vaccinale ne è un esempio lampante. Al di là delle opinioni personali sulla bontà e sulla sicurezza dei vaccini, il silenziamento o la demonizzazione di un punto di vista, specie se critico, nel pubblico dibattito si configura come una manipolazione inaccettabile del consenso. E il consenso si manipola quando la verità non è presentabile. Succede così che tre notizie clamorose e di grandissima rilevanza per milioni di genitori italiani possano passare sotto quasi unanime silenzio. Parliamo di tre fatti, non di tre opinioni, in crescendo di gravità.

La prima viene dalla Puglia. Virtuosamente, l’Osservatorio Epidemiologico Regionale, pungolato dalle critiche arrivate attraverso una trasmissione televisiva (non tutta l’informazione è da buttare), ha deciso di avviare un progetto di vaccinovigilanza attiva per 12 mesi nel 2017, con il quale un certo numero di bambini vaccinati contro morbillo, parotite, rosolia e varicella (MPRV) è stato seguito per un anno per verificare, con la collaborazione dei genitori, tutti gli eventuali effetti avversi. La vigilanza attiva sugli effetti avversi, tutt’altro che diffusa in Italia, è una delle principali richieste fatte allo Stato dai genitori preoccupati. Si sa infatti che solo la minima parte degli effetti avversi viene segnalata spontaneamente alle autorità, tanto più da quando i medici che osano fare qualunque obiezione vengono sanzionati dalla pubblica riprovazione dei colleghi e minacciati di espulsione dall’Ordine.

Leggendo l’introduzione del report, dal titolo Sorveglianza degli eventi avversi a vaccino in Puglia. Report 2013-2017, si viene a sapere che i vaccini sono sicuri e che si può stare tranquilli; si può poi leggere su Quotidiano Sanità in un’intervista ad un membro del gruppo di lavoro, Silvio Tafuri, che sono “solo 56 gli eventi avversi gravi correlabili alle vaccinazioni a fronte di quasi 900 eventi segnalati e analizzati dagli esperti regionali”. Il titolo dell’articolo è solo relativamente rassicurante: Il primo report sugli eventi avversi da vaccino: 56 quelli gravi su quasi 7 milioni di vaccinazioni effettuate.

Se però si leggono (ma chi lo fa?) i dati presentati in fondo al report (pp. 26 e seguenti), sui quali peraltro non vengono tratte le dovute conclusioni, si osserva uno scenario completamente diverso. Mi limito perciò a fare copia e incolla:

Nello studio sono stati coinvolti 12 Centri vaccinali che hanno coperto tutte le Aziende Sanitarie della Regione Puglia. Nei Centri vaccinali aderenti, complessivamente nel periodo dello studio considerato (12 mesi) sono state somministrate 3.936 prime dosi di vaccino anti-MPRV e sono stati reclutati 1.672 soggetti (42,5% dei soggetti che hanno ricevuto la prima dose di vaccino MPRV). […]

Nell’ambito del progetto di sorveglianza attiva sono stati segnalati 656 eventi avversi (reporting rate = 392,34×1.000 dosi) mentre le attività di sorveglianza passiva comprendono 112 segnalazioni (reporting rate = 0,42×1.000 dosi).

Mi fermo. Calcolatrice alla mano, verifico di aver capito bene. Su 1672 soggetti inclusi nel progetto di vigilanza attiva, sono 656 le segnalazioni di eventi avversi, esattamente il 39,23% del totale! Ma non ci avevano detto a reti unificate che erano uno su un milione? O addirittura, come aveva affermato Alberto Villani, Presidente dell’Associazione Italiana di Pediatria, 3 o 4 negli ultimi vent’anni? Ma qui significa 392.300 su un milione! Per di più, nei quattro anni precedenti, con la sorveglianza passiva, risultavano solo lo 0,04%, circa mille volte di meno (ma sempre molto più di uno su un milione: 420, per l’esattezza)! Allora era fondata la preoccupazione dei genitori somari e ignoranti! E se la vaccinovigilanza attiva venisse condotta in tutte le ASL d’Italia, quanti casi verrebbero fuori? E su tutti i vaccini, anziché sul solo MPRV? E se si prolungasse oltre i 12 mesi di questo studio? E se si studiassero gli effetti a lungo termine?

Proseguo e leggo:

Nel periodo in esame, 68/656 (10,4%) eventi segnalati nell’ambito della sorveglianza attiva sono stati classificati come gravi (reporting rate = 40,67×1.000 dosi); tale proporzione è pari a 32/112 (28,6%) eventi nell’ambito della sorveglianza passiva (reporting rate = 0,12×1.000 dosi).

Mi fermo di nuovo. Su 656 segnalazioni di effetti avversi, 68 (il 10,4%) sono classificate come gravi. Significa che per il 4,07% (40,67 su mille, 40.670 su un milione) dei bambini che ha ricevuto il vaccino MPRV è stato segnalato un effetto avverso grave. Ma che cosa vuol dire “grave”? Ce lo dice lo stesso report a pagina 19:

Un evento avverso a vaccino o farmaco viene classificato come grave ove abbia determinato:

- decesso
- pericolo di vita
- invalidità grave o permanente
- anomalie congenite/deficit del neonato
- ospedalizzazione o prolungamento dell'ospedalizzazione
- altra condizione clinicamente rilevante

Ma sono tantissimi! Quanti allora in tutta Italia? Appare chiaro che con la vigilanza passiva si scoprono sono una minima parte dei casi gravi, ma gli altri (molti di più) passano sotto silenzio, forse perché i danni non vengono correlati al vaccino né dai pediatri né dai genitori. Era un problema già rilevato negli anni ’90 da un esperto della FDA statunitense. Ma quante segnalazioni vengono confermate con criteri validati dall’OMS? Insomma, quanti sono i casi documentati di effetti avversi in Puglia, per i quali si è stabilita la relazione causale con il vaccino? Il 73,1% del totale delle segnalazioni, ovvero 49 su 67 con la vigilanza attiva e il 36,4%, ovvero 8 su 22 per quella passiva.

E veniamo al dato fuorviante e tendenzioso fornito dal titolo dell’intervista. I casi accertati di effetti avversi gravi sono 57 (non 56, ovvero 49 con la vigilanza attiva e 8 con quella passiva, ma vabbè), ma il denominatore non sono i 7 milioni di bambini vaccinati in Puglia (col che saremmo comunque a ben più di uno su un milione), bensì solo i bambini vaccinati con MPRV, solo in 12 mesi, solo quelli partecipanti allo studio (1672, si è detto), più un certo numero di bambini sottoposti a vigilanza passiva negli anni 2013-2017. Una presentazione sorprendente dei dati, perché viene taciuto il dato assai allarmante del 4% dei casi con effetti gravi (il 2,93% accertati), che, se confermato da altri studi analoghi su campioni più ampi, darebbe 40.670 casi (29.306 accertati) su un milione per la prima dose di un solo vaccino! Se fosse stato riportato il dato corretto, quanto il titolo dell’articolo avrebbe rassicurato i genitori? Proviamo a leggerlo: Il primo report sugli eventi avversi da vaccino: 49 quelli gravi accertati su 1672 vaccinazioni effettuate in un anno per la prima dose dell’MPRV (2,93% , 29.306 su un milione).

Si scopre poi che nel 91,2% delle segnalazioni gli effetti avversi sono correlati alla somministrazione di due vaccini virali insieme, l’MPRV e l’HAV (antiepatite A) e che la stragrande maggioranza dei casi (81,8% del totale) riguarda bambini di età inferiore ai due anni. Ohibò, e se avesse avuto ragione quel pazzo di Andrew Wakefield a suggerire di non vaccinare contro morbillo, parotite e rosolia prima dei due anni, per ridurre gli effetti avversi? E se non fossero poi così dementi i genitori a chiedere che non vengano iniettati troppi vaccini contemporaneamente, specie antivirali?

Si può leggere qui:

Per quanto concerne la sorveglianza attiva, 6/68 (8,8%) segnalazioni sono relative a somministrazione di singolo vaccino anti-MPRV e 62/68 (91,2%) a co-somministrazione di due vaccini (MPRV + HAV in tutti i casi). Per 67/68 (98,5%) segnalazioni di evento avverso grave pervenute nell’ambito della sorveglianza attiva è stato possibile effettuare il causality assessment, mentre questa operazione è stata effettuata per 22/32 (68,8%) segnalazioni pervenute nella sorveglianza passiva.

Nel periodo in esame, 49/67 (73,1%) eventi avversi gravi segnalati nell’ambito della sorveglianza attiva sono stati classificati come correlabili a vaccino anti-MPRV (reporting rate = 29,31×1.000 dosi); per la sorveglianza passiva, sono correlabili 8/22 (36,4%) eventi gravi segnalati (reporting rate = 0,03×1.000 dosi). […]

Delle segnalazioni di evento avverso grave correlabile alla vaccinazione, 30/56 (53,6%) sono relative a vaccinati di genere femminile. Per 55/56 (98,2%) è nota l’età al momento della vaccinazione, con 45/55 (81,8%) casi in età <2 anni, 7/55 (12,7%) tra 2 e 11 anni e 3/55 (5,5%) tra 18 e 64 anni.

Qualcuno, nel report della regione Puglia, commenta questi sconvolgenti risultati? No, assolutamente. Va tutto bene, madama la marchesa. Nessun commento, nessuna conclusione. Quasi il 40% dei bambini vaccinati con MPRV denuncia un effetto avverso, in 4 casi su 5 sotto i due anni di età; il 10,4% dei casi denunciati è grave e il 73% di essi accertato e la cosa non fa notizia? Certo, si dice che l’83,7% dei casi di effetti gravi risulta guarito dopo un anno, ma un certo numero di bambini (circa uno su cinque) non lo è affatto. Quanti sono i danneggiati gravi che non guariscono moltiplicati per tutte le dosi di tutti i vaccini di tutti i bambini italiani? Sono di più o di meno dei danneggiati dalle malattie per le quali si vaccina? Come si fa a dire che questo vaccino è assolutamente sicuro a fronte di questi dati? Non si sente la necessità di approfondire, visto che si tratta di un vaccino obbligatorio e che la Corte Costituzionale ha specificato che si può obbligare solo se il danno è minimo e transitorio? E i giornalisti, lo hanno letto il report? Lo hanno diffuso e commentato? Hanno notato la discrepanza fra il testo introduttivo, tanto rassicurante, e i dati effettivi, pubblicati in bella vista, ma occultati ai lettori distratti da un silenzio tombale sul loro significato? E le autorità sanitarie? Hanno commentato? Assolutamente nessuno lo ha fatto. Lo ha scoperto un gruppo di genitori del MOIGE, auditi dalla Commissione Sanità in Senato il 20 novembre scorso. Poi, come sempre, è calato il silenzio, a parte il rimbalzo su Internet.

E veniamo alla seconda notizia, ancora più sconvolgente. Il Corvelva, associazione veneta di genitori contrari all’obbligo vaccinale, dopo aver letto la relazione della IV Commissione Difesa, in cui si parla di gravi impurità nei vaccini, commissiona a diversi laboratori certificati alcune analisi sulla composizione dei vaccini attualmente usati come obbligatori, ricevendo un piccolo contributo (10.000 euro) anche dall’Ordine dei Biologi. Ne parla pure la rivista Nature e un solo giornale italiano, Il Tempo, vi dedica ampio spazio. Gli altri tutti zitti. Si leva subito il coro unanime delle Vestali della Scienza, che, senza aver verificato, si stracciano le vesti gridando alla bufala e all’ignoranza dei temerari esperti dei laboratori coinvolti. Repubblica parla addirittura di 130 scienziati, pezzi grossi delle Università italiane, dell’ISS, e di ben 15 istituzioni straniere, senza però elencarne i nomi, a parte 3 o 4. Il tono, come sempre, è sprezzante e mira a screditare i dati di Corvelva, ricorrendo alla solita fallacia ad personam (poiché sono dei no-vax, le loro informazioni sono “carenti e fallate” a prescindere). Risponde alle critiche una degli autori delle analisi, la dott.sa Loretta Bolgan, dottorata in Scienze farmaceutiche ad Harvard e Vincenzo D’Anna, il Presidente dell’ordine dei Biologi, ne difende il lavoro.

Ma perché tanta sdegnosa riprovazione? Perché dal laboratorio vengono fuori risultati agghiaccianti, benché del tutto provvisori, e soprattutto perché la notizia è trapelata, rompendo la spirale del silenzio. A luglio, l’analisi di due campioni di vaccino MPRV (lo stesso della Puglia) mostra almeno quattro inaccettabili non conformità: una quantità insufficiente di antigene del virus della rosolia (quindi l’inefficacia assai probabile del vaccino per questa malattia), una quantità impressionante di materiale genomico di diversa provenienza, con frammenti e intere sequenze di DNA umano (da cellule fetali necessarie per la coltivazione dei virus, una linea cellulare usata da 50 anni) e non umano (virus e retrovirus nocivi, batteri, vermi), un numero elevato (115) di sostanze chimiche estranee, fra le quali farmaci, antibiotici, diserbanti, erbicidi, acaricidi e metaboliti della morfina, benché singolarmente in minime quantità, e infine una mancanza di corrispondenza fra le varietà virali dichiarate e quelle realmente presenti, con l’eccezione del virus del morbillo, cosa che potrebbe pregiudicare sia l’efficacia sia la sicurezza dei composti. Inoltre, palesi differenze fra i lotti e una quantità molto elevata di composti non identificabili. Le analisi di altri vaccini presenta risultati ancora più sconcertanti. L’intera documentazione (ancora molto parziale) si può trovare qui.

Ma leggiamo alcuni passi della relazione sulle analisi metagenomiche di secondo livello, che sostanzialmente confermano quelle di primo livello:

Il Priorix Tetra è il vaccino con più alta quantità di DNA estraneo contaminante (DNA totale estratto da 3.7 μg a 1.7 μg, di cui il 88% è umano, quindi proveniente dalle cellule MRC-5, e il restante 12% proviene da microorganismi avventizi, quali virus, batteri, vermi).

Il DNA genomico umano è ad alto peso molecolare sopra i 60.000 bp. e la totale copertura in sequenza dell’intero genoma umano di riferimento (HG-19) dimostra che è l’intero genoma delle cellule fetali utilizzate per la coltura dei virus vaccinici ad essere presente e non solo porzioni di esso .

Dalla risposta dell’EMA al nostro quesito sui limiti imposti ai residui di materiale genetico estraneo nei vaccini risulta che di fatto non ci sono dei limiti per ciascun vaccino ma solo per alcuni, riportati nelle monografie del prodotto; il limite massimo previsto varia da 10 pg a 10 ng , sulla base del calcolo teorico della possibilità da parte del DNA genomico estraneo di causare mutazioni oncogeniche.

È da notare che le autorità regolatorie non richiedono che queste contaminazioni vengono testate nel prodotto finale, ma solo nella fase di preparazione iniziale, e che per i vaccini a virus attenuati la purificazione di queste contaminazioni sono un passaggio critico. L’EMA non ha fornito studi specifici sulla pericolosità del DNA residuo fetale, che consentano di valutare il rischio per la salute umana di queste contaminazioni, perciò tale limite rimane ad oggi arbitrario.

Ne segue che per questi due lotti di Priorix Tetra risulta circa 140 volte superiore al limite massimo di 10 ng e ben 140.000 volte superiore al limite minimo di 10 pg. […]

1. Il genoma del virus del morbillo contenuto nel vaccino è identico alla sequenza del ceppo Edmonston Schwartz depositato nelle banche dati avente numero di accessione AF266291. Il numero di varianti rilevate è stato infatti pari a 0;

2. Il genoma del virus della parotite contenuto nel vaccino ha mostrato una singola mutazione rispetto al ceppo virale Jeryl-Lynn presente nelle banche dati pubbliche con il numero di accessione AF338106.1;

3. Il genoma del virus della rosolia non è stato rilevato;

4. Il genoma del virus della varicella contenuto nel vaccino ha mostrato quattro mutazioni rispetto al Human herpesvirus 3 presente nelle banche dati pubbliche con il numero di accessione AB097932.1.

La sequenza degli antigeni/genomi virali è un dato strettamente confidenziale che non viene fornito dall’EMA. Non sono disponibili linee guida che regolamentano l’analisi delle mutazioni genetiche e lo studio degli effetti sulla salute umana.

L’elevata frequenza di mutazioni genetiche nei virus e nei batteri, nonché nel DNA delle linee cellulari in coltura, è un problema di grande rilevanza per quanto concerne la sicurezza, in quanto non è noto come le varianti eventualmente riscontrate possano modificare la capacità infettiva e la stimolazione del sistema immunitario verso reazioni autoimmuni.

È certamente possibile che le analisi siano incomplete, come peraltro dichiarato dal Corvelva, che vadano integrate, approfondite o migliorate, come rilevato dagli esperti che hanno criticato la metodologia di analisi o le conclusioni, ma il punto non sta nella correttezza delle analisi, quanto nell’assenza di risposta delle autorità di vigilanza sui vaccini, Ministero, AIFA e ISS in testa, che avrebbero prima di tutto dovuto rispondere con un minimo di preoccupazione, anziché con il silenzio alle missive del Corvelva che presentavano i primi risultati provvisori (si tratterebbe infatti come minimo di una frode e di una minaccia alla salute pubblica, se le cose stessero così; materia penale, insomma, alla quale le grandi multinazionali farmaceutiche non sono certo nuove) e avrebbero dovuto presentare subito al pubblico i risultati delle analisi effettuate nei propri laboratori, a smentita di quanto divulgato dall’associazione veneta, e predisporre subito delle controanalisi degli stessi lotti vaccinali. Ma ci sono queste analisi, effettuate da istituzioni pubbliche e non solo dai produttori di vaccini? Qualcuno le vuole mostrare e mettere così a tacere subito il Corvelva? C’è qualcuno che si preoccupi della salute dei bambini e che controlli i singoli lotti di prodotto finito in un laboratorio pubblico? Questo il Corvelva vuole sapere, e questo vorrebbero sapere molti cittadini, se la stampa facesse il suo dovere. Invece di affermare indignati che le analisi non sono valide, senza nemmeno averle verificate, occorre mostrare che non lo sono, presentando quelle valide. E c’è una bella differenza. Non si risponde chiedendo un atto di fiducia, quando le accuse sono così gravi; si danno prove scientifiche, ovvero i report delle analisi effettuate nei laboratori pubblici. La ragione di questa richiesta è semplice, e ci porta alla terza gravissima questione sulla quale la stampa tace.

Negli Stati Uniti, nel 1986, sotto la presidenza Reagan, venne approvato il Vaccine Injury Compensation Act, spesso ricordato con la sigla VICA. La legge era richiesta a gran voce dalle aziende produttrici di vaccini, a causa del sempre più elevato numero di cause legali loro intentate dai danneggiati da vaccino (tanto numerosi da costituire una minaccia seria per i profitti dei produttori). Così la legge stabilì che le aziende farmaceutiche non dovessero rispondere legalmente per i danni da vaccino. Il Presidente e il Congresso erano consapevoli del fatto che questo anomalo privilegio avrebbe potuto costituire un pericolo per la salute delle persone, disincentivando di fatto le aziende dal garantire la qualità e la sicurezza dei vaccini; per questo, sulla base del principio checks and balances imposero dei vincoli e dei controlli, e stabilirono che lo Health and Human Services Department (il Ministero federale per la salute) costituisse una task force insieme al NIH (National Institute of Health) per garantire due obiettivi fondamentali: favorire la produzione di vaccini sempre migliori e ridurre al minimo i danni da vaccino. Il compito della task force era

“make or insure improvements in and otherwise use the authority of the secretary with respect to the licensing, manufacturing, processing, testing, labeling, warning, use instructions, distribution, storage, administration, field surveillance, adverse reaction reporting, and recall of reactegenetic lots , or batches of vaccines, or research on vaccines in order to reduce the risk of adverse reactions to vaccines.”

Doveva, insomma, controllare, come organo pubblico, che ogni singolo preparato vaccinale fosse sicuro. La legge stabilì perciò che ogni due anni l’HHS dovesse consegnare al Congresso il report completo di tutte le azioni di sorveglianza e controllo effettuate nei due anni precedenti. Si trattava di un importante strumento di tutela della salute pubblica, uno degli atti più importanti di un Dipartimento federale per la Salute.

“Within two years after this signing declaration on December 22, 1987, and periodically thereafter, the Secretary shall transmit to the Committee on Energy and Commerce of the House of Representatives, and the Committee on Labor and Human Resources of the United States Senate, a report describing the actions taken pursuant to section A during the preceding two year period.”

Robert Kennedy Jr, rampollo della nota famiglia e affermato avvocato, critico nei confronti delle politiche vaccinali, decide di fare richiesta all’HHS di questi documenti, dal 1987 ad oggi, avvalendosi della legge sulla libertà di informazione, che stabilisce 20 giorni come termine per la risposta (Freedom of Information Act o FOIA). Non avendo avuto alcuna risposta dopo un anno, nonostante numerosi solleciti, Robert Kennedy e la sua associazione decidono di rivolgersi al giudice. E finalmente la risposta arriva: non esiste alcun report sulla sicurezza dei vaccini, dal 1987 ad oggi. Punto. 

“The department’s search for records did not locate any records responsive to your request. The Department of Health and Human Services (HHS), Immediate Office of the Secretary (IOS) conducted a thorough search of its document tracking system and the Department also conducted a comprehensive review of all relevant indexes of HHS Secretarial correspondence records maintained at federal record centers that remain in the custody of HHS. These searches did not locate records responsive to your request, or indicate that records responsive to your request and in the custody of HHS are located at federal records center.”

[qui il testo in Italiano, con il commento di Robert Kennedy Jr]

E allora chi li fa questi controlli sulla sicurezza? Nessuno, risponde l’avvocato Kennedy. Da 32 anni nessuno controlla in modo indipendente dalle aziende la sicurezza dei preparati vaccinali, mentre per tutti gli altri farmaci i controlli sono molto stretti e vincolanti. E poiché negli USA le segnalazioni di danni da vaccino furono 59.711 solo nel 2016, di cui 432 morti, se si prende per buona la parola dell’HHS che sono l’1% di quelli reali, per via dell’assenza di una vaccinovigilanza attiva, questo significa che potrebbero essere 5,9 milioni i danneggiati da vaccino in un solo anno; 43.200 i morti, dice Robert Kennedy.

