La banalità del male e l’etica della disobbedienza

Raccontando da inviata del New Yorker il processo ad Eichmann, celebrato a Gerusalemme nel 1961, Hannah Arendt scriveva che “il guaio del caso Eichmann era che di uomini come lui ce n’erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali… questa normalità è più spaventosa di tutte le atrocità messe insieme, perché implica che questo nuovo tipo di criminale, realmente hostis generis humani, commette i suoi crimini in circostanze che quasi gli impediscono di accorgersi o di sentire che agisce male” (La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli, p. 282).

Ci sono circostanze nelle quali individui apparentemente normali perdono il senso della responsabilità dei propri atti e diventano criminali senza accorgersene o addirittura pensando di essere nel giusto. Non è capitato solo con il nazismo: la cecità collettiva si produce sempre nei sistemi totalitari, che traggono forza proprio dalla distorsione della percezione e dallo stravolgimento dei principi etici universali, in un clima di paura o di esaltazione, di conformismo e di obbedienza acritica all’autorità (politica, scientifica, religiosa).

D’altra parte, nei sistemi totalitari c’è sempre un’élite che domina su una massa disorientata, ipnotizzata e seviziata e ci sono sempre minoranze consapevoli che non cedono al delirio collettivo. Per neutralizzarle, il gruppo dominante, grazie al controllo dei mezzi di comunicazione di massa, dopo aver cercato di silenziarle con la censura, la denigrazione pubblica, la persecuzione giudiziaria o l’eliminazione fisica, le addita alla rabbia popolare come nemici del popolo, nel tentativo di saldare la volontà della massa a quella del potere e soprattutto di evitare che la gente si svegli dal sonno ipnotico e si rivolti contro chi la sta realmente danneggiando. Nessuno è più vigliacco di chi è al potere e distrugge la vita degli altri; nessuno è più bravo a mentire di chi ha una paura folle della verità. Ce ne sta dando un fulgido esempio Justin Trudeau, il bamboccio dei poteri mondialisti in Canada, scappato come un coniglio davanti all’assedio pacifico dei camionisti.

Non risulta pertanto inutile ricordare a chi si sente confuso che legge e giustizia non sono la stessa cosa, che l’etica e l’obbedienza fanno a pugni fra di loro, che la responsabilità è sempre personale e non ci si può fare scudo di nulla quando, in nome di una legge ingiusta e criminale, si danneggia un innocente. Dire poi che si sono eseguiti degli ordini è solo una patetica giustificazione. Agli ordini ingiusti si disobbedisce senza se e senza ma, qualunque sia l’autorità che li emetta. E alla coscienza non ci si può nascondere.

Quando si agisce, occorre essere etici, ovvero prendersi la responsabilità di agire senza danneggiare né se stessi né gli altri. Se si agisce in modo non etico, si fa del male soprattutto a se stessi, perché ci si degrada, e si genera un ritorno dannoso, che nella tradizione indù viene chiamato karma. Chi obbedisce, chi dà il consenso o non si oppone ad ordini criminali, al linciaggio dei dissidenti, alla discriminazione di parenti, amici, colleghi, conoscenti si prende su di sé la responsabilità etica degli atti dei persecutori e distrugge la sua parte spirituale. Non esistono circostanze in cui questi comportamenti siano ammissibili. “Diábolos” significa “colui che divide”. Dove c’è divisione, sguazzano i demoni.

Chi resta indifferente di fronte alla disperazione di persone private ingiustamente del lavoro perché sane e libere; chi chiude gli occhi di fronte al dolore e alla devastazione fisica, psichica e spirituale di bambini e ragazzi ad opera di misure sanitarie demenziali, di fronte alla segregazione e alla discriminazione di milioni di cittadini onesti che hanno pagato per i servizi loro negati, di fronte al fallimento economico di decine di migliaia di piccoli imprenditori, che sono l’ossatura economica di questo Paese, si rende complice di questo disastro e ne è moralmente responsabile tanto quanto il branco di guitti inverecondi e ridicoli travestiti da politici che stanno conducendo l’Italia nel baratro, sentendosi protetti dai bulli della mafia mondialista da cui sono pilotati.

Chi, da genitore, sacrifica i propri figli al Moloch sanitario per arrendevolezza e per sottrarsi alla responsabilità di fare da scudo alla loro integrità con un atto di disobbedienza civile; chi, da insegnante o dirigente, si rende complice del continuo abuso psicologico a loro danno, della discriminazione dei non vaccinati e di una coercizione violenta e crudele su tutti, è complice della tortura e si prende per intero la responsabilità delle conseguenze, aggravata dal fatto che dovrebbero essere i loro custodi. Le informazioni scientifiche e le notizie giornalistiche sui morti e sui danni da inoculazione fra bambini e ragazzi sono ormai abbondanti e spaventose e chiunque abbia contribuito a questo orrore con le azioni o con le omissioni ne è moralmente responsabile. Stiamo parlando di crimini gravissimi contro l’umanità. Non vorrei essere nei panni di chi ha ricattato le famiglie e seminato la discordia al loro interno quando l’evidenza delle conseguenze sarà innegabile.