Potrebbe interessare ai cittadini italiani una notizia di questo genere? Perché allora la stampa nostrana la passa sotto silenzio, invece di approfondirla e magari smentirla con altri dati, se ci sono? Che quanto dice Robert Kennedy sia vero o falso tocca alla stampa verificarlo. Ma non può ignorare un fatto così dirompente. Come mai l’AIFA non ha presentato il giorno dopo l’articolo su Il Tempo i report di sicurezza a sua disposizione su quei lotti per rassicurare l’opinione pubblica? Sarebbe così semplice smentire il Corvelva… E perché Repubblica non sollecita la pubblicazione di questi documenti, anziché screditare le analisi del Corvelva? Tocca allo Stato e all’AIFA e all’ISS che ne sono espressione garantire la sicurezza dei vaccini e produrre prove dei controlli effettuati, non ai cittadini fornire prove della loro eventuale dannosità o della correttezza delle proprie analisi. Non è questo il loro compito istituzionale? Si tratta di un trattamento sanitario obbligatorio, per di più pagato con denaro dei contribuenti, e le aziende produttrici sono private, per di più pluricondannate in passato! Con il precedente americano, non è che si possa stare troppo tranquilli; inoltre, detto per inciso, nemmeno da noi le aziende rispondono dei danni da vaccino e a pagare siamo noi cittadini (con gli esigui fondi appositamente stanziati dallo Stato), per i pochi danneggiati che riescono a spuntarla contro l’Avvocatura dello Stato e che possono permettersi il costo di una causa spesso pluridecennale (pochi danneggiati riconosciuti dai tribunali rispetto al totale, ma molti in cifra assoluta).

Invece di fornire dati, questa è stata la risposta pubblica dell’AIFA, commentata dal giornalista Franco Bechis, autore dell’articolo de Il Tempo.

Le autorità preposte effettuano controlli durante tutto il ciclo produttivo del vaccino. Inoltre, prima della distribuzione sul mercato, ogni singolo lotto è sottoposto a un ulteriore doppio controllo effettuato, in modo indipendente, sia dall’azienda produttrice che da una rete internazionale di laboratori accreditati, a loro volta controllati da altri enti (in Italia l’Istituto Superiore di Sanità). Solo i lotti che superano positivamente tali controlli possono essere commercializzati.

e questa la risposta di Vincenzo D’Anna:

“Nel confermare la bontà dell’iniziativa scientifica sostenuta dall’ONB – aggiunge il presidente dei Biologi – formalmente e pubblicamente invito uno o più sottoscrittori del documento di censura ad esibire, ad horas, le analisi sui vaccini in uso così come prescritto dalla norma riguardante le autorizzazioni per l’immissione in commercio dei farmaci. Analisi che ovviamente non siano state esibite dagli stessi produttori o da laboratori accreditati finanziati da quegli stessi produttori”. Insomma, precisa il senatore “analisi che siano eseguite da quelle istituzioni pubbliche preposte al controllo di qualità ed alla farmacovigilanza prevista dalla legge”.

Questa invece la risposta di Loretta Bolgan all’AIFA:

Quanto al fatto che l’EMA abbia risposto a luglio 2018 faccio presente che l’EMA [l’Agenzia europea del farmaco] ha sottolineato che è di competenza dell’AIFA rispondere alle nostre domande per quanto riguarda il Priorix tetra perchè di registrazione nazionale. E l’AIFA risponde non con i dati analitici fatti sui lotti e studi di sicurezza alla mano (visto che come da loro asserito i controlli sono già stati effettuati dai produttori, dai laboratori accreditati, pagati dai produttori, e dall’ISS, spero non pagati anche questi dai produttori), ma dicendo che l’EMA ci ha già risposto e che non prenderanno in considerazione i nostri dati finchè non pubblicheremo.

Questo infine il carteggio fra Corvelva e ISS (Istituto Superiore di Sanità).

Come ho sempre sostenuto nei miei precedenti articoli sull’obbligo vaccinale, qui non siamo di fronte ad una questione scientifica, ma ad una questione politica, etico-giuridica e di libertà dell’informazione; alla fine, forse anche penale (ancora un volta, come spesso in passato), se le analisi di Corvelva avessero ragione. Non si può obbligare nessuno ad un trattamento medico non necessario alla sopravvivenza, né per il proprio né per l’altrui vantaggio, perché il corpo è inviolabile e superare la barriera con i vaccini apre ad altre e più pericolose violazioni; né si può limitare l’esercizio di un diritto civile come il diritto all’istruzione per costringere a compiere un’azione contraria alla propria volontà e di dubbia sicurezza per la propria incolumità. Nemmeno un solo danno grave e permanente da vaccino è eticamente giustificabile se la vaccinazione è obbligatoria, e il report della Regione Puglia apre scenari davvero inquietanti al proposito. In ogni caso, non è una decisione medica stabilire la soglia del sacrificio accettabile.

Ma che la stampa continui a fare propaganda, anziché informazione, e a nascondere informazioni determinanti per la pubblica opinione è insopportabile e pericoloso. Non si tratta qui di diffondere bufale, come si dice ovunque sui media nazionali con beffarda e falsa indignazione, ma di riferire ai cittadini informazioni fondamentali e dovute che provengono da atti pubblici (relazione della IV Commissione parlamentare della Difesa, report della Regione Puglia, report di sicurezza di AIFA, risposta sconvolgente del HHS statunitense) o rendere palesi manifeste falsità provenienti da istituzioni e personaggi pubblici, come le affermazioni inaccettabili del Ministro Lorenzin sui presunti 270 morti per morbillo in Inghilterra e del presidente dei Pediatri italiani sui 3 o 4 casi di effetti avversi ogni 20 anni.

Se non altro, le analisi del Corvelva hanno il merito di aver rotto il muro di fallacie propagandistiche e di affermazioni dogmatiche (e dogmaticamente false) con le quali si è finora impedito un dibattito serio sulle vaccinazioni obbligatorie. Su Internet e sui social network molti esperti hanno dovuto entrare nel merito, anche solo per criticare. Questo è sano e rende onore alla scienza e alla democrazia, mentre le disonorano l’espellere dall’Ordine i medici che presentano dati scomodi o l’insultare qualunque voce critica. Ma, ripeto, occorre alzare lo sguardo: il problema – gravissimo e gravemente minaccioso per tutti noi – è quello dell’informazione manipolata, non la falsa e artificiosa contrapposizione pro-vax/no-vax.

I giornalisti onesti e coraggiosi sono il sale della democrazia costituzionale; è di essi che abbiamo assolutamente bisogno. E se ce ne sono, com’è certo, che si facciano avanti.

L’obbligo vaccinale: come orientarsi fra le diverse posizioni in campo? [parte quinta]

Continuo con l’ultima parte l’articolo di sintesi sulle posizioni in campo riguardo all’obbligo vaccinale, dopo la parte terza e quarta, esaminando gli ultimi tre punti del dibattito.

7. I vaccini sono efficaci? E lo sono tutti allo stesso modo o alcuni più di altri?

COE e TOL. Certamente sì. Sono la più grande invenzione della medicina da sempre. Hanno consentito e consentono di salvare ogni giorno milioni di vite. È solo grazie ad essi che molte patologie sono praticamente scomparse, che non si vedono più bambini nel polmone artificiale, che la salute della popolazione è migliorata. Sono così efficaci da essere vittime del loro stesso successo. La diminuzione delle epidemie ha fatto perdere di vista che, in assenza dei vaccini, tornerebbero ad aggirarsi per l’Europa malattie ormai scomparse, come la difterite e la poliomielite e il morbillo farebbe danni gravissimi.

Morbillo 1888 2017 bdc52


LIB. È possibile che le vaccinazioni abbiano contribuito a ridurre quasi a zero molte patologie, ma è un dato di fatto storico che l’incidenza delle malattie – di tutte, sia quelle coperte da vaccinazione sia quelle non coperte, come la TBC, la malaria, la febbre tifoide, il morbillo, la pertosse – era in costante diminuzione già decenni prima che venissero introdotte le vaccinazioni da massa e la mortalità per tali patologie era praticamente a zero quando furono introdotti i vaccini. Basta guardare i grafici di ISTAT e UNICEF. Si guardi la mortalità per morbillo e si ricordi che il vaccino fu introdotto in Italia nel 1976 e raccomandato dal 1979. Poi si guardi il grafico sui casi di morbillo costruito con i dati ISTAT. Certamente il vaccino del morbillo non ha salvato milioni di vite, almeno in Europa, come sostiene con enfasi, ma senza prove, la propaganda sanitaria.

Viene davvero difficile indicare queste ultime come l’unico fattore causale in gioco né viene mai fornita la prova di questa affermazione. La semplice coincidenza temporale non è certo una prova. Il ruolo delle vaccinazioni è stato sovrastimato, a scapito di altri fattori più significativi.

In alcuni casi particolari, come quello della polio, poi, il cambiamento – mai segnalato nei grafici ad uso del popolo – dei criteri diagnostici ufficiali in senso restrittivo prima nel 1955 e poi nel 1959 – ha di fatto conteggiato come polio solo una piccola parte delle patologie che precedentemente erano chiamate così. Per forza i casi sono diminuiti in fretta proprio nel 1959! Si tratta di una diminuzione semantica e non reale, come diceva il dottor Ratner, l’epidemiologo che nel 1960 conduceva un panel di esperti sulla vaccinazione Salk.

D’altra parte, un vaccino può aver successo nell’eradicare un virus, ma peggiorare il problema iniziale, come è successo in India, dove la campagna promossa da OMS e GAVI Alliance per l’eradicazione della poliomielite ha fatto scomparire il poliovirus, ma ha fatto aumentare a dismisura i casi di paralisi flaccida non polio, identica alla paralisi da poliovirus, ma due volte più letale, collegabile al numero di vaccinazioni (47.500 nuovi casi solo nel 2011 e 60.922 nel 2012, mentre nel 1994, prima del programma di eradicazione del virus, erano solo 4800 circa), caricando oltretutto costi enormi sull’India. Per capire quanto siano state efficaci le campagne vaccinali contro la poliomielite, occorre andare a fondo, senza accontentarsi degli slogan superficiali. Il governo indiano ha deciso alla fine di tagliare i ponti con la Fondazione Bill e Melinda Gates (fra i principali promotori delle vaccinazioni di massa) per la constatata inefficacia delle vaccinazioni proposte (pentavalente) e per il loro carattere sperimentale, che ha prodotto centinaia di morti. Appare un capitolo a sé, infatti, l’uso dei vaccini nei Paesi in via di sviluppo, dove talvolta vengono sperimentati nuovi prodotti in modo irregolare, provocando danni e morti (come i 14 bambini morti in Argentina per un vaccino GSK).  Le multinazionali del farmaco hanno già collezionato lunghe serie di condanne per pratiche scorrette o illegali.

Comunque, l’efficacia dei vaccini è assai variabile. Una panoramica dei problemi connessi ai vaccini pediatrici, a cura del prof. Aldo Ferrara Massari, docente alla Facoltà di medicina di Siena, si può leggere qui. Il vaccino contro il morbillo è fra i più efficaci, ma non impedisce di sviluppare la malattia e di trasmetterla e non garantisce immunità permanente. “Secondo la FDA nel 1988, l’80% dei casi di morbillo erano di persone precedentemente vaccinate al morbillo. Stando ai dati ufficiali sulla tanto sbandierata (e inesistente) epidemia di morbillo in Italia nel 2017, il 12% dei casi si è verificato fra vaccinati  (colpendo soprattutto gli adulti, con il 74% dei casi sopra i 15 anni, e i neonati, come atteso in assenza di immunità naturale). Un recente studio, nel quale gli esami di laboratorio sono stati effettuati al CDC, dimostra la trasmissione del virus vaccinale da un soggetto vaccinato due volte ad altri soggetti vaccinati a New York.  In generale, “i dati ufficiali europei fanno pensare che le coperture vaccinali abbiano poca influenza sui casi di malattia… e ciò vale anche quando esse superano il fatidico valore del 95%” (G. Tarro, 10 cose da sapere sui vaccini, Newton Compton, 2018, p. 166).

I virus a RNA ricombinante, come quelli del morbillo, della parotite, della rosolia, del raffreddore, della rabbia e dell’epatite A hanno la caratteristica di mutare molto velocemente. Le vaccinazioni possono avere un effetto selettivo dei ceppi virali, spingendo verso lo sviluppo di ceppi più virulenti. In India, secondo quanto riferiscono alcuni scienziati, si è sviluppato un virus morbilloso mutato che non dà la malattia classica, ma attacca direttamente cervello, polmoni e reni con elevata mortalità. Secondo il prof. Tarro, sulla base di alcuni studi che indicano come, “dopo l’inizio delle vaccinazioni di massa con il vaccino MPR aumentano i casi di encefalite o encefalopatia (in media 1 caso ogni 5000 dosi di vaccino entro 3-6 mesi dalla vaccinazione) e di meningite asettica (in media un caso ogni 14.000 dosi di vaccino entro 3-5 settimane dalla vaccinazione)”, se negli anni 1960-80 venivano registrati nel nostro Paese circa 100.000 casi di morbillo naturale all’anno, negli anni 2000 ne avvenivano solo 500-600 l’anno. Però, se oggi, grazie alla bassa numerosità annuale, il morbillo naturale può causare un’encefalite ogni 3-4 anni e può uccidere un bambino ogni 65-80 anni, la somministrazione di due vaccinazioni antimorbillose a tutti i neonati italiani causa probabilmente cento encefaliti l’anno e causa la morte di circa cinque bambini l’anno (op. cit., p. 199).

Il vaccino contro la parotite è assai meno efficace e negli USA sono ormai numerosi i college (per esempio Harvard) dove la malattia (complicanze comprese) si è diffusa in popolazioni completamente vaccinate. Non per niente due ricercatori della Merck denunciarono nel 2010 la frode nei dati sull’efficacia del vaccino MPR dichiarati dall’azienda. Se si volesse verificare quanti vaccinati contro la polio negli anni ‘50-’60-’70 siano ancora protetti dal vaccino, secondo parecchi ricercatori ci sarebbero parecchie sorprese (altro che effetto gregge!); inoltre, i vaccini antipolio non impediscono affatto il contagio; alcuni soggetti risultano contagiosi decenni dopo la vaccinazione. Questo ovviamente stimola la furia vaccinista di chi vorrebbe tutti i cittadini continuamente sottoposti a richiami per ogni malattia possibile fino alla tomba, ma d’altra parte dimostra che, anche senza una copertura vaccinale elevata, le epidemie non si vedono in Europa, segno che non sono solo i vaccini ad impedirle. Il vaccino acellulare contro la pertosse non è molto efficace nell’impedire il contagio né la malattia, anzi “l’analisi di quasi 10.000 casi confermati in laboratorio in soggetti ≥3 mesi (Bolotin et al., 2015) ha mostrato che per il 77,6% erano completamente vaccinati (la copertura con ≥4 dosi di DTaP negli USA è circa dell’85% tra i 19 e i 35 mesi)” e “i vaccinati possono essere asintomatici e al tempo stesso portatori. Ciò potrebbe addirittura facilitare i contagi (Kilgore et al., 2016): un effetto “gregge” al contrario!” (P. Bellavite).  L’obbligo del vaccino antivaricella lascia perplessi, per le ragioni che hanno spinto a produrre il vaccino (contenere i costi ospedalieri) e per gli effetti indesiderabili che si porta dietro (rischio di morte 20 volte maggiore per gli adulti senza immunità naturale e un rischio di ospedalizzazione 10-15 volte maggiore rispetto ai bambini, nonché un aumento della morbosità per Herpes zoster o Fuoco di Sant’Antonio). Un discorso a parte merita il vaccino antinfluenzale, la cui utilità è assai dubbia, mentre la presenza di quantità rilevanti di mercurio lo rende almeno sospetto e renderebbe comunque contagiosi i vaccinati 6 volte più dei non vaccinati (ultimamente, alcuni lotti sono stati ritirati per morti sospette).

Senza entrare nel merito di ciascun vaccino, che in fondo non è compito nostro, diciamo che complessivamente la protezione non è garantita per tutti e non è permanente, rendendo vano il fantomatico obiettivo del 95% di soglia (arbitrario, come si è detto, e variabile per ogni vaccino), con qualunque livello di copertura vaccinale. Sarà per questo che molte ASL, disattendendo la legge, impediscono di fare gratuitamente gli esami sierologici per rilevare la presenza di immunizzazione naturale o vaccinale? Quanti casi di mancata immunizzazione si scoprirebbero? Tant’è vero, come si è detto, che l’eradicazione del morbillo, dichiarata vicinissima fin dagli anni ‘60, rappresenta come una sorta di Santo Graal sempre inseguito, ma irraggiungibile, nonostante soglie di copertura del 99-100%. Forse bisogna ammettere che non si riuscirà mai a sconfiggerlo. Lo dice il decano degli epidemiologi americani, fondatore del CDC, Alexander Langmuir, che definisce il morbillo una “infezione autolimitante di breve durata, di moderata gravità e bassa mortalità” : “A chi mi chiede: “Perché vuoi eradicare il morbillo?” rispondo con la stessa risposta che Edmund Hillary utilizzò quando gli chiesero perché voleva scalare il monte Everest: “Perché è lì”. Insomma, una questione di principio, non una necessità medica. E forse un pretesto per vaccinare all’infinito popolazioni sempre più estese. Un comunicato stampa dell’associazione medica ASSIS riassume questa posizione:

La migliore letteratura scientifica dimostra, però, che per molti vaccini non esistono prove di alcun ‘effetto gregge’, in particolare in riferimento a: tetano (non è nemmeno contagioso), difterite, pertosse, epatite B; vi sono dubbi su Haemophilus influenzae tipo B, parotite, varicella  e polio iniettivo.
Inoltre, la evocata soglia di copertura del 95% non ha basi scientifiche per tutti i vaccini  e comunque la copertura non è raggiungibile vaccinando solo i minori fino a 16 anni. Per quanto riguarda il morbillo, in particolare, ad oggi nessuna nazione lo ha eradicato  con il solo vaccino, pur avendo raggiunto coperture ben superiori al 95%.

D’altra parte, quando un professorone come il prof. Burioni cerca di dimostrare che i bambini vaccinati si ammalano meno di quelli vaccinati, incorre in infortuni scientifici come questi (non per niente il prof. Yehuda Schoenfeld, uno dei massimi esperti mondiali sulle malattie autoimmuni, che sostiene la relazione fra vaccini e autoimmunità in soggetti predisposti, ha 78.584 citazioni in riviste scientifiche, un i10-index di 1.146 e un indice H di 121 (fonte), mentre il Professor Roberto Burioni ha 2.567 citazioni, un i10-index di 61 e un indice H di 27 (fonte). Tanto per capire chi, secondo i criteri seguiti nel mondo scientifico, è considerato più autorevole  – anche se, ovviamente, costituisce fallacia ad personam fondare l’attendibilità di un argomento sull’autorità della fonte, come fanno i difensori della Scienza non democratica).

Un problema a parte è quello dei cosiddetti “bugiardini” dei vaccini, molti dei quali la scorsa estate sono stati modificati nelle indicazioni terapeutiche: per esempio, l’esavalente Hexyon, clinicamente testato fino a 24 mesi, come dichiarato dalla scheda tecnica dell’azienda, è stato esteso dall’AIFA senza ulteriori studi a soggetti di età superiore. Lo stesso è accaduto per altri preparati, usati nella vaccinazione obbligatoria, come l’Infanrix Hexa (36 mesi). In questo modo, i preparati vaccinali possono essere usati per fasce di soggetti molto più estese, ma senza alcuna contezza del rischio. Le spiegazioni date da AIFA appaiono insufficienti. Come si è già detto, si tratta di una violazione deontologica usare un farmaco per soggetti diversi da quello per i quali è stato approvato.

Oggi le vaccinazioni di massa stanno facendo sorgere molti dubbi sul futuro della salute pubblica. Pensare di eradicare tutte le malattie infettive con la vaccinazione, dal punto di vista scientifico ed epidemiologico è un mito alquanto utopistico, perché virus e batteri si adattano ai cambiamenti della società, spesso in modo inatteso. Così è avvenuto drammaticamente per gli antibiotici, il cui largo uso ha fatto emergere dei ceppi talmente resistenti da mettere in pericolo l’intero sistema sanitario. Per le vaccinazioni può avvenire qualcosa di simile, perché in pratica, non si sa ancora quali saranno le conseguenze a lungo termine sulla popolazione dei loro effetti quando vengono effettuate in modo massivo. Alcuni si pongono questa domanda: come mai negli ultimi decenni sono in continuo e preoccupante aumento molte malattie pediatriche, ma anche non pediatriche, in cui i meccanismi immunologici sono la causa principale, o comunque sono tra le cause principali? Come possiamo essere certi che la pratica generalizzata delle vaccinazioni, soprattutto in virtù del loro continuo aumento e della somministrazione di molti antigeni simultaneamente, non possa essere uno dei fattori coinvolti in queste patologie? Si dice che stanno tornando alcune malattie che si ritenevano eliminate: almeno in due casi (pertosse e simil-polio) si tratta, in alcune aree, di nuovi microorganismi verso cui i vaccini non coprono. Forse non consideriamo minimamente la possibilità che i vaccini, come gli antibiotici, possano contribuire a selezionare nuovi microorganismi. Una delle sfide principali dell’infettivologia sono i batteri multiresistenti: possiamo pensare che nel tempo si correrà lo stesso rischio con i vaccini? Alcuni casi, come già detto, sembrerebbero farlo pensare. Non basterebbe usare più cautela? (G. Tarro, 10 cose da sapere sui vaccini, Newton Compton, 2018, pp. 206-207).

RAD. Altro che efficaci! I vaccini sono dannosi e hanno causato più morti e danni di quanti ne abbiano evitati. Per fare un esempio fra i tanti, nel 2010 nel Regno Unito uscì un articolo che mostrava i dati ufficiali – largamente sottostimati – con un numero di morti e di danni gravi superiore a quelli della malattia. Dopo l’approvazione del decreto Lorenzin, in Italia a dicembre erano già 17 i bambini da 0 a 6 anni morti all’improvviso. Ora sono già una quarantina. Quanti di loro sono morti in conseguenza della vaccinazione? Qui si può leggere un elenco lunghissimo di bambini morti nel mondo in seguito a vaccinazione. Utilizzando i dati del VAERS (Vaccine Adverse Events Reporting System) statunitense, è stato calcolato che negli ultimi 20 anni negli USA sono morti per vaccini multipli 145.000 o più bambini. Come si fa a dire che le vaccinazioni di massa salvano vite umane? Si tratta di una colossale menzogna.

Questo è il prospetto preparato dal prof. Paolo Bellavite, autore del libro Vaccini sì, obblighi no. Le vaccinazioni pediatriche tra evidenze scientifiche e diritti previsti nella costituzione italiana, Cortina, 2017.

8. Perché radiare i medici dissenzienti?

COE. Perché sono degli irresponsabili che tradiscono la scienza. Sui vaccini c’è una verità incontrovertibile, certificata da un enorme corpus di ricerche peer reviewed e chi non si riferisce a tale verità non è un medico, ma un praticone e un ciarlatano, nonché una minaccia per la salute pubblica. Anzi, bisogna proprio fare in modo che chi critica i vaccini nel mondo medico venga isolato, degradato e radiato dall’Albo, perché rappresenta un pericolo per la scienza evidence based. I medici che sconsigliano i vaccini violano la deontologia professionale e vanno rimossi (parole di Walter Ricciardi, presidente dell’IIS).

TOL. I medici devono essere corretti nell’informare sui vaccini, ma ci possono essere casi in cui effettivamente il medico, in scienza e coscienza, può ritenere opportuno rinviare o evitare le vaccinazioni. Le situazioni individuali sono tante ed è conforme alla deontologia professionale la personalizzazione della cura. Inoltre, la radiazione dei medici critici limita la libertà di pensiero del professionista, al quale viene impedita una valutazione adeguata del singolo caso. La discussione va ricondotta all’ambito scientifico, non a quello disciplinare. Peraltro, il Ministro De Lorenzo, condannato per la tangente GSK per il vaccino antiepatite B, non fu radiato dall’Albo. Perché due pesi e due misure?

LIB e RAD. La radiazione di alcuni medici per aver legittimamente espresso dei dubbi sulla pratica vaccinale indiscriminata non ha nulla a che fare con una discussione scientifica, ma è una pura prova di forza. Un gruppo potente di medici sponsorizzati dalla politica e da Big Pharma vuole difendere con ogni mezzo il lucroso affare concordato a Washington nel 2014. Pur disponendo della propaganda a reti unificate e di media asserviti, vedono come una spina nel fianco i clinici seri, quelli che conoscono per esperienza quotidiana gli effetti delle vaccinazioni sui bambini e che sono perciò preoccupati. Di qui due politiche, il bastone e la carota: la radiazione di qualche medico più esposto consente di educarne cento, colpendone uno (gli altri saranno intimiditi e ridotti al silenzio); d’altra parte, i medici e i pediatri che si rendono collaborativi al piano vaccinale senza se e senza ma, e soprattutto senza scrupoli di coscienza, vengono premiati in denaro, coccolati e vezzeggiati. Tanto perché sia chiaro quale sia la linea giusta da tenere.

In questa oscena lotta di potere, il benessere e la salute dei bambini servono solo come pretesto per giustificarsi di fronte al popolo, che senza verificare si fida delle istituzioni politiche e sanitarie, anziché del proprio giudizio. È triste e penoso che la discussione scientifica, che si nutre di ricerca, di confronto metodologico, di critica, venga mortificata in questo modo. Ma è anche il segno che, sul piano scientifico, chi sostiene questa legge perversa non ha argomenti seri, capaci di reggere una discussione condotta con modalità appropriate. Il dottor Roberto Gava è stato radiato per obiezioni di questo genere.

Soprattutto, questa politica autoritaria mina alla radice la fiducia dell’utente rispetto al medico (come fa a fidarsi, se la sua decisione dipende da incentivi esterni e non dal bene del paziente?) e getta discredito sull’intera classe medica, umiliandone la libertà di pensiero e di espressione. Appare quindi ottusa e miope. In ogni caso, la Costituzione dichiara che “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” (art. 33) e che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure” (art. 21). Chi vuole zittire un collega per un’opinione scientifica e non per gravi azioni contrarie alla deontologia professionale sta compiendo un gravissimo abuso, che lo colloca al di fuori della democrazia e della scienza. Si tratta di una forma di repressione dittatoriale del dissenso e di censura del libero pensiero che deve essere energicamente contrastata. D’altra parte, un articolo di The Lancet pubblicato qualche mese fa, mostrava una preoccupante tendenza alla dittatura da parte dei medici, rispetto ad altri scienziati. Il linguaggio stesso dei documenti ufficiali tradisce una mentalità inquisitoria e talebana, che tratta il dissenso scientifico come un’eresia religiosa da punire: nel Piano nazionale Vaccini si parla infatti di “azioni di deterrenza e disciplina etica e professionale nei confronti dei medici e degli operatori infedeli che non raccomandano o sconsigliano la vaccinazione” (p. 49). Si possono leggere i toni incredibilmente coercitivi e sanzionatori del Piano Nazionale Vaccini 2017-2019 ed un commento critico, scritto da un infettivologo.

9. Qual è il ruolo della scienza medica in una società democratica?

COE. La scienza non è democratica. Nella scienza, la verità non si decide a maggioranza, ma in base alla competenza. Solo chi è medico può parlare di medicina, chi ne parla senza competenza specifica è un asino ragliante (Prof. Roberto Burioni). In ambito scientifico, sono gli esperti che sanno come stanno le cose e gli altri devono fidarsi di loro. Perciò sui vaccini la gente deve tacere e obbedire.

TOL. La scienza medica richiede competenza, ma questo non significa che nessuno oltre i medici possa parlare di salute. Ci vorrebbero toni più moderati. Il compito del medico è spiegare, persuadere, non costringere. Non è il suo compito.

LIB. La scienza è così democratica che ha in comune con la democrazia il fondamento, ovvero l’indagine critica, libera e aperta (J. Dewey). Identificare la democrazia con la volontà della maggioranza implica una visione assai misera di essa. Certo che nella scienza la verità non si decide a maggioranza e che uno solo può aver ragione contro tutti, ma appunto per questo non è lecita la repressione del dissenso, nessuno possiede la verità e ogni obiezione, anche proveniente da una persona non esperta, va vagliata con rigore metodologico, perché potrebbe essere vera. I primi a insultare, zittire e offendere indistintamente colleghi e profani sono proprio i professoroni talebani che si autolegittimano come unici depositari della Verità e che per ciò stesso sono al di fuori della scienza. La scienza non è un accumulo di dogmi, ma un insieme di verità provvisorie, destinate a sempre nuove revisioni. Nessuno ne è l’interprete autentico e definitivo. Siamo di fronte ad un arrogante e ottuso razzismo dell’intelligenza, che fa male alla scienza e alla democrazia.

Inoltre, in un dibattito come quello sui vaccini, nel quale viene posto come priorità di salute pubblica un problema minore, rispetto ad altre emergenze ben più gravi (si pensi all’inquinamento atmosferico, che in Italia nell’indifferenza generale causa ogni anno 59.500 morti premature in tutte le fasce di età dovute all’eccesso di pm 2,5, 3.300 dovute all’inquinamento da ozono e 21.600 a quello da diossido di azoto – altro che il morbillo!); nel quale vengono diffuse in modo sistematico falsità, mezze verità e plateali mistificazioni; nel quale sono presenti clamorosi conflitti di interessi e grandi interessi in gioco, a spese dei contribuenti, che secondo gli estensori della legge dovrebbero pagare e tacere, ci mancherebbe pure che Pantalone non avesse diritto di parola!

Senza controllo dal basso non c’è democrazia. Senza confronto delle opinioni non c’è democrazia. Chi prende decisioni politiche deve renderne conto ai cittadini. Ed è proprio ciò che non vediamo in questo scenario da fascismo sanitario: rifiuto del confronto e del dibattito con i mezzi e i metodi della scienza, rifiuto del dissenso senza motivazione, atteggiamento autoritario e liberticida nei confronti del cittadino. Già solo questo basta a far comprendere che qui la scienza non c’entra ed è solo una questione di potere. Ma chi sono questi tiranni in camice bianco che si permettono di imporre con tanta arroganza ai cittadini italiani di subire e di tacere? Quali altre ricette di bassa cucina ci stanno preparando? Non c’è niente di cui stare tranquilli, come osserva il dottor Fabio Franchi, che osserva l’analogia dei metodi di propaganda attuali con quelli – sinistri – di un passato che credevamo alle spalle. È in pericolo la democrazia. 

Poco tempo fa Richard Horton il direttore di Lancet, una delle più famose riviste scientifiche al mondo, ha scritto che fino alla metà dei cosiddetti “articoli scientifici” apparsi sulle riviste mediche accreditate potrebbe avere una base non scientifica. E ciò non solo a causa della poco ortodossia del metodo o della grandezza dei campioni utilizzati, ma anche per il flagrante conflitto di interessi che vige tra studiosi, medici e case farmaceutiche. (prof. Luca Fazzi).

…la valutazione degli esperti è che metà della letteratura scientifica sia falsa.
“La scienza – scrive nel 2015 l’ex direttore di «The Lancet» Richard Horton – sta andando verso l’oscurità”. La sua analisi è spietata: gli scienziati troppo spesso forgiano i dati per avvalorare una tesi precostituita. Oppure rivedono le ipotesi per adattarle ai dati. Anche le riviste meritano la loro parte di critica, mentre le università sono in una lotta costante alla ricerca di soldi e talenti”. John P.A. Joannidis, docente di politiche sanitarie e direttore del Centro prevenzione e ricerca all’Università di Stanford, ha pubblicato nel 2015 su “Plos Medicine” un articolo dal titolo emblematico: “Perché la maggior parte della ricerca è falsa”. Ancor più chiare le conclusioni: adottando una serie di criteri indice della veridicità di uno studio, “le simulazioni dimostrano che per la maggioranza degli studi è assai più probabile che una ricerca sia falsa piuttosto che veritiera”. (dott. Guido Giustetto, Presidente dell’Ordine dei Medici di Torino)

Nota conclusiva.

L’argomento è vastissimo ed è impossibile sintetizzarlo in poche righe. Lo sviluppo maggior riservato agli argomenti della posizione LIB è dovuto a due ragioni: la prima, è che si tratta della posizione più diffusa in Europa occidentale; la seconda è che in Italia sui media questi argomenti sono sottoposti a costante e feroce censura. Segno, peraltro, che sono scomodi, che non si è in grado di smentirli con metodo scientifico e che, se la gente li conoscesse meglio, potrebbe farsi un’opinione più critica e meno convenzionale della faccenda. Da ultimo, a livello di riflessione politica occorre rispondere alla domanda: quale politica vaccinale è compatibile con una visione progressista, social-liberale e democratica della salute? A questo dedicherò una riflessione di sintesi a parte.

“La storia insegna infatti che la tirannia più insidiosa […] è quella che acquista potere attraverso una serie di cedimenti progressivi da parte dei cittadini”. (George Orwell)

“Se non mettiamo la Libertà delle Cure mediche nella Costituzione, verrà il tempo in cui la medicina si organizzerà, piano piano e senza farsene accorgere, in una Dittatura nascosta. E il tentativo di limitare l’arte della medicina solo ad una classe di persone, e la negazione di uguali privilegi alle altre “arti”, rappresenterà la Bastiglia della scienza medica”. (Benjamin Rush, firmatario della Dichiarazione d’Indipendenza USA – 17 Sett 1787)

L’obbligo vaccinale: come orientarsi fra le diverse posizioni in campo? [parte quarta]

Un esempio di informazione fuorviante sui vaccini. Il denominatore è infatti diverso per i due tipi di dati, data la diversa numerosità della popolazione considerata. I vaccinati per anno sono molto più numerosi degli ammalati (da 100 a 500 volte). Si devono considerare perciò solo i casi in numero assoluto. Nella riga superiore, si parla del numero di encefaliti o di morti ogni mille ammalati (per il morbillo, vuol dire in cifra assoluta da 1 a 5 casi l’anno in Italia rispettivamente, a seconda del numero di casi/anno, che vanno da meno di 1000 a 5000 circa); nella riga inferiore, si parla solo di alcuni tipi di reazioni avverse, e non le più gravi (bisognerebbe infatti prima sapere quante sono – cosa che nessuno sa – e poi sommarle tutte), e per di più sul totale o quasi della popolazione vaccinata, che è costituita da milioni di individui (500 mila nati circa all’anno). Se al denominatore mettiamo 500 mila (i nati in un anno, pressoché tutti vaccinati), per sapere quante sono le reazioni avverse dobbiamo moltiplicare il numeratore delle convulsioni febbrili di almeno 125 volte (500mila/4mila) e quelli della trombocitemia transitoria per 12,5 volte (500mila/40mila). Cioè rispettivamente 125 e 12,5 casi/anno di bambini danneggiati in cifra assoluta, sommariamente. Moltiplicati per tutti gli anni della vaccinazione di massa, a parità di numero di vaccinati per anno. Sappiamo con certezza che il dato è grandemente sottostimato. Il Report della Regione Puglia quantifica gli effetti avversi gravi per l’MPRV sicuramente correlati al vaccino nel 3% dei vaccinati, ossia 30 mila su 1 milione (15mila su 500mila vaccinati) in 12 mesi.

Prosegue qui l’articolo L’obbligo vaccinale: come orientarsi fra le diverse posizioni in campo? [parte terza]. Dopo l’analisi delle prime tre questioni in campo, riprendiamo con altre tre.

4. Perché escludere dalla scuola d’infanzia e dall’asilo nido i bambini non vaccinati?

COE. Il vero fine della legge è consentire una riduzione dei pericoli per la propria salute a quegli studenti affetti da patologie che controindicano le vaccinazioni e che hanno nei compagni immunizzati l’unica barriera contro le infezioni. Poiché i bambini non vaccinati non forniscono tale barriera, è opportuno che stiano a casa. Anzi, nemmeno nei gradi superiori di scuola dovrebbero essere ammessi, per le stesse ragioni. I non vaccinati sono pericolosi.

TOL Francamente, si poteva anche soprassedere. I bambini frequentano molte persone e molti ambienti e non è certo la scuola l’unico nel quale si possono diffondere malattie. Poi, i bambini immunodepressi possono ammalarsi di qualunque cosa e purtroppo richiedono protezione continua.

LIB e RAD Questo argomento è un esempio evidente della malafede con la quale è stato affrontato il problema. È falso e criminale dire che i bambini non vaccinati siano pericolosi per i pochissimi bambini immunodepressi che frequentano le scuole. In realtà, i bambini non vaccinati sono mediamente più sani di quelli non vaccinati, come mostrano molte ricerche indipendenti e l’esperienza clinica di tanti medici scrupolosi (per esempio, i 120 che firmarono con Roberto Gava una lettera a Walter Ricciardi, presidente dell’ISS , ottenendo, per tanta eretica blasfemìa, l’immediata scomunica mediante radiazione dall’albo del primo firmatario), sempre osteggiate e attaccate dai ricercatori delle case farmaceutiche e dai centri di ricerca pubblici come il CDC americano (il Center for Desease Control, che si occupa di salute pubblica), che da 50 anni rifiutano di condurre studi comparativi seri fra vaccinati e non vaccinati (gli studi comparativi che vengono fatti in quei contesti sono infatti non di rado condotti in modo scorretto, confrontando gruppi di soggetti tutti vaccinati o aggiustando in modo acrobatico i dati in modo da ottenere il risultato desiderato o utilizzando campioni di grandezza molto diversa, quindi non confrontabili, quando non sono del tutto fraudolenti come quello di Thorsen sull’autismo richiamato più avanti, al punto 5). A portare nelle scuole i virus e i batteri sono infatti i bambini appena vaccinati, perché, come si è detto, la maggior parte dei vaccini è studiata per offrire protezione personale contro la malattia, non per impedire la circolazione dell’agente patogeno, che circola tanto fra i vaccinati che fra i non vaccinati. Ma di questo nessuno si preoccupa di avvisare i genitori (i foglietti illustrativi di alcuni vaccini raccomandano di tenere i bambini lontani da coetanei e donne incinte per parecchi giorni dopo l’inoculazione del vaccino), segno che la salute degli immunodepressi è un pretesto pietoso e peloso per una finalità diversa.

Escludere i bambini non vaccinati dall’asilo nido e dalla scuola d’infanzia, oltre ad essere un’odiosa discriminazione che viola almeno 3 o 4 principi costituzionali (come dice il Presidente emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena), è una forma di vergognoso ricatto per i genitori inadempienti, per costringerli a far vaccinare i figli. Punto. Niente più di questo. È criminale però che si trattino i bambini sani non vaccinati come degli untori. Lo Stato ha il dovere di proteggere questi piccoli cittadini dalla discriminazione, invece si è assistito a scene vergognose di espulsioni dalla scuola da cui erano già iscritti. E qui si vede la qualità morale e la bassezza politica di chi ha ideato questa legge. Roba da leggi razziali fasciste.

5. Esistono o no gli effetti avversi?

COE. Praticamente sono inesistenti e al più di lieve entità. Al massimo 3 o 4 negli ultimi vent’anni (dott. Alberto Villani, Presidente della Società Italiana di Pediatria). Generalmente i vaccini sono tollerati molto bene e non causano alcun disturbo; tuttavia possono provocare talvolta reazioni fastidiose, ma temporanee come rossore e gonfiore nel punto di inoculo, reazioni generali come febbre, agitazione o sonnolenza. Gli effetti collaterali più gravi, come lo shock anafilattico o alcune manifestazioni neurologiche, sono assolutamente eccezionali e certamente molto meno frequenti delle complicanze provocate dalla malattia stessa. Se compare un grave disturbo per es. neurologico dopo la vaccinazione, o peggio la morte, non dipende quasi certamente da essa, perché le vaccinazioni non hanno effetti così gravi e successione temporale non significa causalità. La letteratura scientifica è concorde sul fatto che i vaccini siano sicurissimi. Ci aveva provato quel dottor Wakefield a dire che il vaccino MPR (morbillo-parotite-rosolia) causa l’autismo, ma è stato sbugiardato da studi successivi, e meno male, perché molti genitori stavano smettendo di far vaccinare i figli con l’MPR. Si possono fare tutte le vaccinazioni che si vuole senza alcun danno. Sia nel caso dei militari che in quello dei bambini naturalmente vaccinati, le stimolazioni vaccinali non evidenziano scostamenti significativi dal resto della popolazione. Quindi, ricordiamo: non allergie, non malattie autoimmuni, non maggior frequenza di altre malattie in genere (Sen. Cattaneo, p. 40). Si può vaccinare tranquillamente un soggetto già immunizzato per via naturale. L’unico effetto che si produce ripetendo una vaccinazione in un soggetto immunizzato – e non c’è alcuna differenza tra immunità naturale da malattia e immunità da vaccino – è un aumento delle difese immunitarie (Sen. Fucksia, p. 15). È stato calcolato che potremmo vaccinare contemporaneamente in tutta sicurezza un bambino con diecimila vaccini, ma purtroppo ne abbiamo molti di meno. (prof. Burioni). 

TOL. Sono rari e normalmente non gravi. Però esistono senz’altro. Si tratta pur sempre di farmaci. Comunque bisognerebbe monitorare attentamente e invitare i genitori a segnalare qualunque anomalia essi ravvisino nei loro figli. Senza una sorveglianza efficace è difficile sapere quanti sono esattamente.

LIB e RAD. Come sempre, nelle dichiarazioni ufficiali, sul rapporto rischi-benefici, la bilancia ha una pietra dal lato dei benefici e una piuma dal lato dei rischi. La paura delle malattie coperte dai vaccini viene ingigantita, con una strategia ben collaudata (si veda questa presentazione del CDC, a pag. 8, in inglese e in italiano o questo poster del prof. Paolo Bonanni), così la gente non si mette a fare i conti e ad indagare, mentre viene taciuta l’informazione sugli effetti avversi. In realtà nessuno sa quanti siano realmente, perché non c’è alcun interesse a individuarli e la segnalazione viene spesso scoraggiata. Abbiamo solo delle stime, estremamente al ribasso.

Però nel 2018 è uscito in Italia uno studio ufficiale (uno dei pochissimi, ovviamente) di vaccinovigilanza attiva, ovvero di monitoraggio costante delle reazioni alla somministrazione della prima dose del vaccino MPRV per 12 mesi, condotto dalla Regione Puglia e relativo al 2017. Risultato: 40% di reazioni avverse al vaccino, 4% del totale quelle gravi, di cui i tre quarti sicuramente collegate al vaccino, in base ai parametri OMS. Un’enormità. E sono solo quelle che si presentano nei primi 12 mesi. Di quelle a lungo termine non si sa nulla. Vuol dire 3 su 100, ovvero 30.000 casi su un milione di bambini vaccinati. Altro che uno su un milione! Eppure, questi dati assai preoccupanti vengono collocati in fondo al Report (pp. 27 e seguenti), senza alcun commento, come se non avessero alcuna importanza. Nella presentazione che ne viene data su Quotidiano Sanità, appaiono completamente annacquati, con una procedura sconcertante, come si può verificare in questo articolo di analisi. E chi va a controllare con la calcolatrice in mano?

Sugli effetti avversi si possono fare diverse considerazioni: la prima, si evince dalla storia delle campagne vaccinali, che però non compare negli opuscoli ad uso del popolo. Quanti sanno, per esempio, che la vaccinazione Salk contro la poliomielite a metà anni ‘50 fu un disastro, perché il virus, rimasto vivo dopo un trattamento che doveva ucciderlo presso l’azienda Cutter (ma non solo questa), provocò moltissimi casi di poliomielite (220.000) nei bambini vaccinati, più di quanti ne avesse colpiti il virus selvaggio (lo dice Paul Offit, il più famoso dei pediatri americani “vaccinisti”: Paul Offit, MD, The Cutter Incident, Yale University Press, 2005, p. 86)? E che, sempre secondo Paul Offit, 70.000 di loro svilupparono debolezza muscolare, 164 andarono incontro a paralisi severa e 10 morirono? E che il 75% delle vittime dell’incidente Cutter rimasero paralizzati per il resto della loro vita? E che il governo americano autorizzò il vaccino, nonostante lo studio condotto in Michigan su oltre 1 milione di bambini avesse riscontrato un numero più elevato di casi di polio fra i vaccinati che fra i non vaccinati? E che si ritiene che l’87% dei casi di polio dal 1970 negli USA derivino dall’uso del vaccino antipolio (Sabin)? E quanti sanno che il poliovirus, endemico in molte zone del mondo e relativamente innocuo in condizioni normali, provoca paralisi in determinate situazioni di rischio, fra le quali le iniezioni, le vaccinazioni DTP (diferite-tetano-pertosse), la tonsillectomia (questo lo dice in un impeto di sincerità anche l’OMS)? Vuol dire che, in assenza di condizioni sfavorevoli, per lo più non fa danno. E quanti sanno che decine di milioni di dosi di vaccino Salk (e più tardi un certo numero di dosi di vaccino orale Sabin) fra gli anni 1955 e 1963 furono infettate con il virus SV40, un virus di scimmia che potrebbe essere la causa di migliaia di casi di mesotelioma pleurico, tumori al cervello, linfomi non-Hodgkin e osteosarcomi? E che il virus sembra possa essere diffuso non solo tramite vaccino, ma anche tramite infezione orizzontale?