Chi si è venduto al sistema per denaro, per opportunismo, per viltà o per cattiveria; chi si sente dalla parte dei giusti perché ha in mano il marchio verde della schiavitù e dell’obbedienza e guarda con disprezzo chi ne è privo; chi ha diffuso per due anni informazioni false e a senso unico alla TV e sui giornali; chi ha preferito un comodo silenzio – magistrati, uomini di spettacolo, intellettuali, scienziati, medici – ad una scomoda presa di posizione in favore della libertà e dei diritti è complice e moralmente responsabile della distruzione economica, sociale, morale e culturale del Paese. Si portano per intero sulla coscienza il dolore, la morte, la povertà di milioni di persone.

Come ha spiegato Vera Sharav, ebrea sopravvissuta all’Olocausto, ci sono molti parallelismi fra questa situazione e il nazismo. La storia non si ripete mai identica, ma si ripetono gli schemi di fondo e i meccanismi psicologici di base. In un video lucidissimo e tutto da ascoltare, Vera Sharav afferma: «L’Olocausto non sarebbe accaduto se le persone avessero alzato la loro voce e avessero rifiutato ciò che stava accadendo. Non è stata solo la presa di potere militare; è stata l’apatia della gente la causa dell’Olocausto». Le élites psicopatiche esistono da sempre, ma senza l’accordo delle masse ipnotizzate e addomesticate non possono realizzare i loro obiettivi. Perciò è sempre la banalità del male all’origine delle grandi tragedie dell’umanità.

Primo Levi ci ha ricordato che lo sterminio fu solo l’ultimo atto di un processo di persecuzione iniziato con la contrapposizione fra “noi” e “loro”, con i discorsi di odio e di intolleranza, con la discriminazione. Proprio come sta avvenendo oggi, sulla base di false accuse e di una sadica volontà di punire chi dissente. Ma una volta che i dissenzienti sono spariti, sparisce anche la libertà di dissentire e resta solo la schiavitù incondizionata. Scriveva Primo Levi: «Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”».

Perciò non possiamo essere indifferenti. Al male, alla divisione, alla distruzione si deve opporre un fermo NO. Questo fa la Coscienza e non può fare nient’altro. La coscienza è ribelle all’ingiustizia e disobbedisce quando la si vuole rendere complice di atti criminali. Non può accettare l’esclusione arbitraria e perfida dei giovani dalle biblioteche, dall’università, dallo sport, dalla vita sociale. Non può tollerare la morte in solitudine di persone ricoverate in ospedale. Non può fingere di non vedere le tante persone che si sono “fidate della scienza” ed hanno pagato con la vita o con danni irreversibili da nessuna correlazione questa fiducia malriposta, pagandone pure le spese nel silenzio generale, quando non nell’irrisione sguaiata. Non può ignorare il dramma di tanti lavoratori capaci – insegnanti, medici, operatori sanitari e molti altri – condannati a morte per fame da farabutti che li hanno privati dei mezzi di sostentamento. Non può non allarmarsi quando vede studenti pacifici manganellati dalla polizia. Non può cedere ai ricatti, alle intimidazioni, alla diffamazione sistematica, al bullismo delle istituzioni asservite agli interessi di pochi e dei miserabili servi del regime che a Sanremo fanno satira sulle migliaia di danneggiati dai sieri inutili anziché sul potere che li inganna e poi li abbandona a se stessi. Non può piegarsi alla follia di norme senza senso, alle menzogne seriali del marketing farmaceutico, alla perversione di personaggi corrotti e senza scrupoli. Non può considerare normale il controllo asfissiante, l’abuso, la manipolazione sistematica, la prevalenza dell’arbitrio e della forza bruta sul diritto. Non può rinunciare all’empatia, all’amore, alla compassione, alla tolleranza, alla libertà, alla verità, alla bellezza.

Mentre noi ci occupiamo di idiozie senza importanza e delle nostre vite sconvolte e private del futuro, ci stanno rapinando tutto ciò che abbiamo di più prezioso, compresa la salute che ci illudiamo di difendere obbedendo ai loro ordini insensati e distruttivi. Svegliamoci! Stanno uccidendo l’Italia e gli Italiani. Ciascuno dal suo posto faccia la propria parte e agisca con giustizia. Non ci sono scuse, non ci potrà nascondere dietro un dito quando tutto sarà finito. Nessuna eccezione è giustificata. Parafrasando quanto scrivevano i ragazzi palermitani del movimento Addiopizzo, un intero popolo che cede al ricatto è un popolo senza dignità.