La letteratura scientifica è concorde su tre aspetti: che l’SV40 è arrivato nell’uomo tramite il vaccino antipolio, che è stato trovato nei 4 tipi di tumori indicati e che i test fatti su animali di laboratorio con l’SV40 hanno mostrato il rapido sviluppo di questi 4 tipi di tumori. Si discute invece su quanto sia rilevante l’effetto cancerogeno sull’uomo. Nutrono ancora dei dubbi le autorità sanitarie statunitensi (CDC e NCI), ma esiste ormai una vasta letteratura al riguardo, anche in Italia. E che “sotto il profilo epidemiologico, in Italia i trends di mortalità per tumore della pleura sono raddoppiati negli ultimi 20 anni. In Europa è prevista, nei prossimi anni, una vera e propria epidemia: il numero totale di morti attese per tumori pleurici tra il 1995 e il 2029 è pari a 190.200, di cui 28.300 in Italia” (Fonte: DICIOTTO Notiziario Aziendale ULSS 18 di Rovigo anno 6 – n. 21 agosto 2000 pag. 22-23)?

Di questi argomenti così poco dotati di appeal al di fuori dei convegni medici non si sente parlare quando si magnifica la sicurezza dei vaccini. Sulla base dei dati ISTAT in Italia i morti complessivamente per poliovirus fra il 1924 e il 1972 furono 14.631 (non si sa quanti dei quali provocati dalla vaccinazione), contro i 28.300 tra casi di morti previste o avvenute per mesotelioma, che sono solo una parte dei possibili danni da vaccinazione Salk (si ricordi dei tumori cerebrali, dei linfomi e degli osteosarcomi). Da che parte penda la bilancia costi/benefici, lo giudichi ciascuno da sé (per la storia dell’SV40, si può leggere qui).

Certo, si dirà che oggi i vaccini sono più sicuri. Cosa, peraltro, messa in dubbio dalle analisi dei prodotti vaccinali somministrati attualmente in Italia commissionata dal CORVELVA presso diversi laboratori indipendenti e i cui risultanti sono molto preoccupanti. Anche questo, nel silenzio assordante delle autorità sanitarie. E certamente non bisogna generalizzare; non tutti i vaccini sono uguali. Ma occorre ricordare che, negli anni ‘50, la propaganda governativa statunitense aveva gli stessi toni trionfalistici di ora. Si legga questo resoconto di un panel fra medici della Sanità pubblica statunitense nel 1960 sulla vaccinazione Salk. E che non si tratta dell’unico caso. Si potrebbe per esempio approfondire la vaccinazione antivaiolosa. L’eradicazione del vaiolo in Africa, per esempio, come racconta anche il sito Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità fu reso possibile dall’effetto combinato dell’isolamento delle persone infette e della vaccinazione selettiva, non dalla vaccinazione di massa, che presentava un elevato numero di effetti avversi e in non pochi casi provocava più morti della malattia. Nel frattempo, vengono periodicamente ritirate partite di vaccini pericolosi, le cause civili di indennizzo aumentano ovunque, nonostante si faccia di tutto per negare ogni correlazione con le vaccinazioni (quasi 4 miliardi di dollari di risarcimenti negli USA), le autorità sanitarie non hanno letteralmente idea di quanti siano i danni da vaccino, perché ne vengono segnalati solo una piccola parte (si calcola ottimisticamente un decimo di quelli reali, ma alcuni studi condotti sui dati VAERS, il programma di vaccinovigilanza passiva USA, fra cui quello di Kessler, ex commissario della FDA, stimano una segnalazione del 2 o dell’1% dei casi effettivi di danni gravi, il che vorrebbe dire che ne sfuggono il 98 o il 99%) e i medici preposti non sempre raccolgono volentieri le poche segnalazioni (ai genitori viene detto che, se il problema è grave, non può essere il vaccino, per cui non collegano subito il problema del figlio alla vaccinazione).

L’evidente sproporzione di effetti avversi registrati fra il Veneto, che ha un buon sistema di vigilanza post-vaccinale attiva, e le altre regioni dimostra che l’AIFA non è in grado di garantire neppure un monitoraggio uniforme sul territorio nazionale. Molti danni a lungo termine, come le patologie autoimmuni o oncologiche, non si possono prevedere, perché spesso le patologie hanno cause plurime e complesse e possono dipendere dall’interazione di fattori genetici e ambientali. Scoprirli richiede studi lunghi, accurati e indipendenti (le case farmaceutiche non hanno interesse a condurli).

Per fare un esempio, anni o decenni dopo la vaccinazione antivaiolosa un certo numero di persone vaccinate presentano tumori nella cicatrice vaccinale. Una serie di studi, riguardanti la relazione fra diverse sostanze, fra cui i vaccini, e i tumori si trova qui. Come si potevano prevedere allora? Quando non si sa, meglio essere prudenti! Perciò, somministrare i vaccini in modo indiscriminato nella popolazione aumenta sensibilmente il rischio (l’SV40 ce lo mostra vividamente) ed è contrario al principio medico basilare della personalizzazione della cura. La variabilità genetica della popolazione rende la vaccinazione di massa uguale per tutti – come per i polli in batteria – simile ad una roulette russa. Il ragionamento delle autorità sanitarie è questo: “Se hai i geni sbagliati, peggio per te! È evidente che non è colpa del vaccino” (!). L’adversomica, ovvero l’immunogenetica degli eventi avversi da vaccino, è ancora ai primi passi. E se non si possono ancora prevedere le vulnerabilità genetiche che rendono più probabili i danni da vaccino, perché somministrare lo stesso farmaco a tutti? Nessuno ha il diritto di sacrificare la salute o la vita di qualcun altro per un ipotetico vantaggio collettivo, tutto da dimostrare. Sarebbe come prendere il primo passante che capita per espiantargli gli organi a favore di altri 5. E fra i risarciti per danno vaccinale, come nell’incidente Cutter, ci sono pure i morti. Per una riflessione d’insieme sugli effetti avversi da vaccino si può leggere qui.

Infine, sul caso Wakefield si dimentica, come dice la dottoressa Gabriella Lesmo, madre di un bambino diventato autistico dopo la vaccinazione, che

“il dottor Andrew Wakefield (…) assieme ad altri colleghi londinesi evidenziò la presenza di virus del morbillo nei linfonodi intestinali di bambini autistici con malattia infiammatoria intestinale (…) questa prima parte del lavoro di Wakefield fu confermata, sin da allora, da un immunologo universitario giapponese, il Dr Kawashima. Questi fu in grado di identificare il virus del morbillo riscontrato nei linfonodi ileali ed era il virus vaccinale. In tempi recenti i lavori londinesi di Wakefield sono stati riabilitati ed il suo allora primario londinese ha avuto la meglio contro chi lo volle cacciare.

Per dovere di verità ricordo anche che alcuni studi danesi, citati per anni a dimostrazione della inesistente correlazione tra vaccinazioni e insorgenza di autismo si sono rivelati FALSI. Il principale autore degli studi danesi fu il Dr. Paul Thorsen, attualmente latitante, che figura nella lista dei maggiori ricercati dalla FBI, contro cui è stato spiccato mandato di cattura per una lunga serie di reati federali contestatigli negli Stati Uniti, in merito alle ricerche sull’Autismo. Lo “scandalo nello scandalo” è emerso altresì dalle dichiarazioni del Deputato americano Bill Posey, membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato della Florida che traduco, l’originale lo trova in rete. “… Se leggete le e-mail e i dati relativi alle riunioni, nonché le disposizioni finanziarie che questo truffatore ha intrattenuto con il CDC, vi farà assolutamente venire il voltastomaco. Costui non era un ricercatore qualunque. Costui era l’uomo chiave del CDC in Danimarca. Costui era strettamente legato ai migliori ricercatori nell’ambito della sicurezza dei vaccini del CDC … e Thorsen ha cucinato gli studi per produrre i risultati che volevano diffondere. A loro non importava se gli studi fossero validi o quanto veniva pagato per manipolarli dall’inizio”.

Per una ricostruzione del caso Wakefield si può leggere qui. Un video molto documentato e illuminante invece si può seguire qui. Il documentario Vaxxed, che racconta il caso Wakefield, è stato censurato ovunque. Evidentemente espone una verità scomoda. Molti studi hanno confermato i risultati delle ricerche di Wakefield, il cui unico torto è stato quello di invitare i genitori ad utilizzare il vaccino monovalente per il morbillo, anziché il più costoso e sponsorizzato trivalente MPR, che mostrava un elevato numero di effetti avversi. Ci si può chiedere perché le autorità sanitarie non mostrino altrettanta solerzia a screditare studi certamente fraudolenti come quello di Thorsen.

La controversa questione della relazione fra i vaccini e l’autismo regressivo, ovvero quel particolare tipo di encefalopatia, distinta dall’autismo primario, che si manifesta in bambini con uno sviluppo prima normale, che è in drammatico aumento negli USA, è ben lungi dall’essere risolta.  Secondo i dati ufficiali  USA si è passati da 1 caso di autismo su 10.000 40 anni fa a 1 su 68 nel 2012 a 1 su 41 nel 2014. In Italia i casi sono in aumento, ma non si sa quanti siano). Non si è arrivati ancora a nessuna conclusione definitiva né in senso né nell’altro, ma gli studi che hanno riscontrato questa relazione esistono e sono numerosi. Alcuni hanno confermato le scoperte di Wakefield. Per chi vuole farsi un’idea del problema, può essere utile questo documentario.

“La letteratura scientifica attuale conferma l’evidenza clinica che quanto maggiore è il numero di vaccini somministrati contemporaneamente e quanto più è piccolo, immaturo e/o nato prematuramente il bambino, tanto maggiori sono i rischi di reazioni avverse: ospedalizzazione per gravi patologie o addirittura morte, specialmente quando il vaccino antiepatite B viene somministrato alla nascita” (G. Tarro, 10 cose da sapere sui vaccini, Newton Compton, 2018, pp. 182-183).

Lo studio assai importante di Goldman e Miller, condotto sui dati VAERS, pur rilevando la grave sottostima dei dati reali, indica in 65 ogni 100.000 bambini vaccinati i casi di reazione avversa grave o gravissima segnalati (ospedalizzazione o morte). Secondo i due autori dello studio,

mentre ogni vaccino per neonati è stato sottoposto individualmente a studi clinici per valutarne la sicurezza, non sono stati condotti studi clinici per determinare la sicurezza (o l’efficacia) dei vaccini multipli, la cui somministrazione viene raccomandata dalle linee guida dei CDC [traduzione di Giulio Tarro, p. 185].

Poiché la maggior parte degli effetti avversi da vaccino si verificano nei neonati, perché non ritardare nel tempo le vaccinazioni? Era questa una delle richieste di Wakefield. Con un sistema immunitario più maturo, ci vorrebbero fra l’altro meno dosi (1 invece di 3 o 4) e per parecchie malattie non c’è urgenza reale di vaccinare. Ma non è che sia proprio somministrare un maggior numero di dosi la priorità delle aziende farmaceutiche?

Molti ricercatori hanno svolto studi sui danni da vaccino. Ce ne sono migliaia, e per molti di loro questa scelta mette a rischio la carriera e chiude parecchie porte. Si possono ricordare come esempio il prof. R. K. Gherardi, che ha studiato la miofascite macrofagica come effetto dell’inoculazione di sali di alluminio (adiuvanti dei vaccini); il prof. Yehuda Schoenfeld, uno dei più autorevoli esperti di malattie autoimmuni al mondo, che ha raccolto in un corposo volume una serie di ricerche sulla possibile relazione fra vaccini e malattie autoimmuni in soggetti predisposti (sulla relazione fra vaccini e autoimmunità vertono anche le relazioni dei medici delle Commissioni parlamentari della Difesa già citate, sulle quali grava ora l’ombra della censura e le raccomandazione della SIPNEI, Società Italiana di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia); il premio Nobel Luc Montagnier e il prof. Henri Joyeux, che invitano a ritirare l’obbligo vaccinale in Francia e astudiare più a fondo la relazione vaccini-autismo regressivo e altre patologie neurologiche; la dottoressa Diane Harper, consulente della Merck nel percorso di approvazione del vaccino Gardasil contro il papillomavirus, che ha definito questo vaccino “né efficace né sicuro” (tra l’altro, sul vaccino antipapillomavirus, la TV svizzera ha realizzato programmi ben più indipendenti di quelli della TV italiana, con l’eccezione di Report); la Dott.sa Bernadine Healy, cardiologa direttrice del NIH, che osserva come gli studi che possono mostrare una relazione fra vaccini e autismo vengano osteggiati per timore che l’eventuale dimostrazione metta a rischio i programmi vaccinali; la dott.sa Viera Scheibner dimostrò negli anni ‘80 che, nel periodo 1975-80, quando in Giappone la vaccinazione DTP venne ritardata a 2 anni di età, i casi di SIDS (morte in culla) e di danni permanenti crollarono nella misura dell’85-90%, per risalire subito quando venne nuovamente prevista a 3 mesi di età. Sulla relazione fra SIDS e vaccini esistono diversi studi: sul vaccino DTP, sul vaccino esavalente (anche qui). Il dottor Jacob Puliyel, primario del reparto di pediatria all’ospedale St. Stephen, in India, medico e epidemiologo, ha esaminato la sindrome della morte improvvisa dopo vaccinazione esavalente con “Infarix hexa”. Ha osservato che l’83% delle morti improvvise del 2012 sono avvenute entro 10 giorni dalla vaccinazione con Infarix Hexa, mentre solo 17% sono avvenute dopo il decimo giorno. Ha osservato che se fossero coincidenze, le morti avrebbero dovuto raggrupparsi uniformemente attraverso i 20 giorni successivi a vaccinazione e non quasi tutte nei primi 10 giorni. La GSK, produttrice del vaccino, avrebbe riferito i dati in modo incompleto, occultando la relazione causale. Su questo, l’on. Ivan Catalano, vice presidente della IV Commissione parlamentare della Difesa sulla salute dei militari italiani, dato l’elevato numero dei casi recenti di bambini morti per SIDS, ha rivolto un’interrogazione parlamentare al Ministro Lorenzin senza ottenere risposta. La dott.sa Humphreys, che ha cominciato a studiare i danni da vaccino dopo averne incontrati nella sua esperienza clinica, ha ridimensionato il ruolo delle vaccinazioni nella riduzione delle malattie infettive, in particolare della poliomielite. Come molti altri medici critici, ha ricevuto in questi giorni serie minacce di morte.

Un ruolo causale, insieme ad altri fattori, dei danni da vaccino è attribuito in letteratura agli adiuvanti metallici, come i sali di alluminio, a conservanti, come il mercurio (nella forma di etilmercurio o Thimerosal), a sostanze chimiche come la formaldeide, all’aggiunta di eccipienti, cellule animali, DNA umano da feti abortiti (li si riconosce dalle sigle MRC-5 e WI-38), antibiotici (per esempio, la Neomicina, sconsigliata per i neonati). Qui si trova un elenco delle sostanze contenute nei vaccini (fonte: John Hopkins Institute) e qui un elenco degli ingredienti dei singoli vaccini (fonte: FDA e CDC). Il problema è che normalmente né i singoli ingredienti vengono testati separatamente né lo è la loro combinazione. Spesso gli adiuvanti vengono introdotti nei soggetti del gruppo di controllo, rendendo impossibile rilevarne gli effetti. Di solito viene studiato il vaccino nel suo insieme. Quindi non si hanno informazioni sicure sulla relativa tossicità.

Per fare un esempio, il Thimerosal o etilmercurio, usato per sterilizzare i vaccini per decenni e fortemente indiziato di provocare gravi danni fin dalla riunione di Simpsonwood del CDC nel 2000  (che effetto abbia il mercurio sui neuroni cerebrali è illustrato da questo breve video dell’Università di Calgary), è stato teoricamente tolto dai vaccini, ma si trova in tracce in diversi preparati (interessante al proposito il documentario Trace amounts) e in quantità elevate (circa 50 mcg di Thimerosal corrispondono a circa 25 mcg di mercurio/dose) in diversi vaccini antiinfluenzali (vedere tabella ingredienti), che la propaganda politico-sanitaria vorrebbe iniettare anche ai neonati e ai bambini. La dose settimanale di metilmercurio (composto simile all’etilmercurio, ma assunto per via alimentare, non per via iniettiva) tollerabile è fissata dall’EFSA a 1,3 mcg/kg di peso corporeo. Purtroppo, si sa molto della tossicità del metilmercurio e molto meno di quella dell’etilmercurio. In Italia, dopo la messa al bando del Thimerosal, sono state smaltite a lungo le scorte di vaccini che lo contenevano, come raccontava la trasmissione Report nel 2000. Eppure, proprio sul ruolo dei metalli come il mercurio quale concausa nello sviluppo di molte patologie hanno puntato il dito i medici e i ricercatori del Progetto Signum sui militari italiani.

Nel 2016, il Nordic Cochrane Institute, in un documento intitolato Complaint to the European Medicines Agency (EMA) over maladministration at the EMA, a firma del direttore, Peter Gøtzsche e di altri quattro colleghi, accusò l’EMA (l’Agenzia europea per i medicinali) di scarsa trasparenza e serietà nel valutare la sicurezza del vaccino contro il papillomavirus e di aver negato l’esistenza di danni da vaccinazione, pur a fronte di uno studio condotto in precedenza dall’EMA sul vaccino in questione, che mostrava conclusioni assai diverse e i cui risultati furono secretati ad uso interno, mostrando che “le valutazioni di EMA sono poco professionali, ingannevoli, inappropriate e non scientifiche”. Dallo studio secretato (EMA/666938/2015, di 256 pagine, di cui solo 40 pubblicate), emergeva un’alta probabilità di relazione fra il vaccino anti-HPV e due patologie, la Sindrome da dolore regionale complesso [CRPS], una condizione di dolore cronico agli arti, e la Sindrome da tachicardia posturale ortostatica [POTS], in cui la frequenza cardiaca aumenta in maniera anomala dopo che ci si siede o ci si alza. Il NCI chiedeva di chiarire la questione dei conflitti di interesse, perché il direttore dell’EMA, come altri esperti dell’Agenzia europea, è comproprietario di alcuni brevetti riguardanti i vaccini ed ha dichiarato l’insussistenza di conflitti di interesse. Per approfondire la questione, si può leggere qui.

Non si possono elencare qui le migliaia di studi scientifici che ogni giorno mostrano relazioni a breve, medio e lungo termine fra vaccinazioni e danni alla salute di diversa entità. Il fatto è che quando uno studio mette in discussione la vulgata ufficiale sui vaccini e i guadagni di Big Pharma, viene ignorato oppure screditato, senza entrare nel merito, sebbene fra gli studi che mostrano l’assenza della relazione fra vaccino e danno (che non significa l’innocuità dei vaccini, beninteso) vi siano molti casi di frode, di clamorosi errori metodologici o di sponsorizzazione da parte delle aziende farmaceutiche. Un esempio di studio ignorato è questo, che mette in relazione il numero di dosi vaccinali e la mortalità infantile (qui l’originale e qui la risposta di Paolo Barnard alle critiche). Un esempio di studio autoptico su un caso di encefalopatia da vaccino antimorbillo si trova qui. Un esempio di studio scorretto è uno studio giapponese del 2005 che, contrariamente alle intenzioni degli autori (due psichiatri non ricercatori), una volta emendato da alcuni grossolani errori metodologici e integrato con altri studi, mostra un’impressionante relazione fra numero di dosi vaccinali MMR, di anti-morbillo monovalente, di anti-rosolia monovalente, di anti-encefalite giapponese e numero di casi di autismo anno per anno, che seguono il ritiro e la reimmissione del vaccino MMR in Giappone. (“Flawed Science by Doctors Not Scientists”).

La censura è comunque un segno di debolezza, oltre che di prevaricazione. Esemplare il caso di Vaxxed, il documentario che narra dell’insabbiamento delle prove sulla relazione vaccini-autismo da parte del CDC, che è stato censurato in Italia, in barba all’articolo 21 della Costituzione, perché sgradito al Ministro Lorenzin e alle autorità sanitarie. Le autorità politiche e sanitarie non possono tollerare il dissenso perché non sono in grado di portare argomenti convincenti in un confronto veramente aperto e rivolto a tutelare la salute dei bambini. Se lo fossero, prenderebbero a cuore i potenziali rischi, invece di negarli con una ostinazione che rasenta il grottesco. Non sono affatto imparziali rispetto al dibattito scientifico sui vaccini, ma sempre e solo schierate pregiudizialmente a difesa delle vaccinazioni di massa.

Di fronte a considerazioni come queste, come si può obbligare a cuor leggero? Nessuno, meno che mai sano, può essere obbligato ad un trattamento medico anche solo potenzialmente pericoloso e nessuno può garantire l’assoluta innocuità a lungo termine di un preparato medico. Nessun medico sarà mai disposto a firmare una dichiarazione scritta di assoluta innocuità per il vaccinando del vaccino che sta per somministrare. Soprattutto, nessuno può dire con onestà intellettuale che la presunta assenza di evidenze in favore di un rapporto causale fra vaccino e determinate gravi patologie equivalga alla prova che tale relazione non ci sia. Dire che non c’è evidenza di una relazione causale può diventare un modo ingannevole per far creder che ci sia la prova di un’assenza di tale relazione, quando in realtà tale prova non è possibile. Anche per il fumo le aziende produttrici di sigarette negarono per 50 anni con questa formula che ci fosse relazione causale con i tumori al polmone. Ma l’assenza di una prova non è la prova di un’assenza. Tanto più che gli studi in favore di tale rapporto causale sono migliaia, anche se li si ignora con ostinazione, visto che mettono a rischio un business lucroso. Nel dubbio, prevalga almeno il principio di precauzione.

RAD Per queste ragioni lo Stato nemmeno dovrebbe buttare via denaro pubblico per campagne vaccinali che avvantaggiano solo le case farmaceutiche e i cui danni sono letteralmente incalcolabili, perché a nessuno interessa calcolarli. L’insabbiamento è la regola in ambito vaccinale, perché se la gente sapesse, avrebbe paura delle vaccinazioni. Chi ha la sfortuna di essere uno dei danneggiati, si vivrà il suo dramma in totale solitudine e se anche qualche medico ammetterà in privato che sì, il danno è causato dal vaccino, come succede a molti genitori, non sarà mai disposto a giocarsi la carriera dichiarandolo apertamente. Questa è la situazione. Proprio per questo ora cercano di zittire chiunque cerchi di aprire una crepa nel muro del silenzio sui danni da vaccino. Molti non sanno nemmeno che le loro patologie sono conseguenza dell’interazione fra una vulnerabilità genetica e alcuni fattori ambientali, fra i quali ci sono anche le vaccinazioni, semplicemente perché nessuno glielo ha mai detto e perché perfino i medici non sono tutti formati su questo. E vengono pagati per vaccinare e non vedere nulla. Eppure i danneggiati da vaccino esistono e sono persone che hanno creduto, come moltissime altre, all’innocuità dei vaccini. Ecco alcuni casi: testimonianze di iscritti al CONDAV; il caso di Christian, 5 anni; la storia di Federica Santi; il dolore di un genitore che aveva fiducia nei vaccini e a cui lo Stato nega il risarcimento; le testimonianze raccolte da Famiglia Cristiana; la storia di Nicola;   un uomo danneggiato da vaccino antipolio e risarcito dopo 50 anni; la storia di una mamma infermiera e di suo figlio Ridge; la storia di Alessandra, sanissima fino a 5 anni e rovinata dal vaccino DTP. Ce ne sono centinaia di casi così.

6. Chi deve risarcire i danni?

COE e TOL. Lo Stato. Se lo Stato obbliga, deve anche risarcire i danni eventuali, che peraltro sono rarissimi, massimo uno su un milione, come stabilisce la legge 210 del 1992.

LIB e RAD. Devono pagare le case produttrici! Il fatto che paghi lo Stato, cioè noi contribuenti, è scandaloso per due ragioni: la prima è che le vaccinazioni rappresentano per Big Pharma un affare lucrosissimo, senza alcun rischio di perdita, e quindi senza alcuna responsabilizzazione sugli effetti collaterali o avversi; la seconda è che così le case farmaceutiche non sono incentivate ad investire in sicurezza e possono mettere in circolazione prodotti scadenti impunemente, con la certezza che le autorità sanitarie continueranno a negare gli effetti avversi. Questo perché ai genitori di un bambino danneggiato da vaccino tocca l’onere della prova (immaginate un po’ con quali armi combatte la battaglia e contro quale avversario!) e per farlo, dopo il diniego certissimo della Commissione Militare Ospedaliera, dovrà rivolgersi al Tribunale accollandosi le spese e trovare un medico legale che faccia la perizia. Non sarà facile, perché un medico che accetti questo ruolo ingrato (come è successo al bravissimo dottor Dario Miedico, radiato dall’Albo con un atto che getterà perenne discredito sull’Ordine, a memoria dell’immoralità di questa legge) sarà minacciato di radiazione e il perito del giudice (il CTU), se vuole campare come medico, dovrà negare il nesso. Le pressioni a negare ogni rapporto di causalità sono fortissime e tali da limitare fortemente la libertà di coscienza del medico. Il giudice in molti casi ascolterà il perito del Tribunale (l’ISS, nel suo impeto di onnipotenza, sta già cercando da un po’ di influenzare anche i giudici) e così andrà d’ora in poi. Già prima era difficilissimo ottenere il riconoscimento del danno, ora sarà quasi impossibile, visto il clima intimidatorio intorno ai medici che lavorano in scienza e coscienza. Inoltre, pochi sanno che le norme attuali sulle autopsie giudiziarie, che risalgono incredibilmente  alla Circolare Fani del 1910,  prevedono l’utilizzo della formalina, che cancella le tracce di agenti patogeni nei tessuti dei soggetti deceduti, anziché la crioconservazione del campione autoptico, che consente indagini obiettive. Quindi, niente tracce. Senza tracce, non c’è prova e quindi nemmeno danno.

Eppure, nonostante le enormi difficoltà, grazie a perizie eccellenti molti genitori negli anni hanno ottenuto il riconoscimento del danno irreversibile ed il diritto al risarcimento dello Stato, come ha segnalato lo stesso Ministro Lorenzin in risposta ad un’interrogazione parlamentare. Si tratta di parecchie migliaia di casi, dei quali solo 631 risultarono indennizzati nel luglio 2015.  Segno che i danni sono molto più numerosi di quello che si continua a fare credere (certamente, molti più di uno su un milione!). Eppure, lo Stato non sempre paga e non paga subito. Probabilmente, quasi nessuno sa che come è stato difficile per i bambini italiani, diventati paralitici in seguito al vaccino Salk nei lontani anni ‘50, ottenere il risarcimento, ancora negato dallo Stato nel 2009. Insomma, se vi capita in famiglia un danno da vaccino, sarete nell’ordine sbeffeggiati come genitori visionari e paranoici, non avrete modo di far valere le vostre ragioni e non otterrete nulla, a meno di un miracolo. E si tratta di vite rovinate per sempre, come questa. Questo non è accettabile in un Paese democratico.

[continua]

Vaccini sì, obbligo no: una proposta politica rispettosa dei diritti

Non potendo riassumere qui tutta la lunga e articolata discussione della questione che ho già condotto in altri articoli, rimando ad essi per il necessario approfondimento degli aspetti controversi sia della legge Lorenzin sia della vaccinazione di massa.

L’obbligo vaccinale, ovvero: chi decide della salute dei bambini? [parte prima]

L’obbligo vaccinale, ovvero: perché molti cittadini italiani non si fidano del loro governo? [Parte seconda]

L’obbligo vaccinale: come orientarsi fra le diverse posizioni in campo? [parte terza]

L’obbligo vaccinale: come orientarsi fra le diverse posizioni in campo? [parte quarta]

L’obbligo vaccinale: come orientarsi fra le diverse posizioni in campo? [parte quinta]

Benché sedate da una censura ferrea e sistematica, le polemiche sulla legge Lorenzin che impone l’obbligo vaccinale per 10 vaccini (14 compresi quelli consigliati) per i minori di età compresa fra 0 e 16 anni sono più vive che mai. Molti genitori, sebbene traumatizzati dal carattere repentino, fortemente coercitivo e discriminatorio della norma, continuano a resistere e a rifiutare la vaccinazione obbligatoria. Anzi, i gruppi e le associazioni per la libertà vaccinale si sono riorganizzati e appaiono sempre più agguerriti.

In questi mesi, moltissimi genitori hanno letto, studiato, approfondito l’argomento e la loro indignazione è salita alle stelle. Per molti di loro, addentrarsi negli aspetti problematici delle vaccinazioni di massa ha avuto l’effetto di renderli sempre più consapevoli della gravità e dell’arbitrarietà delle colossali bugie, delle mistificazioni, delle assurdità scientifiche che sono state addotte dalle autorità politiche e mediche per giustificare l’ingiustificabile, per di più con modalità comunicative più degne di un regime autoritario che di una democrazia. Si è infatti diffusa la consapevolezza che non si tratta di una questione sanitaria, ma di una vera minaccia alla democrazia e ai diritti umani fondamentali, da combattere con ogni mezzo e senza sconti, e non limitata ai confini nazionali.

In questo articolo, mi propongo due obiettivi: la critica politica al decreto Lorenzin e la proposta di una legge che risponda pienamente ai principi democratici (in particolare, agli articoli 3, 32 e 34 della Costituzione, violati da questa legge) e al rispetto dei diritti umani, che sono sempre più minacciati e ignorati ovunque.

Come già detto in altri articoli, il decreto Lorenzin nasce non da un’esigenza sanitaria nazionale, ma da un opaco e misterioso accordo internazionale del 2014 con le multinazionali del farmaco, sotto l’egida della presidenza Obama, il GHSA (Global Health Security Agenda). Il suo peccato originale è perciò la subordinazione della salute dei bambini italiani al rispetto di un accordo di natura prevalentemente politico-commerciale, nonché la natura sperimentale di tale iniziativa, nel senso che non è stata accompagnata da nessuno studio clinico che valuti i potenziali rischi di un aumento delle dosi vaccinali obbligatorie da 4 a 10. Il governo, cioè, non è nemmeno stato sfiorato dalla considerazione dei rischi di tale misura per i bambini italiani ed ha agito per ragioni diverse da quelle della tutela della salute. Il continuo richiamo a presunte soglie di immunità di gregge, appena guardato da vicino, vaccino per vaccino, mostra tutta la sua inconsistenza e insufficienza esplicativa, fino a configurarsi come un semplice pretesto, non basato su evidenze scientifiche. Si può approfondire qui al punto 1 e qui al punto 7. Questo è il prospetto preparato dal prof. Paolo Bellavite (Università di Verona).

Prospetto preparato dal prof. Paolo Bellavite, professore di Patologia Generale all’Università di Verona, ora in pensione.

Big Pharma, d’altro canto, preme a livello internazionale e sponsorizza le campagne sanitarie di ogni tipo, anche quelle inutili, promosse da organismi quali l’OMS (a cui contribuiamo anche noi Italiani) e il GAVI, che adoperino in modo massiccio i farmaci da esse prodotti e quando serve, non esita a corrompere funzionari statali e politici, come successo in Italia (caso De Lorenzo – Poggiolini, e non solo) e di recente in Cina (anche qui) e, come sembra, in Grecia, per fare solo tre esempi. Il probabile, quando non palese, conflitto di interessi di alcuni medici della Sanità pubblica, che ricevono incarichi retribuiti o altre forme di finanziamento dalle aziende farmaceutiche rappresenta un grave pericolo per l’imparzialità delle istituzioni pubbliche. Le sliding doors dei medici fra sanità pubblica, aziende private e organismi sanitari internazionali, finanziati sia dagli Stati che dai privati, sono assai frequenti in ambito vaccinale.

In secondo luogo, appare contestabile l’arbitrio della decretazione d’urgenza (art. 77 Cost.) e la fiducia imposta in Parlamento per la conversione in legge. Non c’era e non c’è alcun rischio epidemico che giustifichi il decreto-legge, benché i media abbiano gonfiato in modo manipolativo i dati di alcune malattie per suscitare allarme, secondo uno schema propagandistico ben collaudato. Invece, la fretta con la quale il testo di legge è stato scritto lo ha reso confuso e contraddittorio, impedendo le necessarie correzioni in sede parlamentare. Nell’applicazione della legge, si è registrato il caos: circolari contraddittorie hanno interpretato in senso restrittivo la norma, forzandone il carattere coercitivo, le Regioni sono state scavalcate, i centri vaccinali non erano preparati (niente fondi aggiuntivi), le scuole non sapevano che fare e si sono mosse in ordine sparso, i genitori si sono ritrovati sotto shock, perché si sono trovati i figli espulsi da asili nido e scuole d’infanzia da un giorno all’altro, ancora adesso non si capisce nulla di come vengano applicate le sanzioni. Un pessimo esempio di stalking burocratico.

In terzo luogo, risulta assai preoccupante la mancanza di un adeguato rafforzamento della vaccino-vigilanza attiva, ovvero del sistematico follow-up dei soggetti vaccinati, che ha mostrato finora evidenti lacune, per non dire di peggio. I casi segnalati nella migliore delle ipotesi sono un decimo di quelli reali, ma potrebbero essere molti di meno dei casi effettivi. Quando si conducono studi di vaccinovigilanza attiva, come nel caso del report della Regione Puglia relativo ai vaccinati con la prima dose di MPRV nel 2017, i risultati sono agghiaccianti: 40% di effetti avversi segnalati, 4% quelli gravi, di cui tre quarti sicuramente correlati al vaccino. Significa 30mila danneggiati gravi per ogni milione di bambini per una sola dose di un solo vaccino, il tutto assolutamente passato sotto silenzio dalle autorità sanitarie, che, con un gioco di prestigio, riescono a presentare i dati in forma annacquata, senza che i media se ne accorgano.

Non solo, neppure la vigilanza passiva, basata sulle segnalazioni dei medici e dei cittadini, appare rafforzata: sostanzialmente vengono scoraggiati i medici che segnalano, visto che viene incentivata con compensi aggiuntivi in base al numero delle dosi la loro disponibilità a vaccinare, vengono radiati i medici che osano sconsigliare in scienza e coscienza la vaccinazione, avanzare dubbi e presentare dati poco rassicuranti o perizie autoptiche inequivocabili e i genitori dei danneggiati vengono trattati come degli ignoranti paranoici. L’AIFA, come osservato dal dott. Fabio Franchi, continua a sottolineare che la segnalazione del danno (grave) non implica relazione causale con il vaccino, ma nemmeno verifica in modo sistematico l’effettiva esistenza di una correlazione causale, per cui certamente la relazione causale non si trova quasi mai e viene negata a prescindere da ogni dato di fatto. Aumentare il numero di dosi vaccinali senza prevedere un’adeguata forma aggiuntiva di vigilanza sugli effetti avversi, che ovviamente aumenteranno, dimostra una irresponsabilità politica sconcertante e, secondo molti genitori più consapevoli, addirittura criminale.

Tutta da verificare poi la qualità di prodotti vaccinali per i quali le aziende produttrici non rispondono penalmente. Le analisi commissionate dal Corvelva a diversi laboratori indipendenti ci rivelano prodotti di pessima qualità e di dubbia efficacia. Spicca inoltre l’assenza di uno studio longitudinale serio e sistematico che confronti la salute dei bambini vaccinati con quella dei non vaccinati, che nessuna istituzione pubblica né in Italia né altrove in realtà è disponibile a condurre (e a molti non sfugge quale potrebbe esserne la ragione. Lo spiega la dottoressa Bernadine Healy, cardiologa statunitense direttrice del NIH, National Institut of Health: non si vuole mettere in discussione la politica vaccinale).

In quarto luogo, risulta ingiustificabile la riduzione dei fondi per il risarcimento dei danni vaccinali, pur in previsione di un aumento dei casi, segno di una sostanziale e ulteriore indisponibilità dello Stato a farsi carico delle numerose vite rovinate dall’obbligo vaccinale. Si tratta di un’ulteriore violazione costituzionale, questa volta dell’art. 81. Peraltro, anche a fronte di conclamata causa vaccinale, migliaia di danneggiati aspettano ancora l’indennizzo dovuto.

In quinto luogo, l’esclusione scolastica dei bambini da 0 a 6 anni non vaccinati appare una misura dettata unicamente da un atteggiamento ricattatorio e privo di ogni significato sanitario. Come si è detto, non è infatti per nulla giustificata né dall’esigenza di proteggere i bambini immunodepressi, che sono esposti agli agenti patogeni in tutti gli ambienti di vita, non solo a scuola, anche per malattie diverse da quelle coperte da vaccino, e che sono molto più in pericolo in presenza di bambini appena vaccinati e contagiosi (si veda qui al punto 7) né tanto meno, come assurdamente è stato sostenuto sui media, dall’esigenza di proteggere i vaccinati, che non dovrebbero temere nulla, se è vero che i vaccini li proteggono. Semmai, sono i non vaccinati a rischiare di contrarre malattie dai vaccinati, cosa peraltro messa in conto dai loro genitori, che se ne assumono la responsabilità.

Dal punto di vista psicologico ed educativo, questa estromissione, avvenuta ad iscrizione già effettuata o ad anno scolastico inoltrato, non di rado con modalità ottuse e irrispettose, rappresenta un danno irreparabile per questi bambini, genera un’odiosa e ingiustificata discriminazione nei loro confronti, rafforzata dai toni violentemente discriminatori e accusatori di alcuni medici irresponsabili che, come ringhiosi inquisitori, hanno alimentato campagne di odio persecutorio verso bambini sotto i 6 anni degne delle leggi razziali del 1938. Sui social network, orde di genitori rabbiosi si sono scagliati contro i bambini non vaccinati come la folla milanese contro gli untori durante la peste manzoniana, e con uguale fondamento scientifico. D’altra parte, oggi come allora, di fronte ad una legge discriminatoria e ingiusta, emergono subito i burocrati zelanti, che obbediscono senza farsi domande. Non sempre la storia insegna qualcosa.

Dal punto di vista sociale, le famiglie private dell’asilo nido e della scuola d’infanzia da un giorno all’altro e senza preavviso, sono state costrette a imprevisti riadattamenti della vita familiare, a costi aggiuntivi e allo stress di norme incomprensibili e in non pochi casi le madri lavoratrici preoccupate per gli effetti avversi (spesso per averne già fatto esperienza) hanno dovuto rinunciare a lavorare. Per le famiglie monoparentali, si è consumato un vero dramma.

Dal punto di vista politico, questa legge rappresenta una palese violazione dei principi costituzionali, spia della presenza di forti pulsioni autoritarie e di una profonda bassezza morale, benché camuffata a reti unificate da ragioni pretestuose e indimostrabili di salute pubblica, oltre che da plateali bugie. Costituisce infine probabilmente un boomerang, perché ha svelato a molti genitori la natura infida, dispotica e interessata del potere politico e ispirato una profonda e non comprimibile spinta alla ribellione, la cui onda lunga si farà sentire nei prossimi anni.

Verso gli alunni più grandi, da 6 a 16 anni (ma la legge è scritta in modo così sciatto che non è ancora chiaro se siano compresi i ragazzi fra i 16 e i 17 anni), l’aver prescritto il numero massimo di due allievi non vaccinati per classe genera stigma sociale, discriminazione, violazione della privacy, discontinuità educativa, senza essere giustificato da alcuna ragione scientifica. Infine, il considerare assolto l’obbligo vaccinale mediante il pagamento di una multa vanifica la libertà di scelta in materia sanitaria, rendendola punibile con un balzello economico odioso e immotivato, oltre che non progressivo, e genera disparità di trattamento in base all’età.

In sesto luogo, appare irrisolto il problema del consenso informato. È obbligo deontologico del medico e prescrizione del Codice di Norimberga e della Convenzione di Oviedo (per la discussione etico-giuridica si legga qui) che un trattamento sanitario sia volontario e che il paziente sia informato dei potenziali rischi, per poter esprimere un consenso informato. Ai genitori che portano i figli alla vaccinazione, viene richiesto di firmare un modulo di consenso informato. Ma che significa “informato”? Raramente vengono esposti ai genitori i rischi dei vaccini, la loro composizione inquietante per molti aspetti (si veda qui, al punto 5), la loro efficacia alta o bassa, i potenziali rischi di contagio, l’esistenza di soggetti non responders (che non saranno affatto immunizzati dal vaccino) o predisposti a gravi patologie che potrebbero essere danneggiati, i potenziali effetti avversi gravi o gravissimi anche a lungo termine e il dovere di segnalarli, il fatto che alcuni prodotti vaccinali siano sottoposti a monitoraggio addizionale e quindi non ancora completamente testati o che vengano usati vaccini testati per fasce d’età diverse da quella del soggetto. In realtà, l’informazione necessaria non è disponibile nemmeno per il medico che vaccina. Il famoso studio comparativo serio, controllato e randomizzato fra vaccinati con 10 vaccini e non vaccinati non c’è, quindi il medico vaccinatore in realtà non sa se ci sia o meno un rischio aumentato. E ciò che si ignora non per questo non esiste. Per definizione, il vaccino viene presentato come un preparato innocuo, efficace, che presenta solo vantaggi. Se però il genitore arriva preparato, dopo aver letto libri, articoli scientifici, schede tecniche dei vaccini, liste di ingredienti, portando certificazioni mediche di patologie croniche collegabili alle vaccinazioni secondo un corpus rilevante di studi scientifici, e decide di non far vaccinare il figlio per mancanza di risposte soddisfacenti dell’istituzione sanitaria, il rifiuto di firmare il modulo viene sanzionato con la multa o con l’espulsione dalla scuola. In che cosa consiste dunque la libertà del consenso? Può un’opzione libera essere soggetta a sanzione? E può esserci obbligo in presenza di rischi gravi o in assenza di certezze di innocuità? A fronte di mille studi che non rilevano relazione causale fra vaccini e patologie, ne bastano anche pochi che la individuino per invocare il principio di precauzione. E ce ne sono centinaia. Uno studio recente ne cita 1200.

In settimo luogo, appare irragionevole l’assenza di esami prevaccinali e standardizzazione della profilassi. Benché infatti la legge 119 preveda l’effettuazione di esami prevaccinali per verificare l’avvenuta immunizzazione naturale per le malattie coperte da vaccino e la possibilità di ricevere vaccini monodose, in caso di immunità precedente, e benché una legge precedente (DL 124/1998, art. 2 lett. b) preveda la gratuità di tali esami, una circolare (al punto 3) ha ingiunto ai medici e ai pediatri di base di non prescrivere tali esami a titolo gratuito e i vaccini monodose sono pressoché irreperibili (costerebbero molto meno dei prodotti polivalenti, che sono coperti da brevetto). Si somministrano gli stessi e costosissimi prodotti polivalenti a tutti, anche a chi è già immunizzato naturalmente. Di fatto, quindi, l’unica anamnesi possibile, anche in caso di familiarità con gravi patologie, è quella a vista. Non c’è nemmeno il tempo di un colloquio approfondito, dato il sovraffollamento delle ASL. Per un neonato di poche settimane, si tratta di una vera roulette russa; per un bambino più grande, si corre il rischio di somministrare dosi inutili, con aggravio di rischio per lui e i costi per lo Stato. Un trattamento medico preventivo, la cui efficacia soggettiva è sconosciuta, somministrato in modo standardizzato a prescindere dalle condizioni generali di salute dei bambini e riconoscendo come unica controindicazione praticamente solo lo shock anafilattico, non può che avere effetti imprevedibili per tutti quei soggetti che presentano una vulnerabilità genetica o condizioni particolari, ma non visibili, che, associate alla vaccinazione, possono produrre effetti avversi anche gravissimi, segnalati peraltro nei documenti della case farmaceutiche come risultanti dagli studi clinici sul vaccino. Lo dimostra anche la relazione di illustri luminari nell’inchiesta parlamentare della Commissione Difesa. L’irrazionalità della misura si palesa, se si pensa che non c’è nessuna emergenza epidemica in atto. Un vantaggio incerto, a fronte di un rischio certo o probabile, contrasta con il principio ippocratico primum non nocēre.