Articolo pubblicato su “Sovranità popolare”, n° 1, anno IV.

Quando le parole sono muri. Esclusione morale e apartheid nella società postdemocratica

In 1984, George Orwell, membro della Fabian Society come Aldous Huxley, autore dell’altro celebre romanzo distopico, Brave New World, ci ha descritto il potere immenso della parola di definire la realtà, di tracciare i confini del pensabile e del dicibile, di programmare la mente dell’uomo-massa. Lo faceva a ragion veduta, data la sua conoscenza dei progetti dei Fabiani di una dittatura collettivista mondiale da realizzarsi subdolamente e sotto le mentite spoglie della democrazia, utilizzando la tattica graduale di cui era stato maestro Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore, che grazie alla sua astuta pazienza era così riuscito a sconfiggere Annibale.

In entrambi i romanzi, la società che viene delineata è una società di caste, nella quale un’esigua minoranza di potentissimi padroni, detentori di tutte le ricchezze e soprattutto della conoscenza, dominano spietatamente una massa informe di schiavi inconsapevoli, ignoranti ed eterodiretti, controllati mediante il sesso e il piacere narcotico di una droga artificiale per Huxley, mediante il condizionamento mentale e lo spionaggio poliziesco per Orwell. Ma in realtà il condizionamento e il controllo sono alla base di entrambe le società.

Che la nostra democrazia, mai del tutto compiuta, abbia subito un processo involutivo che l’ha portata a diventare un guscio vuoto, è cosa già detta e risaputa: fra le tante tappe della distruzione sistematica dei diritti e della sovranità popolare, basti pensare al Piano di Rinascita democratica di Licio Gelli, che il Venerabile della P2 si dichiarava soddisfatto di vedere realizzato in Italia in un talk show su Odeon TV dell’ottobre 2008 (si può trovare una sintesi su Il Sole 24 ore del 31 ottobre 2008) e al processo di progressivo esproprio di ogni residuo di partecipazione dei cittadini o di trasparenza delle scelte politiche. Ormai nemmeno il voto conta più, vista la successione di governi imposti dall’alto e pilotati dall’estero, e perfino la libertà personale, di espressione e di manifestazione non vale più nulla, dopo le misure liberticide quanto inutili degli arresti domiciliari di massa, dopo le pesanti limitazioni alle ormai continue e sempre più vaste manifestazioni di piazza contro il marchio verde e dopo la censura sempre più soffocante che taglia fuori ogni voce critica dai social media e dai media ufficiali, RAI compresa, fino allo sproloquio autoritario di Mario Monti, che arriva a dire a La7 “comunicazione di guerra significa che ci deve essere un dosaggio dell’informazione. Bisogna trovare delle modalità meno democratiche. Abbiamo accettato limitazioni molto forti alla nostra libertà di movimento. Il governo istruito dalle autorità sanitarie dovrebbe tenere le redini di questo modello di comunicazione” (“In Onda”, 26/11/2021). Sembra ormai sdoganata la torsione totalitaria del potere esecutivo, nel silenzio imbarazzante e colpevole della Magistratura e nell’inerzia dei parlamentari e della Presidenza della Repubblica. Mentre siamo distratti da inutili conflitti fra buoni e cattivi cittadini, si sta realizzando sotto i nostri occhi una società distopica.

La narrazione pandemica che ci ha condotti a questo punto ha fatto un uso orwelliano del linguaggio ed ha potuto esercitare la sua influenza condizionante su una popolazione già addomesticata da decenni di bugie mediatiche. La tecnica con cui si modella la percezione della realtà attraverso il linguaggio si chiama framing. Se chiamo “patto di stabilità” lo strangolamento della spesa per i servizi ai cittadini, come scuola, sanità e tutele, certo la cosa sembra meno immorale. Se chiamo “euroscettico” chiunque osservi con preoccupazione che l’Unione europea è un’istituzione ben poco democratica, in mano a gruppi di potere non eletti dai cittadini, lo addito subito moralisticamente come un egoista che non ha a cuore il bene comune e il sentimento comunitario degli Europei. Se chiamo “responsabilità” l’obbedienza cieca alle irrazionali e sproporzionate misure coercitive adottate dal Governo per fronteggiare senza grande successo e non senza gravi errori un virus (non certo una novità per la specie umana), chi non obbedisce perché le trova appunto irragionevoli e sproporzionate passa subito per un irresponsabile ed un nemico della salute pubblica. Se chiamo con disprezzo “no-vax” chiunque osi avanzare dubbi su qualunque aspetto della campagna vaccinale, perfino chi ha chiesto aiuto in ospedale per gli strani e spesso gravi effetti avversi dell’inoculazione, immediatamente suggerisco l’idea di una irragionevole e ottusa opposizione di principio ad una misura doverosa e “scientifica”. Se chiamo “scienza” le affermazioni apodittiche dei produttori di farmaci e dei loro testimonial televisivi in camice bianco e me ne arrogo l’esclusiva, suggerisco ad un pubblico poco istruito l’idea grottesca che la scienza medica sia una sequenza di verità apodittiche, a cui credere come articoli di fede di una vera e propria religione sanitaria, mentre la realtà è che la scienza è dubbio, critica, prove, confutazioni e confronto di posizioni e soprattutto un sapere radicalmente opposto rispetto ad ogni principio di autorità. In questo modo, capovolgo la verità dei fatti e posso attribuire a chi dispone ancora di un pensiero critico, cioè di una visione scientifica della questione, perfino se premio Nobel o ricercatore di chiara fama, la patente di somaro, sorcio, no-vax, complottista, ignorante, parassita, evasore vaccinale e chi più ne ha più ne metta. Ma questo è possibile solo perché i media si sono resi complici di questa miserabile guerra all’intelligenza e alla libertà. La neolingua ha bisogno di ripetitori per entrare nelle teste e plasmare la visione del mondo.