In ottavo luogo, il rapporto fra Stato e cittadini viene gravemente compromesso da questa legge liberticida. Un Ministro arrogante e incompetente, che pontifica su tutti i media asserviti imbonendo e spaventando il pubblico con plateali bugie, mai smentita o corretta, anzi, rinforzata da autorità sanitarie che dovrebbero tutelare la salute pubblica per compito istituzionale, la censura illiberale perfino della visione di film di denuncia come Vaxxed o dei manifesti affissi dalle associazioni contrarie all’obbligo, la censura clamorosa della parte della relazione parlamentare della Difesa sulle vaccinazioni, la censura dei documenti critici su Internet con la scusa delle fake news, l’occultamento nei media di ogni evidenza contraria alla fede cieca nel valore salvifico delle vaccinazioni di massa, la diffamazione sistematica e autoritaria dei cittadini critici e dei medici scrupolosi fanno somigliare questa politica sanitaria più al fascismo che alla democrazia. Le strategie comunicative utilizzate sono identiche a quelle indicate da Goebbels per la propaganda nazista contro gli Ebrei. Gli esiti politici più nefasti cominciano sempre con progressione graduale. Non c’è nulla di cui stare tranquilli, perché se il pubblico accetta il gioco al massacro, la china è pericolosamente in discesa. Al di là delle intenzioni esplicite di questa classe politica, un linguaggio così discriminatorio e intossicante genera assuefazione delle menti e distrugge il tessuto stesso della democrazia, che è fatto di tolleranza, di libertà, di dialogo, di solidarietà e di inclusione sociale.

Per un partito come il PD che vanta un antifascismo solo di facciata, questo autoritarismo sanitario, che proclama la natura non democratica della scienza, che addita i bambini non vaccinati come dei pericolosi untori e i loro genitori come nemici del popolo e che tratta i medici dissenzienti come eretici infedeli, soggetti a scomunica dalla Santa Inquisizione autoproclamatasi scientifica e così curiosamente vicina gli interessi di Big Pharma, rappresenta veramente la caduta della maschera di un potere intrinsecamente feroce e dispotico. Forse non viene pienamente percepita dai vertici della politica nazionale, ma la rottura del patto di fiducia con una parte consistente di cittadini più consapevoli è totale e irrimediabile. E quando il contratto sociale viene così gravemente violato, al punto che lo Stato si arroga il diritto di entrare intrusivamente nel corpo dei cittadini più indifesi e lo fa con determinazione così violenta e intollerante, la disobbedienza civile può assumere forme imprevedibili. In questo senso, non si tratta solo di un esperimento sanitario, ma di un esperimento politico in grado di saggiare la capacità di reazione democratica del popolo italiano. Lasciarsi fare questo vuol dire mostrarsi inermi a qualunque arbitrio del potere, che potrà controllare ciascuno di noi mediante obblighi e vessazioni altrettanto ingiusti e intrusivi, giustificati con ragioni pretestuose.

Questa è la ragione per la quale da mesi continuo a portare l’attenzione delle persone sinceramente democratiche sull’obbligo vaccinale. Questa legge, oltre ad essere contraria alla Costituzione, è pure contraria alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Articolo 3, pag. 9), che afferma chiaramente : “Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge”. La Convenzione del Consiglio Europeo per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazione della biologia e della medicina afferma chiaramente: “L’interesse e il bene dell’essere umano debbono prevalere sul solo interesse della società o della scienza” (Articolo 2 – Primato dell’Essere Umano) . Essa afferma anche: “Un intervento nel campo della salute può essere effettuato solo dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato su di esso. Questa persona deve ricevere innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e rischi. La persona interessata può liberamente ritirare il proprio consenso in qualsiasi momento.”  (Articolo 5 – Regola Generale)

Occorre perciò contemperare, in un testo normativo, i principi di protezione della salute personale, di tutela del bene comune, di personalizzazione della cura e di libertà di scelta in materia sanitaria, ricordando che la maggior parte dei vaccini sono studiati per la protezione personale e non per contenere le epidemie e che ci deve essere congruenza fra la misura preventiva e il rischio di contagio (quando la malattia ha bassa o bassissima incidenza e il rischio di contagio è scarso, può non aver senso vaccinare a tappeto, sia per i rischi sia per i costi). Occorre infine considerare che per alcune malattie ci sono forme alternative di prevenzione e/o di terapia e che la vaccinazione di massa può influire sulla selezione di ceppi di microorganismi resistenti per pressione selettiva, vanificando l’effetto della vaccinazione.

Una legge vaccinale rispettosa dei diritti costituzionali, partendo dall’indispensabile abrogazione della legge 31 luglio, 2017, n° 119, potrebbe prevedere le seguenti misure:

1) La libertà di scelta in materia vaccinale, come nella maggior parte dei Paesi europei. Si può considerare l’obbligo temporaneo solo in caso di gravi epidemie, opportunamente definite dalla legge.

2) Abolizione di ogni forma di sanzione per i genitori che decidono di non vaccinare i figli.

3) Abolizione di ogni obbligo di vaccinazione e di ogni certificazione vaccinale per l’accesso alle scuole e alle professioni.

4) Monitoraggio molto stretto dei conflitti di interesse in ambito sanitario ed espulsione dalle istituzioni pubbliche di figure professionali coinvolte a qualsiasi titolo con le aziende farmaceutiche.

5) Promozione di campagne sanitarie per le vaccinazioni gratuite di soggetti a rischio.

6) Sovvenzione a centri di ricerca pubblici che studino e producano vaccini non soggetti a brevettazione e disponibili in formulazione monodose e sostituzione più ampia possibile di vaccini prodotti da enti pubblici nazionali o internazionali ai vaccini commerciali, assai più costosi.

7) Finanziamento e rafforzamento degli organismi indipendenti di farmacovigilanza attiva sui vaccini.

8) Obbligo per i medici e il personale sanitario di segnalare agli enti di sorveglianza gli effetti avversi, con relativa sanzione per gli inadempienti.

9) Obbligo, per il personale sanitario addetto alle vaccinazioni, di fornire un’informazione completa agli utenti e di segnalare ingredienti, rischi di contagio ed effetti avversi dei singoli preparati vaccinali, per consentire la sottoscrizione di un autentico consenso informato.

10) Nessun incentivo economico ai medici per l’attività di vaccinazione.

11) Promozione e finanziamento di studi approfonditi e sistematici di comparazione fra soggetti vaccinati e non vaccinati a breve, medio e lungo termine; sulla relazione fra effetti avversi ed età di somministrazione; sull’effetto singolo e combinato degli adiuvanti e degli eccipienti dei vaccini, come avviene per gli alimenti; trial clinici controllati e randomizzati sull’efficacia dei singoli preparati vaccinali (che oggi non vengono fatti per presunte ragioni etiche); ricerche sulle alternative alla vaccinazione nella prevenzione e nella profilassi delle malattie infantili; studi sugli esami atti a prevedere possibili danni vaccinali (adversomica).

12) In caso di utilizzo di preparati vaccinali commerciali, attribuzione di responsabilità civile e penale degli effetti avversi in capo alle aziende produttrici e possibilità di class action dei cittadini.

13) Messa al bando da ogni commessa pubblica delle aziende già condannate in via definitiva anche in altri Paesi per frode, corruzione, finanziamento illecito e violazione delle norme di sicurezza in materia sanitaria.

14) Controllo meticoloso, costante e trasparente dei singoli lotti vaccinali, attuato nei laboratori pubblici e volto ad escludere contaminazioni da materiale biologico estraneo, nanoparticelle, sostanze chimiche e metalliche, residui del processo di lavorazione.

15) L’approvazione di una nuova legge sulle autopsie, che superi le ormai obsolete indicazioni della circolare Fani del 1910 e sostituisca alla conservazione in formalina la crioconservazione dei campioni autoptici, perconsentire la rilevazione di virus e batteri nei tessuti e l’accertamento dei danni vaccinali.

16) La tutela completa, immediata e adeguata delle persone danneggiate dalla vaccinazione, se consigliata dalla Sanità pubblica.

17) L’effettiva gratuità degli esami sierologici prevaccinali e degli esami volti ad approfondire altri aspetti della salute, in caso di patologie individuali o di familiarità a patologie gravi (per esempio, autoimmuni).

18) L’obbligo per la stampa di un’informazione completa, corretta e imparziale in materia sanitaria.

Questa la mia proposta. La lascio alla libera discussione dei lettori.

Invito alla lettura del libro di Paolo Bellavite, Vaccini sì, obblighi no, Cortina ed., 2017 e al volume AA. VV. (a cura di Roberto Gava), Le vaccinazioni di massa. Prevenzione, diagnosi e terapia dei danni, Salus Infirmorum ed., 2014.


La mia proposta accoglie alcuni spunti provenienti dalla riflessione politica del gruppo FB Free-Vax Italia, al quale va il mio ringraziamento.

L’obbligo vaccinale: come orientarsi fra le diverse posizioni in campo? [parte terza]

Fonte: Il Fatto quotidiano, 17/01/2013 (https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/17/che-senso-hanno-attuali-vaccinazioni-pediatriche-di-massa/472111/).

Dopo i primi due articoli sull’obbligo vaccinale, il primo sugli aspetti etico-giuridici, il secondo sulle modalità autoritarie e manipolative del decreto Lorenzin, proseguo la riflessione sull’argomento provando a delineare un quadro complessivo dello scontro in corso, nella speranza di poter fornire un primo schema orientativo nell’enorme complessità della questione, senza alcuna pretesa di completezza e senza alcuna presunzione di sapere chi ha ragione e chi ha torto. Siamo infatti pienamente nel campo dell’opinabile, nonostante la strategia mediatica di contrapporre Verità ed eresia, ed è giusto che ciascuno si formi un’opinione propria. D’altra parte, quello che proverò a ricostruire è un dibattito impossibile, per il rifiuto delle istituzioni politiche e sanitarie a dialogare con posizioni critiche, a beneficio dei cittadini e della trasparenza democratica.


Per fare un quadro sintetico delle diverse posizioni in tema di obbligo vaccinale, occorre elencare ed esaminare alcuni punti controversi del dibattito e vedere con quali argomenti vengono affrontati dalle varie fazioni. Questo resoconto cerca di essere descrittivo e sufficientemente imparziale, anche se chi scrive ha maturato una chiara posizione personale, esplicitamente dichiarata, sulla base dei fatti richiamati.

Sono però necessarie almeno tre premesse.


In primo luogo, c’è una sproporzione macroscopica di forze in campo: da una parte, il Governo, gli accordi commerciali internazionali del GHSA, le multinazionali farmaceutiche, la finanza internazionale (che punta sui cosiddetti bond vaccinali), i vertici delle istituzioni sanitarie pubbliche, l’Ordine dei Medici e la stampa mainstream, dall’altra dei gruppi numerosi, ma minoritari di cittadini combattivi (continuamente delegittimati e ridicolizzati dal blocco politico-sanitario-mediatico), un numero significativo di medici, soprattutto clinici, ma anche ricercatori (intimiditi e minacciati di radiazione dall’Ordine professionale per ogni presa di posizione critica) e un proliferare di associazioni e iniziative dal basso, accuratamente silenziate dalla stampa e dalla televisione. Il sociologo Ugo Viale ha sintetizzato benissimo la questione della contestazione al decreto Lorenzin e della inaccettabile censura alla quale è stata sottoposta.

In secondo luogo, le modalità del dibattito sono palesemente drogate da falsità, colpi bassi e fallacie argomentative che sono più tipiche di un sistema autoritario che di una democrazia avanzata e di un serio dibattito scientifico. Questo aspetto comunicativo rende difficile formarsi un’opinione basata su dati obiettivi, come sarebbe necessario in democrazia, e nell’insieme indebolisce la forza persuasiva degli argomenti “ufficiali”, ingenerando il sospetto che non siano così solidi, se devono essere sostenuti in modo manipolativo o decisamente coercitivo, anziché attraverso una discussione razionale, serena e pacata.

In terzo luogo, è necessario scindere la valutazione della necessità, sicurezza ed efficacia delle singole vaccinazioni – ricordando che tale valutazione non può essere fatta in blocco, ma sempre sui singoli preparati farmaceutici e sugli eventuali effetti aggregati – dalla opportunità, legittimità ed efficacia dell’obbligo vaccinale, ovvero della legge che impone la vaccinazione obbligatoria di massa, sanzionando chi nega il consenso. I due piani del discorso non sono facilmente separabili, perché il secondo implica il primo, ma vanno comunque tenuti distinti. Noi ci occuperemo soprattutto dell’obbligo vaccinale, ovvero della legge Lorenzin.

Le posizioni sull’obbligo vaccinale (favorevole/sfavorevole) si incrociano con il grado di rigidità delle rispettive posizioni (alto/basso), generando complessivamente quattro atteggiamenti diversi:

1) COERCITIVI (favorevoli/rigidi), che possiamo indicare con la sigla COE, per i quali i vaccini sono assolutamente necessari, sicuri ed efficaci; gli effetti avversi per definizione non esistono o sono trascurabili; il rapporto costi/benefici è per definizione favorevole a prescindere per qualsiasi vaccino; non c’è limite al numero di vaccini che si possono somministrare in sicurezza; è necessario avere la massima copertura vaccinale; è giustificato obbligare a prescindere dalle condizioni soggettive, anche sacrificando altri diritti fondamentali, come l’integrità fisica, il diritto allo studio o ad un trattamento non discriminatorio; è giustificato radiare i medici che sconsigliano le vaccinazioni e punire i genitori resistenti;

2) TOLLERANTI (favorevoli/flessibili), che possiamo indicare con la sigla TOL, per i quali i vaccini sono complessivamente necessari, sicuri ed efficaci, ma non in blocco; esistono casi particolari di salute e circostanze che possono sconsigliarne l’uso; essendo farmaci, possono avere effetti avversi, che vanno attentamente monitorati; l’obbligo vaccinale è ammissibile e necessario in casi di emergenza sanitaria, mentre va attentamente valutato come regola, considerando ciascun vaccino caso per caso e senza generalizzazioni; si deve armonizzare l’obbligo vaccinale con gli altri diritti soggettivi; il numero di vaccinazioni obbligatorie deve essere sempre limitato al necessario; occorre rigore scientifico nel valutare gli effetti avversi; non si deve punire chi si sottrae all’obbligo;

3) LIBERALI (sfavorevoli/flessibili), che possiamo chiamare LIB, per i quali i vaccini possono essere anche utili, ma sempre a seconda del contesto, della persona e del singolo farmaco; essendo farmaci, per di più somministrati a soggetti sani, comportano comunque un rischio, perciò la scelta di vaccinarsi deve essere assolutamente libera e lo Stato deve solo renderla accessibile e gratuita, previa attenta verifica che il rapporto costo/beneficio sia davvero favorevole per ciascun individuo, visto che varia a seconda delle condizioni e del tipo di vaccino; l’obbligo non è giustificabile, se non in casi di gravissima emergenza sanitaria, e costituisce una violazione di diritti umani fondamentali, perché sacrifica la salute del singolo al presunto bene della collettività; gli effetti avversi vanno monitorati con rigore molto maggiore dell’attuale; i medici critici verso le vaccinazioni vanno ascoltati, perché il principio di precauzione deve avere il sopravvento; devono essere esclusi rigorosamente i conflitti di interesse dall’ambito sanitario; i danni devono essere risarciti dalla case farmaceutiche e non dallo Stato;

4) RADICALI (sfavorevoli/rigidi), che possiamo chiamare RAD, per i quali i vaccini sono per lo più inutili e dannosi; l’obbligo non si giustifica in nessuncaso e si presenta come un abuso violento dello Stato sul corpo dei cittadini più indifesi; chi non vuole vaccinarsi deve poterlo fare senza conseguenze; i medici critici sono la prova che non c’è unanimità nemmeno sull’efficacia delle vaccinazioni; lo Stato e le autorità sanitarie dovrebbero, per recuperare un minimo di credibilità ai loro occhi, tutelare la salute anche in altro modo.

Le precedenti definizioni sono da preferire rispetto a quelle attualmente in voga di PRO-VAX (posizioni COE e TOL), di FREE-VAX (posizione LIB) e di NO-VAX (posizione RAD), perché non si tratta di posizioni pro o contro i vaccini, come si è voluto far credere all’opinione pubblica in questi mesi con una certa dose di mistificazione politica, bensì pro o contro l’obbligo vaccinale nelle forme assai rigide del decreto Lorenzin. In realtà, nemmeno l’unica posizione contraria sia all’obbligo che ai vaccini (quella RAD) pretende di imporre a nessuno il proprio punto di vista né critica chi voglia vaccinarsi. Vi si riconoscono molti genitori i cui figli hanno subito gravi danni dalle vaccinazioni.

Bisogna osservare che la posizione LIB è attualmente quella di gran lunga maggioritaria in Europa, nonché quella che personalmente condivido, benché le spinte politico-commerciali verso un’estensione dell’obbligo ad altri Paesi sia forte, come si è visto in Francia, dove in un Parlamento semideserto alla vigilia di Capodanno è stata approvata una legge che introduce 11 vaccini obbligatori dal 2018. Di recente, la posizione LIB è stata sostenuta con forza anche da una rivista scientifica prestigiosa come Nature, in un editoriale sull’obbligo vaccinale in Francia. Essa punta sulla persuasione, considerandola più efficace dell’obbligo; contesta solo la coercizione su chi non vuole e rivendica il diritto di scegliere come gestire la propria salute, non dando affatto per scontato che la vaccinazione sia l’unico mezzo per raggiungere lo scopo di fare prevenzione attiva. La posizione TOL era quella di fatto presente in Italia prima del decreto Lorenzin ed è tuttora condivisa da molti medici. Il decreto stesso si situa nella posizione COE, sostenuta da alcuni medici molto in vista e vicini al potere e, ovviamente, ben vista dalle case farmaceutiche ed è stata imposta con puro atto d’imperio dal governo senza alcuna possibilità di dibattito dei sostenitori COE con le altre tre categorie elencate all’inizio.

Per entrare nel vivo della discussione, proverò a mettere a confronto le quattro posizioni su alcune questioni fondamentali della controversia sul decreto Lorenzin.

  1. Perché introdurre l’obbligo vaccinale?
  2. Qual è la finalità dell’obbligo vaccinale?
  3. Perché proprio quei 10 vaccini?
  4. Perché escludere dalla scuola i bambini non vaccinati?
  5. Esistono o no gli effetti avversi?
  6. Chi deve risarcire i danni?
  7. I vaccini sono efficaci? E lo sono tutti allo stesso modo o alcuni più di altri?
  8. Perché radiare i medici dissenzienti?
  9. Qual è il ruolo della scienza medica in una società democratica?

NOTA BENE: I documenti a cui fare riferimento per ciascuna affermazione sono moltissimi e di diversa qualità. Ho scelto intenzionalmente di preferire documenti in lingua italiana (quando possibile), per rendere più agevole la lettura ed ho dovuto comunque effettuare una scelta, senza alcuna pretesa di completezza. Molti argomenti sono assai controversi anche fra i ricercatori e non mi è sembrato necessario proporre lunghi elenchi di studi in lingua inglese (che pure esistono). Ho preferito documenti di tipo giornalistico, a cui ciascuno darà il valore che ritiene di dover dare; molti di essi contengono link ai documenti originali. Chi vuole, troverà modo di approfondire. Lo scopo di questo articolo, ripeto, è solo dare un’idea, in assenza di un confronto pubblico fra esperti che consenta di formarsi un’opinione.

1. Perché introdurre l’obbligo vaccinale?

COE e TOL. Perché vaccinare l’intera popolazione permette di elevare oltre i livelli critici l’effetto gregge e quindi di proteggere i bambini non vaccinabili. Le vaccinazioni sono indispensabili per ridurre la diffusione delle malattie e le relative complicanze e per migliorare lo stato di salute della popolazione. In Italia, la percentuale di vaccinazioni è scesa sotto tale soglia critica del 95% e c’è il rischio di epidemie, perciò si rende necessario l’obbligo, come ha segnalato anche l’OMS. Le vaccinazioni di massa sono un risparmio economico per il paese rispetto al costo sanitario di dover curare eventuali malati; recuperare/ridurre i suscettibili è prioritario e irrinunciabile.

COE non distingue fra patologie (tutte egualmente gravi e tutte da affrontare esclusivamente tramite vaccinazione di massa, ad assoluta discrezione dell’autorità sanitaria), mentre TOL distingue fra le varie patologie e fa valutazioni di caso in caso.

LIB E RAD. La vera ragione, richiamata dal testo del decreto Lorenzin (D. L. 7 giugno 2017, n. 73: “Ritenuto altresì necessario garantire il rispetto degli obblighi assunti e delle strategie concordate a livello europeo e internazionale”), è l’accordo politico-commerciale fatto con le multinazionali del farmaco nel 2014 a Washington, il GHSA, del cui contenuto peraltro non si sa ufficialmente nulla (a che cosa esattamente ci siamo impegnati e in cambio di che?), che prevede di vaccinare 4 miliardi di persone entro 5 anni, e si tratta di un affare assai più lucroso di qualunque investimento farmaceutico, reso sicuro dall’obbligatorietà. L’effetto gregge è un calcolo probabilistico teorico basato sull’osservazione delle conseguenze dell’immunizzazione naturale, diverso per ogni malattia, e non sembra avere un senso preciso applicato all’immunità da vaccino, visto che viene continuamente smentito dai fatti; inoltre le soglie sbandierate dal Ministero della Salute (95% per tutte le malattie) non corrispondono a quelle – assai più blande e soprattutto differenziate – dell’OMS. Per un approfondimento sull’effetto gregge e sull’immunità di gregge, nonché degli aspetti controversi relativi alle vaccinazioni, si può leggere l’analisi pacata del prof. Paolo Bellavite, Professore Associato di Patologia Generale, Università degli Studi di Verona.  Qui si possono leggere le soglie di riferimento calcolate da diversi ricercatori e adottate dall’OMS. L’approfondimento della nozione di “effetto gregge” (o “immunità di gregge”) è fondamentale per qualunque discussione sui vaccini. Non per niente ne è stato fatto un uso improprio a sostegno dell’obbligo vaccinale, come si può leggere qui

Anche vaccinando tutti i bambini fra 0 e 16 anni si raggiunge una quota assai piccola della popolazione totale, benché in crescita di anno in anno (14-15%, altro che 95%!), non si garantisce l’immunizzazione per tutti né un’immunità permanente come avviene con la malattia (si parla di 2-10 anni di durata) e vaccinare tutta la popolazione per raggiungere una quota teorica del 95% è inutile, oltre che impossibile, dato che l’immunità non è garantita (alcune persone non la sviluppano proprio), non è permanente, con continui richiami la vaccinazione costerebbe troppo rispetto al vantaggio (aumentando i rischi di danno) e la malattia si potrebbe diffondere all’interno della popolazione interamente vaccinata, come avvenuto in Mongolia per il morbillo (50.000 casi fra 2015 e 2016 su una popolazione di 3,2 milioni di persone con il 99% di copertura vaccinale e oltre il 95% con almeno due dosi; in Italia siamo a 3-4000 casi l’anno nei momenti di picco su 60 milioni, per intenderci) e negli USA per la parotite. Molti adulti vaccinati nei decenni scorsi non sono più coperti dal vaccino, eppure non sono scoppiate nuove epidemie. I vaccini non impediscono le epidemie, perché sono progettati per lo più per proteggere la persona che li riceve, non per impedire il contagio (è il caso, per esempio, del vaccino contro il tetano, che non è contagioso, di quello antidifterico, di quello antipolio e di quello antipertossico). Anzi, subito dopo alcune vaccinazioni i bambini possono essere contagiosi (è il caso, per esempio, di vaccino contro poliomielite, morbillo, rosolia, pertosse e varicella, come suggerisce l’ospedale John Hopkins nella sua “guida per i pazienti”, dove, in caso di immunodepressione, raccomanda di «evitare il contatto» con i bambini appena vaccinati) e possono essere pericolosi – benché sia un evento raro – per i coetanei e per le donne in gravidanza, come scritto nelle schede tecniche dei vaccini MPRV (si legga la scheda tecnica del Priorix Tetra, pagina 2). I bambini immunodepressi non sono affatto al sicuro in mezzo a bambini vaccinati, che quasi mai seguono le avvertenze indicate nei foglietti illustrativi e sui quali nessuno verifica l’effettiva immunizzazione vaccinale; inoltre, sono esposti a molte malattie per le quali non esistono vaccini e devono essere tutelati in altro modo. Perciò si deve lasciare ai singoli e alle famiglie la decisione se vaccinarsi o no.

2. Qual è la finalità dell’obbligo vaccinale?

COE e TOL. Assicurare un’adeguata protezione ai bambini e migliorare la loro salute, preservandoli dai rischi delle malattie infettive. Sottrarre alle famiglie la decisione, per contrastare l’ignoranza in materia e la disinformazione prodotta da ricerche non controllate. Ridurre in prospettiva la spesa pubblica per i danni delle malattie.

LIB e RAD. Al contrario, la finalità è favorire in modo non trasparente interessi privati, cosa di cui in Italia abbiamo già fatto esperienza in passato (si ricordino i casi delle tangenti a De Lorenzo e Poggiolini per l’introduzione del vaccino antiepatite B obbligatorio e lo scandalo della collusione internazionale fra OMS, case farmaceutiche e autorità sanitarie per la vendita di vaccini non adeguatamente testati per l’influenza aviaria e quella suina, che causarono molti danni da vaccino). Si ricordi inoltre che i preparati polivalenti sono coperti da brevetto farmaceutico e costano molto di più di quelli singoli, che per questo non si trovano più (per capirci: stando ai prezzi trovati in siti di prodotti farmaceutici o delle ASL, l’esavalente Infanrix Hexa costerebbe 98 euro e l’MPR Prorix circa 28 euro a dose; il vaccino tetravalente contro la meningite Menveo costerebbe circa 99 euro a dose; viene anche raccomandato con insistenza pure ai maschi il Gardasil contro il papillomavirus, a ben 171 euro a dose). La questione è stata oggetto di denuncia del Codacons  e trattata nella tv pubblica francese nel 2016 (qui un estratto sottotitolato in italiano ). Nel primo anno, secondo calendario vaccinale, i neonati dovrebbero fare una quindicina di iniezioni e ricevere più dosi, per oltre 30 inoculazioni complessivamente delle malattie coperte da vaccino, secondo il Piano Nazionale di Prevenzione vaccinale 2016-2018  (pp. 48-50). Quanto costi ai contribuenti, sarebbe un’interessante informazione, come rilevato dall’Antitrust già nel 2016. I conflitti di interesse sono stati rilevati a proposito di alcune figure di medici dal doppio ruolo pubblico e privato (nelle multinazionali farmaceutiche) che hanno scritto questa legge.

Se fosse l’interesse per la salute dei bambini a prevalere, il Ministro Lorenzin non avrebbe mentito spudoratamente sui bambini morti per morbillo in Inghilterra; i medici responsabili della Sanità pubblica l’avrebbero corretta e non avrebbero avallato la diffusione di notizie tendenziose (per esempio, che i bambini sani non vaccinati sono pericolosi); l’AIFA avrebbe consegnato in tempo e il Ministro avrebbe recapitato ai Parlamentari il Rapporto 2014-15 sui danni da vaccino (pubblicato in seguito a procedimento legale del Codacons); non si sarebbero ingigantiti come flagelli di Dio i casi del tutto nelle norma di meningite e di morbillo; si sarebbero fatti studi sugli effetti cumulativi dei 10 vaccini obbligatori, invece di renderli obbligatori con irresponsabile leggerezza, senza nemmeno un solo studio preliminare, configurando un vero e proprio esperimento di massa non dichiarato; non si continuerebbe a negare irragionevolmente l’esistenza degli effetti avversi a prescindere da ogni dato di fatto, a fronte del numero molto elevato di casi accertati di cui la stessa Lorenzin ha dato notizia in Parlamento; si sarebbe migliorato il servizio di farmacovigilanza, che mostra parecchie lacune; non si sarebbe emanata una circolare per i medici che riduce irragionevolmente le controindicazioni alla vaccinazione praticamente al solo shock anafilattico; le ASL non impedirebbero di fare gratuitamente le analisi prevaccinali previste dalla legge in caso di obbligo e non si sarebbe minacciato di radiazione qualunque medico che sconsigli la vaccinazione.

L’obbligo vaccinale potrebbe preludere ad altre gravi limitazioni della libertà personale, che potrebbero in futuro minare definitivamente il diritto di un cittadino a proteggere il suo corpo e a difendersi da un’autorità arbitraria che voglia controllarlo o condizionarlo. Sugli aspetti pericolosamente antidemocratici e illiberali di questa legge ha scritto il sociologo Ugo VialeQui anche un video.

3. Perché proprio quei 10 vaccini?

COE Nessuna risposta. Così hanno deciso le Autorità sanitarie per garantire la necessaria copertura della popolazione. Somministrati in forma polivalente (esavalente + quadrivalente), che sono i formati commercialmente disponibili, consentono di fare solo due iniezioni, pur esistendo anche (pochi) altri vaccini monodose. Si può ascoltare il Ministro Lorenzin.

TOL Forse sarebbe stato meglio valutare con maggiore calma. Il vaccino per il morbillo sembra il più indispensabile; si poteva aggiungere ai 4 già esistenti e lasciare gli altri facoltativi. La discussione è troppo polarizzata e volerla estremizzare nuoce ad una sana discussione tecnico-scientifica.

LIB. L’assenza di motivazione è già una risposta. Non c’è nessuna ragione di necessità e urgenza per l’obbligo indiscriminato, per nessuno dei 10 vaccini, nemmeno per il morbillo, dato che il numero di casi registrati l’anno scorso rientra rimane nei limiti delle normali oscillazioni cicliche della malattia (nel 2002, con quasi 3 volte i casi del 2017, non ci fu alcun allarme morbillo). Lo ha detto perfino Gentiloni. Il decreto è passato con il voto di fiducia, senza un’adeguata valutazione e senza alcuna trasparenza. Il caso Ricciardi insegna, come rilevato anche dalla giornalista Giulia Innocenzi

Non ci sono rischi epidemici per nessuna delle 10 malattie, come si vede in buona parte dell’Europa dove l’obbligo non c’è, e si poteva tranquillamente sospendere l’obbligo e monitorare, agendo a livello locale laddove si manifestassero eventuali focolai. Il tetano non è contagioso. La poliomielite e la difterite sono pressoché scomparse; il poliovirus si trova ancora praticamente solo nei vaccini ed è assente in Europa da 35 anni. L’epatite B è una malattia grave, ma si trasmette per via ematica e sessuale e il vaccino in età neonatale si può giustificare solo in presenza di rischi accertati. Si poteva al più consigliarlo in età più avanzata. Il morbillo è contagioso anche fra vaccinati; il vaccino, impedendo l’immunità naturale e ritardando nel tempo la malattia, perché sposta in avanti la soglia di suscettibilità senza fornire un’immunizzazione duratura, non protegge i neonati attraverso gli anticorpi materni con l’effetto che la malattia tende a colpire soprattutto gli adulti (non immunizzati per via naturale) e i neonati, per i quali è più pericoloso. L’immunizzazione vaccinale delle madri è infatti meno efficace dell’immunizzazione naturale e non si trasmette attraverso la placenta, proteggendo i neonati nei primi mesi di vita. Quindi, sarà anche utile, ma non risolutivo, visto che il traguardo dell’eradicamento si sposta sempre in avanti da decenni, senza mai essere raggiunto con qualunque soglia di copertura vaccinale. Il vaccino per la parotite non impedisce né la malattia né il contagio in un numero consistente di casi. Il vaccino contro l’Hemophilus Influentiae B – molto raro, peraltro (12 casi di malattia invasiva nel 2016 in Italia, 4 in vaccinati, 5 in adulti, 3 in non vaccinati su 60 milioni di abitanti, ovvero lo 0,00002%) – non protegge dai ceppi non tipizzabili, che sono i più frequenti e viene somministrato arbitrariamente fino a 17 anni, nonostante non sia raccomandato oltre i 4 anni, anche secondo il “Board Calendario per la vita” (con l’irresponsabile faciloneria che caratterizza l’applicazione di questa legge). Utilizzare un vaccino al di fuori del range di età per cui è stato autorizzato e testato può essere inutilmente pericoloso e rappresenta una palese violazione del codice di deontologia medica (art. 13 e 18). Ma anche il vaccino esavalente viene indicato come obbligatorio dal Board calendario per la vita ben oltre la fascia di età per il quale è stato testato. Un caso interessante è il vaccino anti-meningococco B, prima inserito fra gli obbligatori e poi tolto. Qui il rapporto costi-benefici è davvero assai dubbio. Nell’inserto con le “caratteristiche del prodotto” della ditta produttrice attualmente online si riferisce, per esempio, di un 2,1% di effetti aversi registrati negli studi di approvazione del prodotto. Si tratta di un numero molto elevato, specie per una malattia di così bassa incidenza. Sulla base di questi dati, il numero di effetti avversi gravi per questo vaccino registrati dall’AIFA (175 nel 2016 e 60 nel 2015) andrebbero moltiplicati rispettivamente per 35 o per 47 volte. Un esempio di come il rapporto costi-benefici vada valutato su ogni singolo vaccino e di quanto siano sottostimati i dati dell’AIFA. E anche di come si ignorino allegramente le indicazioni sulla fascia di età per la quale il farmaco è stato approvato, ovvero dai 10 anni d’età in su, con due dosi. In Italia invece lo si somministra anche ai neonati a partire dai tre mesi di età, con tre dosi.

Da ultimo, le quattro Commissioni parlamentari della Difesa che hanno indagato sulle cause delle gravi patologie che colpiscono i militari italiani, dopo anni di accertamenti hanno focalizzato l’attenzione sui vaccini e in particolare sull’MPR, giungendo a raccomandare il numero massimo di 5 vaccini per i soldati in servizio.  Perché ai militari 5 e ai neonati di pochi giorni 10 (più quelli raccomandati, che possono fare 14), a prescindere dalle loro condizioni (prematuri, sottopeso, affetti da patologie ecc.), senza avere nemmeno uno solo studio che abbia indagato in via preventiva gli effetti di questa particolare associazione di vaccini, confrontando gruppi randomizzati di bambini vaccinati con questi 10-14 vaccini e bambini non vaccinati? Ai genitori italiani è stato taciuto che i loro figli sono sottoposti ad un esperimento di massa senza codice etico e senza possibilità di scelta volontaria. Roba da dittatura nazista, altro che consenso informato! E non si tratta di un’esagerazione: un esperimento obbligatorio violerebbe il Codice di Norimberga.

Un problema ulteriore è dato dalla presenza di nanoparticelle e di metalli neurotossici in alcuni campioni di preparati vaccinali (peraltro assenti in analoghi prodotti veterinari). Si può ascoltare un’intervista alla dottoressa Antonietta Gatti, fisico e bioingegnere di fama internazionale (osteggiata violentemente da quando si occupa di vaccini con il marito, dottor Stefano Montanari) e uno studio dell’infettivologo e specialista in Medicina preventiva dottor Fabio Franchi sulla quantità di sali di alluminio non solubili iniettati per via intramuscolare nei neonati, che supera di molto le dosi massime indicate dall’EMA (peraltro, è ignoto quale quantità massima di alluminio iniettato per via intramuscolare in forma di sali insolubili sia tollerabile per un neonato senza provocare danni, ma la cosa non sembra suggerire alcun atteggiamento di precauzione).

[continua]

L’obbligo vaccinale, ovvero: perché molti cittadini italiani non si fidano del loro governo? [Parte seconda]

Considerata dal punto di vista politico-economico, la questione dell’obbligo vaccinale (e non della vaccinazione in sé, che non è qui in discussione) assume ulteriori aspetti rilevanti.

La Global Health Security Agenda (GHSA), un accordo patrocinato nel 2014 dagli USA con oltre 50 Paesi, organizzazioni ed enti non-governativi con l’obiettivo rendere il mondo sicuro dalle malattie infettive e di porre la sicurezza sanitaria fra le priorità nazionali e globali, ha individuato nell’Italia e nel Portogallo i Paesi capofila a livello mondiale della vaccinazione contro il morbillo e contro le malattie infettive per gli anni 2014-2019 (GHSA Action Package Prevent-4). L’intento è di arrivare in Italia alla copertura vaccinale del 90% in cinque anni per i bambini di 15 mesi. Ovviamente, il piano si inserisce in un progetto globale degli USA che mirano a vaccinare 4 miliardi di persone in 30 Paesi entro 5 anni, come dice con enfasi l’infografica del GSHA. L’interesse statunitense si spiega con il fatto che le maggiori aziende produttrici di vaccini sono statunitensi.

Questa iniziativa americana, alla quale evidentemente il nostro governo ha aderito con entusiasmo, stante anche il richiamo della OMS all’Italia per l’aumento dei casi di morbillo nel nostro Paese, rappresenta una potente motivazione per il decreto sull’obbligo vaccinale del Ministro Lorenzin e per l’improvviso allarme diffuso sui media rispetto alla vaccinazione contro il morbillo. Pur riconoscendo le possibili gravi complicanze che possono derivare da questa malattia, sono da osservare i toni allarmistici e i dati scorretti forniti dal ministro e rimbalzati sui media sulla pericolosità del morbillo. Tre esempi.

A Porta a Porta del 22/10/2014 al minuto 36:22 la Ministra Beatrice Lorenzin dichiara che “solo di morbillo a Londra, cioè in Inghilterra, lo scorso anno [quindi nel 2013] sono morti 270 bambini per una epidemia di morbillo molto grave”. Secondo i dati ufficiali del governo inglese, invece, nel 2013, di morbillo si è registrato 1 decesso, di un uomo di 25 anni, in seguito ad una polmonite acuta quale complicanza del morbillo, come si legge qui a fondo pagina . Da notare che i test per stabilire se la causa del decesso fosse il virus non hanno dato alcun esito. L’ultimo anno in cui si sono registrati più di 200 morti per morbillo nel regno Unito è il lontano 1953.

A Piazza Pulita del 22/10/2015 [esattamente un anno dopo] al minuto 5:57 la Ministra Beatrice Lorenzin dichiara: “Di morbillo si muore, in Europa! … c’è stata una epidemia di morbillo a Londra lo scorso anno [quindi nel 2014], sono morti più di 200 bambini…”. Invece, secondo i dati ufficiali, nel 2014 ci sono stati 59 casi totali di morbillo a Londra e nessun decesso (si può controllare qui). Dal 1989 al 2013 i decessi per morbillo nell’intero Regno unito sono oscillati tra 0 e 4, come si può verificare qui. Come anche in Italia, del resto, dove, a fronte di un aumento dei casi di malattia nell’ultimo anno rispetto a quello precedente con prevalente interessamento della popolazione adulta, non si è registrato nemmeno un decesso. Si può verificare qui, sul bollettino ufficiale dell’Istituto Superiore di Sanità.

Tanto per continuare sulla stessa linea (quindi la ministra o ignora quello che dice, e la cosa sarebbe grave, o mente intenzionalmente, e allora è gravissima), il 21 luglio 2016, in un’intervista de Il Messaggero, la Ministra Lorenzin risponde: «…… In Gran Bretagna tre anni fa c’è stata una epidemia di morbillo – dovuta proprio al fatto che molti avevano rinunciato al vaccino – che ha causato la morte di centinaia di persone. Per correre ai ripari è stato varato un piano di emergenza e di prevenzione costato centinaia di milioni di euro».

Tra l’altro, il fatto che il maggior numero di nuovi casi (incidenza cumulativa per fascia di età) si collochi nella fascia di età superiore ai 15 anni (oltre il 73% dei casi; si veda il rapporto RM News appena citato a p. 3), rende difficile comprendere quale nesso vi sia fra questo picco di casi e la diminuzione della copertura vaccinale nei neonati, registrata negli ultimi anni, che pure è l’unica spiegazione ufficialmente addotta e qui ripetuta dalla ministra per giustificare l’introduzione dell’obbligo vaccinale. Ci possono essere – e in questo caso ci sono per forza – anche altre ragioni che spieghino l’aumento dei casi. Il fatto è un Ministro di una democrazia non dovrebbe permettersi di mentire ad un intero Paese, perché così facendo vìola ogni patto fiduciario con i cittadini. E la stampa – se fosse libera – dovrebbe rilevare subito la clamorosa manipolazione dei dati. Un Ministro che mente non dovrebbe restare al suo posto. Solo una concezione arrogante, proprietaria e illiberale del potere può dare vita ad una relazione così poco trasparente e democratica fra governo e cittadini. Da notare che le autorità sanitarie non sono mai intervenute – almeno a quanto mi risulta – a correggere pubblicamente i dati palesemente scorretti; il che getta un’ombra, ovviamente, anche sulla loro buona fede e mette in allarme i cittadini più consapevoli.

Ma perché gonfiare in questo modo i dati? Perché creare allarme nella popolazione, citando continuamente le cifre di un bollettino di guerra, che riguarda al più i Paesi in via di sviluppo, dove le epidemie si diffondono per condizioni igienico-sanitarie carenti, mentre nei Paesi europei e negli USA si tratta di un numero di morti che si conta (quando ce ne sono) sulle dita di una mano? Come si deve chiamare questo tipo di politica? Terrorismo psicologico? Procurato allarme? Intimidazione? Fake news?


Questa modalità manipolativa di gestire l’informazione sui vaccini, specie se proviene dagli organi istituzionali, non può che ispirare diffidenza nella gente. I genitori più dubbiosi sulle vaccinazioni sono anche quelli che vanno a cercare informazioni su Internet, e soprattutto sui siti istituzionali. E qui scoprono che, mentre vengono enfatizzate in misura iperbolica le morti per il morbillo, si tace del fatto che si sospetta siano molto più numerose le morti per il vaccino antimorbillo. Il 24 ottobre 2010 il Sunday Times pubblica un articolo sui danni vaccinali. Si tratta di dati ufficiali del MHRA, la Medicines and Healthcare products Regulatory Authority del Regno Unito, ovvero l’autorità governativa che si occupa di farmaci e di salute pubblica, non pubblicati ufficialmente, ma ottenuti dal Sunday Times sulla base del Freedom of Information Act. Sulla base dei dati raccolti sulle reazioni avverse dei vaccini, specie del vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia, si scopre che, dal 2003, “ci sono state più di 2100 gravi reazioni avverse ai vaccini pediatrici, alcune delle quali a rischio della vita”. L’articolo dice testualmente: “Si sospetta che quaranta bambini siano morti come conseguenza della somministrazione di routine dei vaccini negli ultimi 7 anni. Si sospetta anche che le vaccinazioni in età infantile abbiano lasciato due bambini con danni al cervello e che abbiano causato più di 1500 reazioni neurologiche, inclusi 11 casi di infiammazione cerebrale, 13 casi di epilessia e uno di coma”. Certo, un sospetto non è una certezza, e può anche darsi che gli eventi avversi abbiano una spiegazione diversa, ma perché tanta reticenza a rendere pubblici i dati? Dovrebbe essere cura e preoccupazione delle autorità sanitarie e pubbliche verificare scrupolosamente e con la massima trasparenza anche il minimo sospetto di correlazione fra i vaccini e eventuali danni alla salute, non importa quanto improbabile sembri.

In Italia il Codacons ha accusato l’AIFA di non aver pubblicato il report sui danni vaccinali dopo il 2013, finché non lo ha fatto il Codacons sul sito FB. Ora, dopo le polemiche, il rapporto integrale dell’AIFA per gli anni 2014-15 è disponibile su Internet a questo link, insieme ad una sintesi. Certo, l’AIFA sottolinea correttamente che le segnalazioni di effetti avversi non sono una prova di relazione causale fra essi e le vaccinazioni, ma quanto si va a fondo nella ricerca di queste relazioni causali? Molti genitori hanno la percezione che venga posta un’enfasi diversa sui vantaggi delle vaccinazioni (l’AIFA dichiara testualmente e iperbolicamente “In Italia ogni anno i vaccini salvano milioni di vite”) rispetto ai danni, che vengono per lo più minimizzati. Ma perché questi toni sempre enfatici e privi di misura, così poco scientifici, direi, come se gli Italiani fossero dei sempliciotti da imbonire? Una modalità comunicativa più equilibrata e obiettiva incoraggerebbe molti genitori a valutare in modo più positivo le vaccinazioni.