La quantità quotidiana di menzogne, di affermazioni contraddittorie e assurde, di attacchi vergognosi alle persone, vomitati a reti unificate ha ormai ampiamente superato il livello di guardia. Per rendersi conto della continua manipolazione, basta osservare come la parola sia usata per denigrare, per svalutare, per screditare, per dividere, per costruire recinti della mente, anziché ponti fra le persone. La democrazia si nutre di dialogo e di tolleranza, il totalitarismo di ostilità e di esclusione morale. Siamo ormai in un sistema post-democratico e il linguaggio dei media è sempre più quello dei regimi totalitari.

In psicologia, si chiama “esclusione morale” il fenomeno per il quale un gruppo di persone, percepito come distinto dal proprio gruppo, viene fatto oggetto di discriminazione, fino alla violenza, perché i suoi membri vengono considerati indegni di considerazione e di rispetto, come se non si applicassero a loro le norme morali comunemente seguite. Il processo è graduale, e comincia con il semplice etichettamento di un altro gruppo (“no-vax”, per esempio). Se poi la discriminazione è sostenuta dall’autorità e per di più in un clima di paura e di esercizio arbitrario della legge, come quello attuale, che manda la razionalità in soffitta e crea caos normativo, il potenziale per la violenza diffusa è alto. Lo psicologo comportamentista Albert Bandura indicava come risultato del “disimpegno morale”, ovvero della deresponsabilizzazione del singolo rispetto alle conseguenze dannose dei suoi atti, la deumanizzazione della vittima e l’attribuzione di colpa: la vittima cessa di meritare il rispetto dovuto ai propri simili e appare meritevole del danno che le si infligge. La vittima della violenza e della discriminazione deve apparire colpevole perché il carnefice possa liberarsi dal senso di colpa. È sulla base di un meccanismo psicologico di questo tipo che nei regimi totalitari le persone possono compiere atrocità restando convinte di essere nel giusto.

Ogni potere assoluto ha bisogno di creare consenso mediante un’ideologia totale, che pretenda di spiegare ogni aspetto della realtà. E quale ideologia può essere più potente di una fede cieca ammantata di (falsa) scienza, che un’autorità dalle (illusorie) connotazioni paterne diffonde senza opposizione su una massa spaventata? Seminare zizzania e divisione nel popolo, mentre lo si conduce al macello, è il più classico metodo di governo. Per questo la figura del nemico del popolo è necessaria: serve un (falso) bersaglio per l’aggressività del gregge. Il fango mediatico innesca contro i dissidenti i due minuti d’odio indispensabili a neutralizzare ogni velleità di opposizione al nemico vero.

In questo modo si giustifica agli occhi delle masse ipnotizzate il vero e proprio regime di apartheid dei non vaccinati, bambini e ragazzi compresi, che entrerà in vigore a dicembre. La segregazione sembrava un ricordo del passato e invece è sotto i nostri occhi. Distruggerà quello che resta dell’economia italiana e di una società un tempo ben più sana. Distruggerà il cuore e l’anima di chi la accetterà come giusta o inevitabile, perché crede di preservare così la (falsa) libertà di far parte di un sistema completamente marcio e di dire di sì ad ogni ricatto successivo. Ma c’è un’altra libertà, quella vera. La libertà di dire di no. No alla discriminazione, alla sottomissione, alla rinuncia alla propria dignità e ai propri diritti. A ciascuno la sua scelta. Anche a chi ha ordito questo orrore. Il momento della verità arriva per tutti. Historia docet.