La questione, quindi, non è strettamente medica. È una questione soprattutto politica e comunicativa. Perché la trasparenza fa così paura? Perché i danni post-vaccinali – sia pure talvolta difficili da correlare causalmente alla vaccinazione – sono considerati meri effetti collaterali, quasi una triste necessità, mentre le complicanze delle patologie, a volte meno gravi, vengono dipinte con enfasi tragica? Uno Stato davvero imparziale non dovrebbe essere più preoccupato di questi dati, tra l’altro spesso sottostimati, che dei pochissimi casi di morte per morbillo? E in che cosa consiste questa così enfatizzata epidemia di morbillo in Italia? Forse gli Italiani meriterebbero un’informazione più completa, approfondita e razionale. Se guardiamo il grafico dell’Istituto Superiore di Sanità, emerge solo che il morbillo, come si sa da sempre, ha un andamento ciclico, ha cioè alti e bassi di virulenza. Guardando il rapporto RM News citato prima, si vede che nei primi mesi del 2017 c’è stato un picco di casi un po’ più elevato di quello del 2013, ma lontanissimo dai picchi epidemici di qualche decennio fa. Certo, va monitorato con attenzione, ma come si fa a parlare di epidemia?

E dal momento che gli Italiani non sono tutti degli stupidi irresponsabili, ignoranti e bisognosi di tutela come presuppone il tono autoritario e ricattatorio del Decreto Lorenzin, a queste domande si danno anche le risposte, giuste o sbagliate che siano. Certo l’atteggiamento del Ministro non aiuta.

Dal punto di vista economico, la vaccinazione obbligatoria rappresenta un costo per lo Stato (cioè per noi contribuenti) e una certezza di introiti per le case farmaceutiche. Il Piano Vaccini 2016-2018 prevede un ampliamento della copertura vaccinale per molte malattie e ne calcola il costo per le casse dello Stato:

“Il costo complessivo dei vaccini inseriti nel calendario vaccinale, secondo il prezzo corrente, a regime e con il raggiungimento dei tassi di copertura presentati più avanti viene stimato intorno a 620 milioni di euro. Tale cifra, d’accordo con i produttori, con il principio del partenariato pubblico-privato di rilevante contenuto sociale, e in piena trasparenza, potrebbe essere rivista secondo meccanismi negoziali che permettano, ad esempio, di diminuire il costo unitario del vaccino in proporzione al raggiungimento di tassi di copertura progressivamente più elevati. In tal modo, si raggiungerebbe il risultato di incentivare l’obiettivo di copertura anche con una diminuzione del costo di approvvigionamento del vaccino” (http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?approfondimento_id=6868).

Sono queste le cifre?  In questo testo si ricorda che la vaccinazione costa, ma fa risparmiare lo Stato sulle cure (questo argomento è spesso ripetuto ad ogni obiezione sui costi); dovrebbe però, per correttezza, essere anche valutato quanto costano i danni vaccinali in termini economici ed umani. Un articolo del quotidiano La Verità ha al contrario messo in luce che, dopo l’introduzione dell’obbligo vaccinale, il prezzo dei vaccini è aumentato del 62% e la spesa complessiva è aumentata moltissimo (+130 milioni di euro in un anno). Come si fa a pensare che sia un caso?

Un ministro responsabile dovrebbe chiarire ai cittadini i costi dell’operazione obbligo vaccinale, visto che la pagano loro, e spiegare perché, se è il morbillo che ha avuto un incremento di casi, si decide di obbligare per decreto i genitori a sottoporre i figli a 12 vaccini, sia pure in preparati polivalenti; inoltre, dovrebbe dare completi ragguagli sul perché proprio quelli e non altri. Certo che se le informazioni sono del genere visto prima, si comprende perché i cittadini italiani siano meno fiduciosi rispetto agli altri europei nei confronti del loro governo e delle loro autorità sanitarie.

Il sospetto che i principali beneficiari dell’obbligo vaccinale (ripeto: non dei vaccini in sé, che a certe condizioni sono utilissimi) siano proprio le ditte produttrici e chi le favorisce appare perciò giustificato, data la manipolazione propagandistica dei dati da parte delle autorità, i toni da Santa Inquisizione nei confronti dei medici che osano avanzare qualunque tipo di dubbio non sui vaccini, ma sulla pratica vaccinale indiscriminata, come Roberto Gava, le minacce in stile mafioso che ricevono alcuni scienziati recalcitranti come Stefano Montanari, che mettono in dubbio la purezza e la sicurezza dei preparati vaccinali (ma perché invece non lo querelano, se dice il falso?), l’accanimento con cui vengono negati o minimizzati i danni vaccinali – e il diniego non è certo sintomo di atteggiamento scientifico.


In chi ha qualche anno in più è ancora vivo il ricordo della tangente pagata dalla GlaxoSmithKline nel 1991 all’allora Ministro De Lorenzo per rendere obbligatorio il vaccino antiepatite B, che da allora è rimasto obbligatorio (la sentenza di colpevolezza della Cassazione è del 2012). Non si tratta certo di un precedente rassicurante. A ragione o a torto, i conflitti di interesse esistono e non possono essere assiomaticamente negati. Perciò appaiono così odiose le sanzioni irragionevoli stabilite per i genitori che non intendano sottomettersi all’obbligo vaccinale e che, evidentemente, i nostri decisori politici non sono in grado di convincere. Forse i politici nostrani non percepiscono fino in fondo quanto sia profondo il risentimento degli Italiani verso una classe politica così scadente, priva di credibilità e in larga misura corrotta, ma pronta a bastonarli come degli Arlecchini qualunque.

Ma al di là degli interessi economici in gioco (che sono globali, ricordiamo, e riguardano 4 miliardi di persone in 5 anni), e perfino ipotizzando con la massima benevolenza che l’intenzione del Ministro sia pura ed abbia a cuore esclusivamente la salute dei bambini, la verità politica di questo decreto è che probabilmente sarà un boomerang per il governo e otterrà l’effetto contrario a quello voluto. Molti genitori, allarmati, si stanno già organizzando per resistere e praticare la disobbedienza civile. Il contenzioso giudiziario aumenterà a dismisura, a cominciare dallo strumento stesso del decreto-legge per una misura così ampia e ingiustificata. L’esperienza delle grandi democrazie europee ha già dimostrato che la persuasione è più efficace della coercizione in questo ambito. Non è con il dogmatismo intollerante della propaganda vaccinale senza se e senza ma che si otterrà di fare bella figura con i partner statunitensi e di mettere a tacere ogni dissenso. La realtà sociale è assai più complessa di come se la rappresenta la nostra ministra, nemmeno laureata, ma molto attaccata alle sue certezze, ed esploderà molto presto. Purtroppo, in mezzo ci andranno proprio i bambini, oltre alla fiducia dei cittadini nelle istituzioni, sia politiche sia sanitarie. Speriamo, a questo punto, anche il decreto con la sua imperiosa arroganza.

[continua]

L’obbligo vaccinale, ovvero: chi decide della salute dei bambini? [Parte 1]

Sulla questione dell’obbligo vaccinale appena imposto per decreto a tutti i bambini italiani per ben 12 diverse malattie si sta consumando una battaglia emotiva e poco trasparente. Come in tutte le questioni controverse, sulle quali non si esercitano liberamente le ragioni della scienza e la saggezza della riflessione ponderata, per via degli enormi interessi economici e delle pressioni ideologiche, la tendenza del conflitto è verso la polarizzazione delle posizioni e verso la contrapposizione radicale vaccinisti/antivaccinisti, che in nessun modo consente di sviscerare la complessità del problema.

I piani sui quali l’obbligo vaccinale – e non l’utilità o meno delle vaccinazioni, sia chiaro – può e deve essere considerato sono molteplici: uno filosofico-giuridico, uno politico-economico, uno storico-sociologico, uno medico-scientifico. Considerarne uno a scapito degli altri tre rende impossibile comprendere che cosa è in gioco veramente in questo scontro.

Cominciamo dal primo, che è anche a mio parere il più rilevante. Considerato dal punto di vista filosofico-giuridico, e più precisamente etico-giuridico, l’obbligo vaccinale ci pone di fronte ad una questione di vitale importanza per tutti noi: può lo Stato imporre ai cittadini un intervento sanitario universalmente obbligatorio contro la loro volontà? Può violare il principio dell’inviolabilità del corpo? E può fare questo sui bambini, per definizione soggetti deboli, sostituendosi alla volontà dei naturali tutori dei loro interessi, i genitori? E può irrogare una sanzione grave come la discriminazione dei bambini rispetto all’accesso di servizi essenziali quali l’asilo nido o la scuola per l’infanzia o la penalizzazione economica non progressiva ai genitori o addirittura la revoca della patria potestà?

È ovvio che il “può” va inteso nel senso di “ha il diritto”. Nel comune sentire, lo Stato ha il diritto di costringere quando è in gioco un bene maggiore, in questo caso la salute pubblica, in altri casi la sicurezza o l’interesse generale. Ma in uno Stato di diritto e soprattutto in uno Stato democratico il potere dello Stato è soggetto a pesanti limitazioni. Se così non fosse, il naturale squilibrio di forze fra Stato e cittadini trasformerebbe questi ultimi in sudditi senza diritti. In uno Stato democratico, la sovranità è dei cittadini, che la esercitano sulla base della Costituzione, la quale a sua volta è frutto di un patto, di un contratto bilaterale fra i cittadini e lo Stato. Lo Stato è al servizio dei cittadini, non viceversa; di per sé, lo Stato non è altro che l’espressione della comune appartenenza dei cittadini ad un unico corpo sociale.

Come in ogni faccenda complessa, è in gioco un bilanciamento di diritti e di doveri. I bambini hanno diritto all’integrità del loro corpo, alla salute, alle cure amorevoli e adeguate dei genitori, alla tutela da parte dello Stato. I genitori hanno il diritto di scegliere ciò che, in base alla loro visione del mondo, ritengono meglio per tutelare e proteggere i loro bambini. Hanno anche il dovere di prendersi cura adeguatamente dei figli. Solo nel caso in cui non siano in grado per incapacità manifesta o per abuso e trascuratezza grave, lo Stato ha il diritto e il dovere di intervenire nella prospettiva dell’interesse superiore del minore: non del minore in astratto, ma del bambino specifico, con nome e cognome e con una sua storia personale. Lo Stato ha il dovere di tutelare ogni singolo bambino di per sé, come titolare di diritti non comprimibili. Tali diritti sono codificati nei trattati internazionali e nei documenti di bioetica e rappresentano una conquista di civiltà irrinunciabile.

Nella Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia (CRC) sono indicati quattro principi generali, trasversali a tutti i principi espressi dalla CRC ed in grado di fornire un orientamento ai governi per la sua attuazione:

  • non discriminazione (art. 2), tutti i diritti sanciti dalla CRC si applicano a tutti i minori senza alcuna distinzione;
  • superiore interesse del minore (art. 3), in tutte le decisioni il superiore interesse del minore deve avere una considerazione preminente;
  • diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo (art. 6), non solo il diritto alla vita ma garantire anche la sopravvivenza e lo sviluppo;
  • partecipazione e rispetto per l’opinione del minore (art. 12), per determinare in che cosa consiste il superiore interesse del minore, il suo diritto di essere ascoltato e che la sua opinione sia presa in considerazione.

All’Art. 3, la CRC afferma: “Gli Stati, le istituzioni pubbliche e private, i genitori o le persone che ne hanno la responsabilità, in tutte le decisioni che riguardano i bambini devono sempre scegliere quello che è meglio per tutelare il loro benessere”. Si tratta quindi di determinare in che cosa consista il benessere del bambino.

Il Codice di Norimberga, redatto nel 1946 dopo i processi ai medici nazisti colpevoli di aver condotto esperimenti atroci su esseri umani, cercò di stabilire il confine (assai labile, come si accorsero i giudici) fra gli interventi leciti e quelli illeciti in ambito medico, soprattutto in ambito sperimentale. E la prima regola che venne individuata dai medici statunitensi incaricati della stesura fu la seguente:

«la persona coinvolta dovrebbe avere la capacità legale di dare il consenso, e dovrebbe quindi esercitare un libero potere di scelta, senza l’intervento di qualsiasi elemento di forzatura, frode, inganno, costrizione, esagerazione o altra ulteriore forma di obbligo o coercizione; dovrebbe avere, inoltre, sufficiente conoscenza e comprensione dell’argomento in questione tale da metterlo in condizione di prendere una decisione consapevole e saggia».

La World Medical Association ribadiva inoltre, nella Dichiarazione di Helsinki del 1964, il concetto che solo il consenso esplicito poteva giustificare moralmente la ricerca sui soggetti umani e che “nella ricerca medica gli interessi della scienza e quelli della società non devono mai prevalere sul benessere del soggetto“. Da queste riflessioni sono nati il consenso informato e la riflessione bioetica. Pur con differenze culturali e filosofiche, la bioetica – in particolare quella anglosassone – tende a considerare fra i principi irrinunciabili in ambito medico l’autonomia del paziente (ovvero la libertà di scelta), la beneficità (ovvero l’effettivo beneficio) e la non maleficità dell’intervento (il principio ippocratico primum non nocēre), la giustizia rispetto l’accesso alle cure.

Dai documenti di etica medica deriva un primo punto fermo: un intervento medico si giustifica solo nell’interesse esclusivo di chi lo riceve, solo con il suo consenso espresso, solo se non fa un danno superiore ai benefici che apporta, solo se arreca un beneficio al soggetto. Non si giustifica con un interesse superiore della ricerca scientifica e della società. La CRC pone inoltre come criteri irrinunciabili di ogni intervento la non discriminazione e la tutela del benessere del minore.

Il bambino ha diritto alla difesa della sua salute, che è il bene primario per ciascuno. Ma chi stabilisce in che modo tutelare la salute? L’unica risposta possibile è: i genitori. Sono loro legalmente ad esprimere il consenso alle cure mediche per il proprio figlio. Se non lo possono esprimere, viene meno il principio stesso del consenso informato e siamo di fronte all’arbitrio dello Stato. Uno Stato che si sostituisce ai genitori nello stabilire qual è il modo giusto di proteggere la salute del minore o di curarlo, nel caso che sia malato, sta trattando il genitore o come un incapace o come un criminale. Il compito dello Stato è di informare, educare, sostenere, affiancare un genitore per consentirgli di esercitare appieno la sua libertà educativa e di cura nei confronti del figlio, ma se lo Stato decide per lui, in assenza delle circostanze di necessità, urgenza e di grave manchevolezza di cui abbiamo parlato, allora non siamo più in democrazia. Forse a molti sfugge la gravità di questa imposizione: è un esproprio autoritario della libertà e della sovranità del cittadino nel decidere su una questione fondamentale quale la salute e il benessere dei propri figli. È lo Stato che decide in modo arbitrario che cosa è bene per tutti i bambini, indipendentemente dalle qualità genitoriali dei loro tutori.

Inoltre, se il bambino è sano e l’intervento medico non migliora il suo stato di salute, lo Stato non lo può imporre. Non spetta allo Stato sottoporre a trattamento sanitario obbligatorio un bambino sano. E nemmeno può violare il corpo del bambino, che è assolutamente indisponibile per lo Stato. L’articolo 32 della Costituzione è chiaro: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Che si tratti di un intervento medico e, nel caso estremo, di una violazione dell’integrità della persona è fuori discussione: un vaccino è un farmaco, e come tale ha effetti desiderabili ed effetti collaterali. Per somministrarlo occorre intervenire su un corpo senza il consenso di chi ne ha la titolarità (se il genitore non lo esprime), mediante la sospensione della potestà genitoriale. Data la delicatezza della materia, l’orientamento giuridico prevalente finora è stato infatti favorevole all’obbligatorietà, ma non alla coercibilità della vaccinazione.

Somministrare in modo indiscriminato grandi quantità di farmaci a soggetti sani, senza alcuna conoscenza preventiva dello stato di salute, di un’eventuale immunità preesistente, o di controindicazioni alla somministrazione non risponde né a criteri etici né a criteri scientifici. E non ha a che fare con l’utilità o meno dei vaccini. Un farmaco non è utile a prescindere da chi lo assume. Per fare un esempio, anche se gli antibiotici sono una benedizione per l’umanità, questa non è certo una ragione per somministrarli a tutti, anche a soggetti sani.

La Corte Costituzionale si è espressa più volte in merito all’obbligatorietà delle vaccinazioni, individuando in esse un vantaggio sia per il minore sia per la collettività: con la sentenza 23 giugno 1994 n. 258 ha chiarito che le leggi che impongono l’obbligo vaccinale non contrastano con l’art. 32 Cost., purché “il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; vi sia la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili; sia prevista, nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio − ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica − comunque la corresponsione di un equo indennizzo in favore del danneggiato“. Nella stessa pronuncia, la suprema Corte ha aggiunto un’importante invito al legislatore “affinché, ferma la obbligatorietà generalizzata delle vaccinazioni ritenute necessarie alla luce delle conoscenze mediche, siano individuati e siano prescritti in termini normativi, specifici e puntuali, ma sempre entro limiti di compatibilità con le sottolineate esigenze di generalizzata vaccinazione, gli accertamenti preventivi idonei a prevedere ed a prevenire i possibili rischi di complicanze“.

Secondo la Corte, quindi, l’obbligo si giustifica a determinate condizioni, che sono appunto quelle che dovrebbero essere accertate. È evidente, infatti, che i danni vaccinali esistono e possono essere anche gravi, come testimoniano le numerose sentenze che impongono il risarcimento dello Stato ai bambini danneggiati in modo permanente dalle vaccinazioni. Non si può dare per scontato che esse costituiscano esclusivamente un vantaggio per il singolo e per la collettività. Un principio di cautela imporrebbe di verificare il rapporto costi-benefici caso per caso e vaccino per vaccino. Magari la vaccinazione si giustifica per alcune patologie e non per altre. Ne riparleremo più avanti.

Somministrare una grande quantità di farmaci per tutelare altri soggetti più vulnerabili è una violazione della Dichiarazione di Helsinki: nessuno può essere costretto ad un intervento medico potenzialmente dannoso per arrecare beneficio a qualcun altro. Tale principio è ribadito dalla Convenzione di Oviedo, recepita in Italia con legge n.145/2001: Articolo 2 – Primato dell’essere umano. L’interesse e il bene dell’essere umano debbono prevalere sul solo interesse della società o della scienza”.

Discriminare un bambino sano rispetto all’accesso ai servizi educativi sarebbe una violazione della Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Tra l’altro, sarebbe una discriminazione davvero paradossale e ingiustificata. A chi fa danno un bambino sano? Più che una misura preventiva, suona come un vero e proprio ricatto ai genitori. Obbligare a vaccinarsi in assenza di pericolo diretto dei soggetti interessati e in assenza di una grave epidemia in atto è una violazione del principio di non maleficità: poiché va bilanciato di caso in caso il rapporto costi-benefici di un vaccino, se non c’è beneficio diretto, ma è presente un danno anche solo potenziale, non si giustifica l’intervento, e comunque non può essere obbligatorio. Devono essere i genitori a prendersi la responsabilità di decidere, soppesando rischi e benefici.

Disporre un trattamento sanitario obbligatorio che non rechi un beneficio diretto al soggetto che vi è sottoposto (principio di beneficità) viola il principio di necessità e di urgenza e viola la Convenzione di Oviedo, che nel sommario iniziale recita testualmente: “La Convenzione consacra il principio che la persona interessata deve dare il suo consenso prima di ogni intervento, salvo le situazioni di urgenza, e che egli può in ogni momento ritirare il suo consenso. Un intervento su persone incapaci di dare il proprio consenso, per esempio su un minore o su una persona sofferente di turbe mentali, non deve essere eseguito, salvo che non produca un reale e sicuro vantaggio per la sua salute”.

Un farmaco si somministra a chi ne ha bisogno, secondo una valutazione in scienza e coscienza, non indiscriminatamente a tutti, perché così è evidente che, statisticamente, qualcuno ne riporterà dei danni anche gravi, e questo è sempre e comunque eticamente inaccettabile. Ogni bambino ha diritto soggettivamente alla sua integrità, alla sua salute, al suo benessere. Non è nemmeno togliendogli la patria potestà dei genitori o il reddito familiare che si favorisce il suo benessere. La sospensione della potestà genitoriale, che sembra introdurre un principio di coercibilità nell’obbligo vaccinale, è stata considerata illegittima da alcune sentenze, fra le quali il Decreto Corte di Appello di Ancona, Sezione minori, N. 1994 del 27.11.98

Riassumendo, possiamo concludere che

ammesso che i vaccini siano utili a prevenire il diffondersi di malattie contagiose ed epidemiche (cosa che deve essere adeguatamente dimostrata);

ammesso che siano sicuri, come sostengono molti medici (anche se non tutti) e le case farmaceutiche;

ammesso che sia dimostrata l’esistenza dell’effetto-gregge non solo per l’immunità naturale, ma anche per quella vaccinale;

ammesso che lo Stato possa, in particolari circostanze, disporre un trattamento sanitario obbligatorio, come previsto dall’art. 32 della Costituzione

tuttavia, dal punto di vista etico tale intervento obbligatorio si giustifica solo a condizione che

– ci sia un grave e immediato pericolo per la vita e la salute del minore (principio di gravità e urgenza),

– sia in corso un’epidemia che minaccia la salute pubblica (principio di emergenza),

– sia impossibile impedire in altro modo il contagio (principio di necessità),

– non sia violata l’integrità psicofisica della persona, che costituisce il limite invalicabile di ogni obbligo (principio di inviolabilità del corpo),

– sia un intervento compatibile con lo stato psico-fisico del minore (principio di personalizzazione),

– sia dimostrata l’incapacità genitoriale di esprimere un valido consenso, posto che il genitore è l’unico soggetto titolare del diritto di esprimerlo per conto del minore (principio di autodeterminazione).

In ogni caso, lo Stato deve garantire:

un dibattito scientifico aperto e sereno su vantaggi e danni da vaccinazione, nell’interesse dei cittadini e della scienza;

un costante e scrupoloso monitoraggio sugli effetti avversi delle vaccinazioni;

un’informazione corretta, trasparente e imparziale;

l’imparzialità rispetto ai portatori di interessi economici che possono trarre vantaggio da una decisione politica a danno anche solo potenziale della salute pubblica;

la piena assunzione di responsabilità rispetto ai danni che ne possono derivare alla salute del minore;

l’assoluta non discriminazione del minore o punibilità del genitore che rifiuti l’intervento. Un genitore scrupoloso, che soppesa con cautela la decisione di far vaccinare o meno il figlio, è soltanto un genitore responsabile.

Quella dell’autodeterminazione e del consenso informato è comunque la strada seguita dai 15 Paesi UE su 27 che non prevedono nessun obbligo vaccinale; esso resiste soprattutto nei Paesi dell’Est europeo: segno, probabilmente, nei Paesi privi di obbligo, di un rapporto governanti-governati più maturo, basato sulla fiducia, sul rispetto e sulla considerazione per la libertà dei cittadini – in ultima analisi, più democratico.

 [continua]